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Premesso che i limiti di velocità vanno sempre rispettati, per la sicurezza propria e altrui, anche i controlli da parte delle forze dell’ordine devono sottostare a determinate regole, viceversa le sanzioni possono essere impugnate e contestate.

E una di queste norme è che l’autovelox non può essere utilizzato per apporre multe su strade regionali prive di banchina. Lo ha ribadito la Cassazione, con l’ordinanza n. 1805/23 depositata il 20 gennaio 2023 con la quale ha definitivamente respinto le pretese di un Comune nei confronti di un automobilista.

 

Un automobilista ricorre contro tre verbali per eccesso di velocità e il tribunale gli dà ragione

L’uomo aveva proposto opposizione contro tre verbali di violazione delle norme del codice della strada, elevati nei suoi confronti dalla polizia locale di un Comune trevigiano per aver violato, in tre diverse occasioni, l’art. 142, commi 8 e 9, del codice della strada, essendo stato “pizzicato” a viaggiare sulla strada regionale Postumia ad una velocità superiore a quella consentita.

La strada non rispettava le caratteristiche richieste perla rilevazione con l’autovelox

Il giudice di Pace di Treviso, con sentenza del 2019, aveva rigettato il ricorso dell’automobilista ma il Tribunale cittadino, nel novembre dello stesso anno, aveva invece accolto il gravame di quest’ultimo annullando i provvedimenti sanzionatori impugnati: il giudice di seconde cure aveva ritenuto fondato l’appello nel quale si sosteneva l‘illegittimità della rilevazione dell‘infrazione, eseguita a distanza mediante apparecchiatura elettronica, in quanto il tratto stradale dove essa era avvenuta non avrebbe soddisfatto le caratteristiche tecniche previste dall’art. 2 del Codice della Strada, oltre al fatto che vi si contestava anche la mancanza di taratura periodica dello strumento utilizzato.

 

Il Comune ricorre per Cassazione sostenendo che la banchina in realtà sarebbe stata presente

A questo punto è stata l’Amministrazione a proporre ricorso per Cassazione, lamentando, tra le altre cose, un erroneo apprezzamento da parte del Tribunale delle caratteristiche del tratto di strada sul quale erano state rilevate le infrazioni in questione, con particolare riferimento alle caratteristiche “minime” prescritte

Il giudice si secondo grado aveva infatti accertato che la Regionale Postumia non presentava alcuna banchina, la cui presenza, aveva asserito, è requisito imprescindibile ai fini della qualificazione di una strada quale extraurbana secondaria. Secondo il Comune ricorrente, il Tribunale avrebbe erroneamente valutato l’esistenza della banchina nel solo tratto interessato dalla rilevazione delle infrazioni, e non invece considerando tutta la strada nel suo complesso: laddove questa valutazione fosse stata eseguita correttamente, secondo la tesi difensiva, il giudice di merito avrebbe rilevato la presenza di due banchine, una per senso di marcia, della larghezza media di 80 centimetri a destra e di un metro a sinistra

Ma la Suprema Corte rigetta le doglianze, la banchina deve avere determinate misure

La Suprema Corte ricorda e ribadisce, sul punto, che l’art. 201, comma 1 bis, del Codice della Strada, ammette la possibilità di procedere alla contestazione non immediata dell’infrazione mediante rilevatori elettronici di velocità esclusivamente su determinate tipologie di strade, tra cui quelle urbane di scorrimento, rispetto alle quali costituisce però “elemento strutturale indefettibile, ai sensi dell’art. 2, comma 3, Cds, la banchina che, quale spazio della sede stradale, esterno rispetto alla carreggiata e destinato al passaggio dei pedoni o alla sosta di emergenza, deve restare libero da ingombri e avere una larghezza tale da consentire l’assolvimento effettivo delle predette funzioni“.

Gli Ermellini osservano quindi che le dimensioni medie di metri 0,80 a destra e metri 1,00 a sinistra, come riportato nello stesso ricorso, “non sono certamente idonee a consentire la sosta di un veicolo senza invadere, almeno in parte, la carreggiata”. E confutano anche il passaggio in cui l’Amministrazione comunale intendeva considerare parte della banchina anche lo spazio più esterno del ciglio interno della cunetta fino alla scarpata erbosa che scendeva sul fossato. “La banchina – precisano i giudici del Palazzaccio – è la parte della strada, per la quale non è prevista una misura minima, che si trova oltre la linea continua destra delimitante la carreggiata ed è compresa tra il margine della carreggiata ed il più vicino dei seguenti elementi longitudinali: marciapiede, spartitraffico, arginello, ciglio interno della cunetta, ciglio superiore della scarpata nei rilevati”.

Ne deriva quindi che, contrariamente a quanto affermato dal Comune ricorrente, “non può essere considerato parte della banchina lo spazio più esterno del ciglio interno della cunetta“, ove presente, o del “ciglio superiore della scarpata nei rilevati“.

Pertanto, le dimensioni medie indicate dal Comune, che erano state invece calcolate dal margine della carreggiata sino al piano di campagna laterale alla strada, inclusa dunque l’intera area della cunetta, “si riducono ulteriormente rispetto a quanto indicato in ricorso, a conferma dell’assenza, lungo la Postumia , di una banchina avente le caratteristiche strutturali delineate dalla normativa applicabile, nell’interpretazione che della stessa è stata fornita dalla giurisprudenza di questa Corte” conclude la Cassazione, rigettando quindi definitivamente il ricorso del Comune .

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Contenzioso con Pubblica Amministrazione

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