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Tanto più in tempi di accese polemiche “no vax” legate alla campagna vaccinale per il Covid, farà inevitabilmente discutere la sentenza, la n. 2885/22 depositata il 26 gennaio 2022, con la quale la Cassazione, ribaltando il pronunciamento del tribunale di merito, ha cancellato la sentenza di assoluzione di due genitori accusati (penalmente) di aver portato all’asilo la figlioletta non vaccinata, anche se si qui non si parla di vaccino anti-coronavirus, i fatti sono antecedenti, e se la decisone non è dovuta alla scelta di non vaccinare la piccola ma all’essersi ripetutamente rifiutati di ottemperare al divieto di frequenza imposto dal dirigente scolastico della scuola materna.

Processo a due genitori no vax per aver mandato comunque a scuola la figlia non vaccinata

Alla mamma e al papà di una bimba era stata imputata dalla Procura di Pesaro la violazione (in concorso) di cui all’art. 650 cod. pen., consistita nell’inosservanza del provvedimento di sospensione dalla frequenza scolastica emesso nei confronti della minore dal dirigente competente, per assicurare la tutela della salute pubblica e il mantenimento delle condizioni di sicurezza epidemiologica: i due imputati avevano continuato, nonostante il divieto, ad accompagnare la figlia a scuola dall’ottobre 2018 al giugno 2019. Il Pubblico Ministero aveva chiesto l’emissione del decreto penale di condanna ma il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale cittadino aveva pronunciato ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. sentenza di proscioglimento perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”.

Il Gip aveva rilevato che l’inosservanza dell’obbligo vaccinale previsto dalle leggi n. 119 del 2017 e n. 108 del 2018 con riguardo a taluni vaccini costituiva illecito amministrativo, e non illecito penale, mentre solo in caso di urgenza e in occasione di epidemie in atto (il Covid non c’era ancora) l’art. 117 D.Lgs. n. 112 del 1998 avrebbe legittimato l’emissione di provvedimenti contingibili e urgenti di esecuzione coattiva dell’obbligo vaccinale.

Il Giudice aveva altresì richiamato il principio, immanente nell’ordinamento costituzionale, dell’autodeterminazione in materia di salute, rilevando che il dirigente scolastico era tenuto, in caso di inottemperanza dei genitori all’obbligo di presentare la documentazione attestante l’assolvimento dei doveri vaccinali nei confronti dei figli, ad effettuare una segnalazione all’azienda sanitaria competente finalizzata all’instaurazione di un procedimento suscettibile di concludersi con l’irrogazione di una sanzione amministrativa e l’attivazione dei controlli sul corretto esercizio della potestà genitoriale.

Il Gip, in conclusione, aveva ritenuto che la sospensione della frequenza scolastica si atteggiasse a mero atto amministrativo che non trovava la propria fonte in una norma di legge, in assenza di epidemia o contagio in corso, con conseguente irrilevanza penale della condotta ascritta agli imputati.

A questo punto il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo con unico motivo violazione di legge, in relazione all’art. 3, comma 3, del D.L. n. 73 del 2017, convertito nella legge n. 119 del 2017, il quale stabilisce come requisito di accesso ai servizi educativi per l’infanzia e le scuole di infanzia (nei quali, è bene ricordare, non vi è l’obbligo di frequenza) la presentazione della documentazione attestante l’assolvimento degli obblighi vaccinali.

 

Violato non l’obbligo vaccinale ma il provvedimento del dirigente scolastico

Il ricorrente rilevava che proprio in forza di tale norma primaria le circolari ministeriali attuative avevano previsto la comunicazione con provvedimento formale, adeguatamente motivato, del diniego di accesso ai genitori non ottemperanti alla presentazione di tale documentazione e che il provvedimento di sospensione dalla frequenza scolastica conseguentemente emanato dal dirigente scolastico costituiva presidio dell’interesse collettivo al bene della salute pubblica, tutelato mediante l’obbligo vaccinale al fine di prevenire il rischio di epidemie e contagi, in particolare con riguardo agli alunni della classe frequentata.

Il Pm inoltre asseriva che la natura di atto amministrativo del provvedimento del dirigente scolastico di diniego di accesso non escludeva la punibilità ex art. 650 cod. pen. della relativa violazione, in quanto la condotta incriminata non era quella rappresentata dall’omessa vaccinazione del minore (sanzionata solo in via amministrativa), ma quella costituita dall’inosservanza dell’ordine legalmente dato di non accompagnare e introdurre il soggetto non vaccinato nell’istituto scolastico.

