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E sempre opportuno affidare il proprio veicolo a persone fidate e, se lo utilizzano i familiari, figli in primis, è bene sincerarsi dell’uso che ne fanno, perché in caso di incidente o violazione il proprietario rischia grosso e non va esente da pesanti sanzioni, compresa la confisca.

Emblematico al riguardo il caso giudicato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 14124/22 depositata il 4 maggio 2022.

Proprietaria di un’auto ricorre contro la confisca per una violazione commessa dal figlio

La proprietaria di un’auto aveva proposto ricorso contro il provvedimento della Prefettura di Milano che aveva disposto, per l’appunto, la confisca del mezzo in quanto la vettura veniva utilizzata dal figlio per l’esercizio abusivo del servizio di trasporto di piazza mediante l’applicazione Uber.

Sia il giudice di pace di Milano sia il Tribunale meneghino, con sentenza del 2017, tuttavia, avevano rigettato il ricorso condannandola altresì in solido con il figlio al pagamento 2.136,20 euro a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione dell’articolo 86 del Codice della strada. Il tribunale, in particolare, aveva ha ritenuto che la donna non avesse assolto all’onere, su di lei gravante, di essere rimasta estranea alla violazione amministrativa commessa dal figlio, secondo quanto disposto dall’articolo 213, comma sesto, Cod. strada, che recita, testuale: “La sanzione stabilita nel comma 1 non si applica se il veicolo appartiene a persone estranee alla violazione amministrativa e l’uso può essere consentito mediante autorizzazione amministrativa”.

 

La ricorrente ribadisce la sua estraneità all’illecito

La proprietaria ha quindi proposto ricorso anche per Cassazione sostenendo che il citato art. 213 cod. strada, nel considerare l’estraneità della persona al reato quale circostanza escludente della confisca del proprio veicolo, sarebbe stato interpretato dalla stessa Suprema corte nel senso di mancanza di un elemento psicologico di partecipazione al reato, assenza di vantaggi o utilità dallo stesso, mancanza di comportamenti negligenti che abbiano favorito l’uso indebito della cosa, citando in tal senso una sentenza delle Sezioni Unite del 2012, la 14484.

Pertanto, secondo la ricorrente la confisca della sua auto sarebbe stata illegittima, ribadendo di essere stata del tutto estranea all’illecito contestato al figlio e lamentando che la prova della mancanza di colpa pretesa dal tribunale si sarebbe risolta in una “probatio diabolica”. E infine si è anche lamentata della mancata considerazione da parte del giudice di merito della malattia cronica che la affliggeva, che, da un lato, le consentiva di spostarsi solo con l’automobile, dall’altro, le rendeva impossibile, in tarda notte, controllare le azioni del figlio, di cui non sospettava l’attività abusiva.

Ma la Suprema Corte ha rigettato la doglianza. Gli Ermellini spiegano che il Tribunale di Milano, addossando alla ricorrente l’onere di provare la sua estraneità, si è uniformato alla giurisprudenza di legittimità la quale, si rammenta nella decisione, con la sentenza n. 17398/2008, aveva già avuto modo di chiarire che “per il principio di solidarietà di cui all’articolo 6, primo comma, della legge 24 novembre 1981 n.689 ed all’articolo 196, primo comma, cod. strada, il proprietario risponde anche della sanzione accessoria della confisca del mezzo, prevista dal comma quattordicesimo dell’ articolo 97 cod. strada, se non prova che la circolazione del veicolo sia avvenuta contro il suo volere e che il non aver impedito il fatto non risalga ad una sua dolosa o colposa omissione nel custodirlo”.

 

La donna non aveva provato di essere estranea alla violazione

Accertato, dunque, che nella sentenza impugnata l’onere della prova era stato ripartito correttamente, la Cassazione prende atto che il Tribunale aveva ritenuto che proprietaria dell’auto non avesse soddisfatto l’onere probatorio su di lei gravante sulla base di un motivato apprezzamento di merito, asserendo, testuali parole, che “non vi è da parte dell’appellante, né in termini di allegazione, né di supporto probatorio, l’indicazione e la relativa dimostrazione che la proprietaria del veicolo si sia in qualche modo attivata al fine di controllarne preventivamente l’uso da parte dell’effettivo trasgressore, uso che sarebbe avvenuto in orario notturno e, dunque, certamente non per le finalità a cui il medesimo è normalmente adibito”.

Un apprezzamento di merito che, ricordano per l’ennesima volta i giudici del Palazzaccio, non può essere censurato in sede di legittimità, fermo restando peraltro che il Tribunale aveva già confermato la sentenza di primo grado e che la ricorrente non aveva assolto neppure al suo onere di indicare le diverse ragioni di fatto poste a base delle decisioni anche di primo, oltre che di secondo grado. Dunque, ricorso respinto e aiuto confiscata.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Contenzioso con Pubblica Amministrazione

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