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Chi perde un lavoro a tempo indeterminato a causa delle lesioni riportate in un incidente stradale ha diritto ad essere risarcito in misura integrale del danno patrimoniale da lucro cessante, inteso come perdita dei redditi futuri, tenendo cioè conto di tutte le retribuzioni (nonché di tutti i relativi accessori e probabili incrementi, anche pensionistici) che egli avrebbe potuto ragionevolmente conseguire in virtù di quello specifico rapporto di lavoro, e non in base alla sola percentuale di perdita della capacità lavorativa specifica accertata come conseguente alle lesioni permanenti riportate. E’ una sentenza di assoluto rilievo a tutela dei danneggiati quella, la n. 19355/23, depositata il 7 luglio 2023 dalla Cassazione.

Lavoratore viene licenziato per l’invalidità causata da un incidente stradale e resta disoccupato

La vicenda. La Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 2019, in accoglimento dell’appello proposto dalla società Reale Mutua Assicurazioni, e in parziale riforma della decisione di prime cure, aveva rideterminato in riduzione l’importo che il giudice di primo grado aveva condannato la compagnia a pagare a titolo di risarcimento dei pesanti danni subiti in seguito a un incidente stradale dal conducente di un autocarro di proprietà dell’azienda per la quale questi lavorava e che era per l’appunto assicurato da Reale Mutua.

Il giudice di prime cure gli riconosce l’integrale importo dei redditi perduti fino alla pensione

Secondo la corte territoriale, il primo giudice aveva erroneamente determinato il danno patrimoniale sofferto dal danneggiato in relazione alla perdita della propria capacità lavorativa specifica, avendo riconosciuto, in suo favore, a titolo di lucro cessante, l’integrale importo dei redditi mensili perduti fino alla data del prevedibile pensionamento, valorizzando la circostanza per cui l’autista dell’autocarro era stato licenziato proprio a causa del sinistro stradale, senza successivamente riuscire a reperire nessuna altra occupazione, nonostante le ricerche effettuate.

Per i giudici d’appello, questa modalità di liquidazione del danno da lucro cessante si sarebbe posta in totale contrasto con le risultanze della consulenza tecnica disposta nel corso del giudizio di primo grado, ad esito della quale era emerso che il danneggiato aveva subito una contrazione della propria capacità lavorativa specifica nella sola misura del 20 per cento, laddove invece la liquidazione operata dal giudice di primo grado era sostanzialmente equivalsa al riconoscimento di una perdita totale.

Inoltre, tenuto conto, sempre secondo la Corte d’Appello, che lo stato di perdurante disoccupazione del lavoratore licenziato non poteva causalmente ricondursi alle conseguenze del sinistro in questione, ma ad altre ragioni, quali la sua età avanzata e le condizioni del mercato del lavoro, i giudici territoriali avevano proceduto alla ri-determinazione dell’importo del danno patrimoniale sofferto in conseguenza della perduta capacità lavorativa specifica nella misura del 20 per cento, parametrando a tale dato percentuale la base costituita dall’entità dei redditi percepiti fino alla data del sinistro dal danneggiato.

 

Il danneggiato era rimasto senza lavoro a causa dell’incidente l’incidente

Il quale, a questo punto, ha proposto ricorso per Cassazione dolendosi del fatto che la Corte territoriale avesse “erroneamente” ritenuto che lo stato di disoccupazione in cui si era venuto a trovare a seguito del sinistro non fosse stato determinato direttamente dal licenziamento subito, nella specie giustificato proprio a causa delle menomazioni provocate dal sinistro, arrivando così a escludere il danno patrimoniale da lucro cessante effettivamente subito in dipendenza dell’incidente stradale, e propriamente consistito nella perdita dei redditi non più percepiti dal licenziamento fino alla data del relativo prevedibile pensionamento, non essendo egli più riuscito a reperire alcuna nuova occupazione nonostante le ricerche diligentemente effettuate.

Secondo il ricorrente i giudici territoriali si sarebbero sottratti all’esame della documentazione prodotta in giudizio e della prova testimoniale acquisita, dalle quali erano puntualmente emerse le ragioni del licenziamento subito, l’entità dei redditi prodotti all’epoca del sinistro, l’impossibilità del ricollocamento all’interno dell’azienda datrice di lavoro e la puntualità delle (vane) ricerche dirette al reperimento di una nuova occupazione.

Chiaro il nesso di causalità tra sinistro e perdita del lavoro

E la Suprema gli ha dato piena ragione. Gli Ermellini osservano innanzitutto come la decisione della Corte d’appello meneghina non avesse in alcun modo escluso il ricorso di un preciso nesso di casualità tra il sinistro occorso al ricorrente e la relativa perdita del posto di lavoro, “avendo la stessa piuttosto sottolineato, quale dato incontestato, la circostanza secondo cui (omissis, ndr) avesse effettivamente perduto il posto di lavoro a seguito dell’invalidità provocata dal sinistro, ed avendo di seguito ricondotto al ricorso di “altri fattori” (come l’età e soprattutto le condizioni del mercato del lavoro) la conseguenza della perdurante condizione di disoccupazione del danneggiato, concludendo nel senso dell’impossibilità di riconoscere, nelle conseguenze del sinistro, la causa della disoccupazione, come “stato logicamente e cronologicamente posteriore alla perdità del posto”.

 

Va liquidato integralmente il danno patrimoniale da lucro cessante

Ebbene, fatte tali premesse, secondo i giudici del Palazzaccio, in contrasto con quanto sostenuto dalla Corte territoriale, al caso in questione deve trovare applicazione  il principio di diritto fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimità, e che con l’occasione la Suprema Corte riafferma con forza, secondo cui, “là dove il danneggiato dimostri di avere perduto un preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato di cui era titolare a causa delle lesioni conseguenti ad un illecito, il danno patrimoniale da lucro cessante, inteso come perdita dei redditi futuri, va liquidato tenendo conto di tutte le retribuzioni (nonché di tutti i relativi accessori e probabili incrementi, anche pensionistici) che egli avrebbe potuto ragionevolmente conseguire in base a quello specifico rapporto di lavoro, in misura integrale e non in base alla sola percentuale di perdita della capacità lavorativa specifica accertata come conseguente alle lesioni permanenti riportate, salvo che il responsabile alleghi e dimostri che egli abbia di fatto reperito una nuova occupazione retribuita, ovvero che avrebbe potuto farlo e non lo abbia fatto per sua colpa, nel qual caso il danno potrà essere liquidato esclusivamente nella differenza tra le retribuzioni perdute e quelle di fatto conseguite o conseguibili in virtù della nuova occupazione”.

La sentenza impugnata, nella misura in cui ha ritenuto, ai fini della liquidazione del danno derivato dal sinistro a carico del danneggiato, “di attribuire valenza decisiva non già al fatto in sè della perdita del preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato, di cui questi era titolare, a causa delle lesioni conseguenti all’illecito dedotto in giudizio, bensì alla sua successiva e perdurante condizione di disoccupazione – evenienza rispetto alla quale non risultano neppure specificamente dedotte eventuali dirette responsabilità del ricorrente -, deve ritenersi errata” concludono gli Ermellini.

 

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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