Per la Suprema Corte il ricorso è fondato. Infatti gli Ermellini convengono sul fatto che, come risultava chiaramente dalla lettura dell’imputazione in relazione alla quale il pubblico ministero aveva formulato al Gip la richiesta di decreto penale di condanna, “la condotta inottemperante a un provvedimento legalmente dato per ragioni di salute dalla pubblica autorità (nella persona del dirigente scolastico competente), contestata agli imputati come idonea a integrare il reato di cui all’art. 650 cod. pen., non è costituita dall’inadempimento degli obblighi di vaccinazione della figlia minore, sotto il profilo della mancata sottoposizione della stessa alla somministrazione dei vaccini previsti come obbligatori dalla legge, ma bensì dall’inosservanza del provvedimento di sospensione dalla frequenza scolastica emanato a seguito della mancata presentazione della documentazione attestante l’effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie”, che l’art. 3 comma 3 del D.L. n. 73 del 2017, convertito nella legge n. 119 del 2017, prescrive come requisito di accesso ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie. Un inosservanza che si era sostanziata, secondo l’accusa, nell’aver continuato ad accompagnare la figlia minore presso l’istituto scolastico, dal mese di ottobre del 2018 al mese di giugno del 2019, facendole frequentare le lezioni, nonostante il diniego di accesso in vigore.

 

La libertà si scelta in tema di salute qui non c’entra

Del tutto inconferenti alla fattispecie si rivelano perciò i richiami operati dalla sentenza impugnata, al fine di motivare il proscioglimento degli imputati, al principio di autodeterminazione in materia di salute accolto nell’ordinamento, all’inesistenza nell’ordinamento di un obbligo vaccinale penalmente sanzionato (contemplando la legislazione vigente soltanto l’irrogazione di sanzioni amministrative in caso di mancata sottoposizione alle vaccinazioni obbligatorie), all’assenza di una situazione di epidemia in atto (con riguardo alle patologie coperte da obbligo vaccinale) tale da legittimare l’adozione di un ordine urgente di esecuzione delle vaccinazioni obbligatorie” prosegue la Cassazione.

La condotta ascritta agli imputati, infatti, ribadiscono i giudici del Palazzaccio, “non riguarda il mancato assolvimento degli obblighi vaccinali nei riguardi della figlia minore, ma l’inosservanza di un dovere comportamentale completamente diverso – quello di non accompagnare e introdurre a scuola la figlia minore – discendente da un provvedimento amministrativo statuente un diniego di accesso in assenza di presentazione della documentazione vaccinale prescritta dalla legge”.

Pertanto, è con esclusivo riguardo alla natura, ai contenuti e alle ragioni di questo provvedimento dirigenziale di diniego di accesso che il Gip avrebbe dovuto verificare “l’esistenza dei requisiti di legalità di emissione e la sussistenza dell’inottemperanza al relativo contenuto precettivo, idonee a integrare il reato di cui all’art. 650 cod.pen. Sul punto, la sentenza impugnata è effettivamente incorsa nella violazione di legge denunciata dal ricorrente”.

 

Il provvedimento di sospensione dalla frequenza del dirigente scolastico era dovuto per legge

E’ infatti indubitabile, sottolinea la Suprema corte, che il provvedimento adottato dal dirigente scolastico trovasse la sua fonte legale nella norma primaria di cui al disposto dei commi 1 e 3 del citato art. 3 D.L. n. 73 del 2017, convertito nella legge n. 119 del 2017, “in quanto la previsione del dovere gravante (“sono tenuti”) sui dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e sui responsabili dei servizi educativi per l’infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie di richiedere, all’atto dell’iscrizione del minore, ai genitori esercenti la responsabilità genitoriale, la presentazione di idonea documentazione comprovante l’esecuzione delle vaccinazioni obbligatorie indicate dalla legge (ovvero le ragioni di esonero, omissione o differimento delle stesse, nei casi previsti), come requisito di accesso all’istituto scolastico, postula e legittima il conseguente esercizio del potere di escludere, con provvedimento motivato, l’ammissione del minore i cui genitori non abbiano adempiuto alla prescrizione di documentare il possesso del requisito a cui la legge subordina la frequentazione scolastica, così come precisato dalla normazione secondaria di cui alle circolari ministeriali richiamate nel ricorso del pubblico ministero, aventi natura essenzialmente esplicativa di comportamenti doverosi già ricavabili dalle citate norme di legge”.

Allo stesso modo indiscutibili, secondo gli Ermellini, sono anche la legittimità del contenuto del provvedimento del dirigente scolastico, “corrispondente a un diniego di accesso logicamente consequenziale alle evidenziate previsioni di legge e alle finalità con esse perseguite”, nonché le ragioni di tutela della salute e dell’igiene pubblica che ne hanno giustificato l’emissione, “in quanto oggettivamente funzionale agli scopi di prevenzione del rischio epidemiologico che connota tutta la disciplina vaccinale, con particolare riguardo alle comunità scolastiche.

La sentenza di assoluzione per i due genitori è stata pertanto cassata con rinvio al Gip di Pesaro, in persona di diverso magistrato, che dovrà accertare, sulla scorta degli atti trasmessi dal pubblico ministero, la sussistenza delle condotte inosservanti ascritte agli imputati, e riguardanti – ripete nuovamente la Suprema Corte – “non già la sottoposizione della figlia minore alle vaccinazioni obbligatorie, ma l’accompagnamento a scuola e la frequentazione delle lezioni in violazione del diniego di accesso”.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Contenzioso con Pubblica Amministrazione

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