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Gli autolevox o, in genere, i dispositivi per l’accertamento automatico dell’eccesso di velocità dei veicoli possono registrare indistintamente i dati di tutti i mezzi in transito che poi gli operatori possano utilizzare per accertare eventuali altre violazioni, come la mancata revisione o la mancanza di assicurazione? S

pesso gli utenti della strada si pongono, preoccupati, questa domanda, ma, almeno allo stato attuale, questo utilizzo ulteriore e generalizzato non è consentito né legittimo, e deve restare limitato ai mezzi i cui conducenti hanno commesso l’infrazione accertata.

Una controversia su un bando di gara del Comune di Padova per la fornitura di autovelox

A ribadire questa “linea” il Tar del Veneto, prima sezione, con la sentenza n. 8/2022, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale si è occupato di un ricorso relativo a un bando di gara specifico indetto dal Comune di Padova, una procedura aperta per l’affidamento del servizio di noleggio, installazione, manutenzione ordinaria e straordinaria di 24 postazioni omologate per il servizio di controllo elettronico per la rilevazione delle infrazioni commesse alle intersezioni regolate da semaforo e ai limiti massimi di velocità, e “servizi connessi”.

La ditta giunta seconda aveva proposto appunto ricorso contro l’aggiudicazione ad un’altra azienda avvenuta il 18 dicembre 2020., lamentando il fatto che la vincitrice avrebbe offerto un dispositivo non conforme alle specifiche stabilite dalla stazione appaltante. In particolare, l’impresa prima classificata avrebbe proposto il noleggio di un sistema che, oltre a rilevare le infrazioni al codice della strada in conformità al decreto di omologazione (che nello specifico ne permetteva l’utilizzo alternativo per due sole funzioni possibili, “controllo delle infrazioni al semaforo rosso” e “accertamento della velocità”), registrava altresì in modo generico e indifferenziato tutti i veicoli che transitavano nel raggio di azione del dispositivo, verificando in automatico a mezzo di banche dati, ossia senza l’interposizione di un operatore, anche il rispetto degli obblighi di revisione e di assicurazione.

 

L’apparecchiatura della concorrente registrava e verificava i dati di tutti i veicoli in transito

La ricorrente asseriva che la disciplina del settore non consente che i dispositivi di controllo utilizzati per l’accertamento automatico dell’eccesso di velocità dei veicoli possano, allo stato, registrare i dati di tutti i veicoli in transito, ma solo di quelli che commettono l’infrazione alternativamente accertata, sicché non appariva neppure plausibile che un’apparecchiatura, dotata di tali caratteristiche, potesse beneficiare dell’omologazione ministeriale. Pertanto, secondo la tesi difensiva, il Comune di Padova avrebbe dovuto automaticamente escluderla per aver offerto funzionalità non previste ed eccedenti rispetto alle prescrizioni del decreto di omologazione del dispositivo offerto in gara, in chiara violazione della lettera del disciplinare, che richiedeva espressamente l’osservanza delle specifiche e delle condizioni d’impiego sancite dal suddetto decreto ministeriale.

Il Tar accoglie il ricorso e ripercorre la normativa

Per i giudici il ricorso è fondato. I giudici ricordano come di recente il Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. V, 18 gennaio 2021, n. 509) abbia dettagliatamente ricostruito il complesso quadro normativo, regolatore della materia, chiarendo innanzitutto che, in riferimento ai limiti di velocità, l’art. 142 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada) dispone che “per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate… come precisato dal regolamento”.

Il Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice  (approvato con d.P.R. 495/1992) delinea infatti, all’art. 192, la procedura di omologazione e approvazione dei sistemi per l’accertamento e il rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, precisando, al comma 8, che “il fabbricante assume la responsabilità del prodotto commercializzato sulla conformità al prototipo depositato e si impegna a far effettuare i controlli di conformità che sono disposti dall’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale”.

L’art. 345, comma 1, del d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (il Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada) statuisce poi che “le apparecchiature destinate a controllare l’osservanza dei limiti di velocità devono essere costruite in modo da raggiungere detto scopo fissando la velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro ed accertabile, tutelando la riservatezza dell’utente”, e il comma 2, primo periodo, della stessa norma conferma, inoltre, che “le singole apparecchiature devono essere approvate dal Ministero dei lavori pubblici”.

I giudici ricordano poi che, sulla base di tali dati normativi, a livello ministeriale sono state fornite precise indicazioni sulla possibilità di adibire i sistemi di rilevazione automatica della velocità, senza obbligo di contestazione immediata, a funzioni ulteriori. Nello specifico, la Direttiva del Ministero dell’Interno del 21 luglio 2017, prot. 300/A5620/17/144/5/20/3 nell’Allegato denominato “Modalità di collocazione e uso dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo finalizzati al rilevamento delle violazioni delle norme di comportamento di cui all’art. 142 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285“, stabilisce che “gli apparecchi di rilevazione, pur potendo effettuare un continuo monitoraggio del traffico, memorizzino le immagini solo in caso di infrazione. Salva la possibilità di utilizzo dei dati per fini giudiziari, le immagini rilevate siano fruibili solo per l’accertamento e la contestazione degli illeciti stradali”.

