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Fermo restando il dovere primario di rispettare sempre i limiti di velocità di parte degli utenti della strada, anche le forze di polizia devono osservare tutte le norme collegate all’utilizzo dei dispositivi elettronici di relazione, onde evitare possibili ricorsi.

Tra queste, vi è quella che impone di posizionare l’autovelox, pena l’illegittimità delle sanzioni irrogate, su strade dotate di banchina laterale che però deve essere presente su tutta la sua lunghezza. A precisare questo concetto la Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 7708/22 depositata il 9 marzo 2022, con cui ha definitivamente annullato una multa elevata a un automobilista.

Un automobilista contesta una sanzione per eccesso di velocità rilavato dall’autovelox

Con verbale del 2016 la Città Metropolitana di Firenze aveva contestato la violazione dell’art. 142, comma 8, del Codice della Strada per superamento del limite di velocità ad un automobilista, il quale aveva proposto opposizione dinanzi al giudice di pace di Firenze, chiedendo l’annullamento del verbale. Con sentenza del 2018, il giudice aveva respinto il ricorso, compensando le spese.

In secondo grado il Tribunale gli dà ragione perché il dispositivo era su strada senza banchina

La sentenza era stata quindi impugnata dall’automobilista e il tribunale di Firenze aveva riformato la decisione e annullato la sanzione, rilevando che gli autovelox possono essere installati sulle strade di cui all’articolo 2, comma 2, lettere C e D del CDS ovvero su singoli tratti individuati con apposito decreto del prefetto ai sensi del comma 2, mentre la strada ove era stata consumata l’infrazione non presentava i caratteri della strada extraurbana principale (tipo B), né quelle della strada extraurbana secondaria (Tipo C), mancando una banchina laterale sull’intera lunghezza. Essendo illegittimo l’utilizzo dell’autovelox, secondo il Tribunale la sanzione era stata erroneamente confermata in primo grado.

La Città Metropolitana di Firenze ricorre per Cassazione, che però le dà torto

A questo punto è stata la Città metropolitana fiorentina a ricorre per cassazione sulla base di tre motivi di ricorso. Nel primo si lamentava che la sentenza avrebbe erroneamente dichiarato che la strada in questione fosse priva di banchina per tutta la sua lunghezza, mentre le prove avrebbero fatto chiaramente emergere la presenza di banchine laterali ancorché di larghezza variabile, trattandosi quindi di strada extraurbana su cui era consentito l’utilizzo dell’autovelox.

 

La banchina deve essere presente per tutta la lunghezza della strada

Secondo la Suprema Corte, tuttavia, il motivo è inammissibile. La contestazione infatti, evidenziano gli ermellini, non si confronta con la ratio della pronuncia del tribunale, “che ha ritenuto preclusiva per la classificazione della strada tra quelle extraurbane di tipo C, non la totale assenza di banchine, ma l’assenza di banchine “per tutta la lunghezza della strada, reputando tale condizione indispensabile per ritenere ammissibile la rilevazione della velocità a mezzo autovelox”.

La ricorrente contestava inoltre il fatto che il giudice di secondo grado avrebbe posto a fondamento della sua decisione prove non dedotte dalle parti, non avendo nessuna di esse dimostrato o contestato la presenza della banchina. Anche in questo caso, tuttavia, per la Cassazione la doglianza è inammissibile, riproponendo la questione dell’esistenza della banchina laterale, “che in realtà la pronuncia non ha posto in dubbio, avendo dato invece rilievo alla mancanza di banchine per tutta la lunghezza della strada. In definitiva, il motivo non si confronta nuovamente con il contenuto della decisione e lo travisa”. E qui i giudici del Palazzaccio evidenziano anche come “le caratteristiche della strada fossero state desunte dall’esame delle foto e dalla nota Anas prodotto in appello”, e come la pronuncia impugnata fosse “fondata su elementi la cui rituale acquisizione non è neppure specificamente contestata”.

 

Il giudice può far valere anche ragioni non poste direttamente dall’appellante ma connesse

Collegato al precedente motivo anche il terzo, in cui Città metropolitana censurava la sentenza di scende cure per aver accolto un’eccezione che non era stata sollevata dall’appellante, il quale si era solo lamentato dell’impossibilità di classificare la strada come extraurbana di tipo C e non dell’inesistenza della banchina. Ma anche in questa circostanza la Cassazione rigetta la doglianza come inammissibile, in quanto l’automobilista aveva lamentato l’illegittimo posizionamento dell’autovelox “in relazione alle caratteristiche della strada, profilo quest’ultimo che, essendo indissolubilmente connesso alla classificazione della strada e alle sue caratteristiche oggettive (e alla presenza della banchina), era tema che il tribunale poteva legittimamente esaminare”.

Il principio “tantum devolutum quantum appellatum”, va a concludere la Suprema Corte, preclude al giudice di appello l’indagine sui punti della sentenza di primo grado non direttamente investiti dal gravame, ma solo “in quanto essi non siano compresi nel “thema decidendum” neanche per implicito, perché non necessariamente connessi con i temi censurati. Il giudice di appello può fondare la decisione su ragioni che, pur non specificamente fatte valere dall’appellante, appaiano, nell’ambito della censura proposta, in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi di gravame, costituendone il necessario antecedente logico e giuridico”.

Dunque appello della Città Metropolitana respinto, multa definitamente cassata e riaffermazione della norma secondo cui l’autovelox deve essere posizionato su una strada dotata di banchina per tutta la sua lunghezza, viceversa la sanzione è contestabile e annullabile.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Contenzioso con Pubblica Amministrazione

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