 

Le direttive del Garante per la privacy

Il Tribunale amministrativo rammenta infine il provvedimento dell’8 aprile 2010 del Garante per la protezione dei dati Personali, che al paragrafo 5.3. (“Utilizzo di dispositivi elettronici per la rilevazione di violazioni al Codice della strada”), afferma testualmente che gli impianti elettronici di rilevamento automatizzato delle infrazioni, utilizzati per documentare la violazione delle disposizioni in materia di circolazione stradale, analogamente all’utilizzo di sistemi di video-sorveglianza, comportano un trattamento di dati personali. L’utilizzo di tali sistemi è quindi lecito se sono raccolti solo dati pertinenti e non eccedenti per il perseguimento delle finalità istituzionali del titolare, delimitando a tal fine la dislocazione e l’angolo visuale delle riprese in modo da non raccogliere immagini non pertinenti o inutilmente dettagliate”.

I dispositivi di rilievo automatico della velocità non possono registrare i dati di tutti i mezzi

Alla luce della ricostruzione della disciplina di settore, deve quindi desumersi, sentenziano i giudici, che “i dispositivi di controllo utilizzati per l’accertamento automatico dell’eccesso di velocità dei veicoli non possano, allo stato, registrare i dati di tutti i veicoli in transito, ma solo di quelli che commettono l’infrazione alternativamente accertata, sicché non appare neppure plausibile che un’apparecchiatura, dotata di siffatte caratteristiche, possa beneficiare dell’omologazione ministeriale.

Tale conclusione viene suffragata anche dalla già citata sentenza n. 509/21 del Consiglio di Stato, che recita, testuale: “il controllo di tipo indiscriminato è vietato e non soltanto sottoposto a regole puntuali e restrittive, in quanto gli apparecchi di rilevazione, pur potendo effettuare un continuo monitoraggio del traffico, memorizzano le immagini solo in caso di infrazione. Salva la possibilità di utilizzo dei dati per fini giudiziari, le immagini rilevate sono fruibili solo per l’accertamento e la contestazione degli illeciti stradali; la registrazione continua del monitoraggio del traffico è conservata in forma di dati anonimi, senza possibilità di identificazione dei veicoli o delle persone e può essere disponibile, sempre attraverso dati anonimi, solo per studi o ricerche sul traffico. Le risultanze fotografiche o le riprese video sono nella disponibilità e vengano trattate solo dal personale responsabile degli organi di polizia e dagli incaricati del trattamento e della gestione dei dati; le immagini sono conservate solo per il periodo di tempo strettamente necessario all’applicazione delle sanzioni e alla definizione dell’eventuale contenzioso; nella conservazione delle risultanze fotografiche o video sono adottati gli accorgimenti di sicurezza utili ad evitare l’accesso non autorizzato ai dati e alle immagini trattate”.

 

Sanzionabile per mancata assicurazione o revisione solo chi ha anche violato i limiti di velocità

Conclusioni peraltro avallate dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, che, interpellato dalla stessa Stazione appaltante, ossia il Comune di Padova, in ordine all’utilizzo del dispositivo offerto in gara, ha ulteriormente chiarito che, “in generale, i dispositivi attualmente approvati/omologati possono rilevare in modo automatico soltanto le infrazioni esplicitamente richiamate nei relativi decreti, nel rispetto delle condizioni e dei limiti in essi contenuti e nei rispettivi manuali d’installazione e uso, e non possono interfacciarsi con banche dati esterne per effettuare interrogazioni relative a targhe di veicoli in transito, rilevate in continuo, in modo indiscriminato e massivo, al fine di verificarne lo stato in relazione ai requisiti per la circolazione, poiché tale operazione richiederebbe forme di trattamento di dati (le targhe dei veicoli) non consentite dalle norme, se non per i veicoli di cui sia già stata accertata l’infrazione nei casi in cui il Codice della Strada lo prevede. Infatti, in coerenza con le indicazioni dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, possono essere trattati solo i dati dei veicoli di cui è stata accertata l’infrazione, ma non anche quelli dei veicoli solo potenzialmente in infrazione, come avverrebbe con un controllo massivo dei veicoli in transito”.

La nota del Ministero – spiega il Tar – conferma una volta di più i limiti di utilizzo del dispositivo denunciati dalla ricorrente: da un lato, la funzione di rilevazione massiva non è contemplata né ammessa per il sistema di accertamento delle infrazioni offerto dalla vincitrice del bando; dall’altro lato, le caratteristiche offerte (oggetto di valutazione mediante l’assegnazione di punteggi), scaturenti dalle successive implementazioni introdotte nell’apparato, non potrebbero comunque derogare agli elementi tecnici e prescrizioni approvate mediante il decreto del Ministero, che costituisce, a ben vedere, l’unica fonte idonea a legittimare l’impiego del dispositivo”.

Il Tar del Veneto conclude quindi che l’apparato offerto dall’aggiudicatarianon risulta compatibile con l’oggetto della prestazione dedotta nell’appalto, proprio perché esso, in quanto privo di omologazione relativamente ad alcune delle caratteristiche offerte e in ogni caso non utilizzabile (proprio perché carente di omologazione e perché il suo impiego comporterebbe l’illecita registrazione dei dati di tutti i veicoli in transito), non soddisfa i requisiti essenziali previsti dalla normativa di settore e, in quanto tali, richiamati dalla lex specialis di gara.

L’offerta dell’aggiudicataria secondo i giudici non risulta perciò conforme alle prescrizioni di carattere tecnico del capitolato speciale, “da ritenersi essenziali in rapporto all’oggetto dell’appalto, e ai requisiti normativi di utilizzo dell’apparato di rilevazione”, con conseguente “esclusione dalla gara anche in assenza di un’espressa previsione in tal senso nella medesima legge di gara”. Il riposo è stato pertanto accolto con il relativo annullamento degli atti di gara e dell’aggiudicazione.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Contenzioso con Pubblica Amministrazione

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