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L’autorizzazione rilasciata alla persona disabile per circolare anche nelle zone a traffico limitato o riservato vale a livello nazionale, cioè anche al di fuori del confine del comune che l’ha rilasciata, e in caso di controlli con sistemi automatizzati sono gli Enti a dover trovare il modo per verificare la presenza del contrassegno sul parabrezza del veicolo, non il possessore a dover effettuare previa comunicazione per non essere multato.

E’ un’ordinanza quanto mai significativa per la tutela dei diritti dei soggetti con disabilità quella, la n. 8226/22, depositata dalla Cassazione il 14 marzo 2022, che ha di fatto annullato una sanzione elevata a un veicolo a bordo de quale si trovava una persona diversamente abile.  

La proprietaria di un’auto sanzionata per transito in corsia riservata di oppone alla multa

La proprietaria di un’auto aveva proposto opposizione contro il verbale elevatole dalla Polizia locale del Comune di Roma in quanto il proprio veicolo era stato registrato, dall’apposito sistema automatico di rilevazione, mentre transitava nella corsia riservata ai mezzi pubblici, adducendo che a bordo del mezzo si trovava il padre disabile provvisto di regolare contrassegno rilasciato dal Comune di Frascati.

Il giudice di Pace di Roma, tuttavia, aveva rigettato l’opposizione e lo stesso aveva fatto il Tribunale capitolino avanti al quale la donna aveva impugnato la decisione di prime cure. Secondo i giudici, anche ad ammettere l’esposizione del contrassegno, non rilevabile dal sistema automatico di controllo, la presenza del padre disabile sull’auto non era sufficiente a giustificare il transito in area interdetta, in quanto doveva essere cura della persona autorizzata dare previa comunicazione di tale diritto al comune di transito, diverso da quello del rilascio dell’autorizzazione.

La cittadina sanzionata però non si è data per vinta e ha proposto ricorso anche per Cassazione obiettando che il giudice non avrebbe tenuto conto del fatto che l’autorizzazione in questione afferisse ad una persona disabile, e come tale, non fosse collegata a un veicolo in particolare e autorizzasse il transito su qualsiasi mezzo, purché posto a servizio della persona autorizzata. Inoltre, lamentava il fatto che il tribunale avrebbe imposto un onere non previsto dalla legge alla persona trasportata, che secondo la sentenza censurata sarebbe stata tenuta segnalare previamente l’utilizzo del “tagliando invalidi” nel territorio di un comune diverso da quello che aveva rilasciato l’autorizzazione.

 

L’autorizzazione data al disabile vale in tutta Italia

Doglianze manifestamente fondate secondo la Suprema Corte, la quale ricorda che già nel 2008 la Cassazione, in tema di sanzioni amministrative, alla luce delle disposizioni contenute negli artt. 11 e 12 del d.P.R. n. 610 del 1996 e nell’art. 381, comma secondo, del regolamento di esecuzione ed attuazione del codice stradale, di cui al d.P.R. n. 495 del 1992, aveva chiarito che il cosiddetto “contrassegno invalidi”, che, com’è noto, autorizza la circolazione e la sosta del veicolo adibito al trasporto di una persona con capacità di deambulazione sensibilmente ridotte anche all’interno delle zone urbane a traffico limitato e delle aree pedonali urbane, “è rilasciato alla persona disabile in quanto tale, in modo che questa se ne possa servire esponendolo su qualsiasi veicolo adibito in quel momento al suo servizio e, perciò, la sua validità non è limitata al territorio del Comune che abbia rilasciato tale contrassegno, ma è estesa a tutto il territorio nazionale”.

In caso di controlli automatici, è l’Ente a dover studiare come verificare il contrassegno

Gli Ermellini spiegano anche la ragione che sta alla base di questa interpretazione, sottolineando come questa autorizzazione, “diretta a ridurre il più possibile impedimenti deambulatori, non può trovare ostacoli generati dalle difficoltà organizzative dell’ente territoriale di transito, diverso da quello di rilascio, il quale non può porre limitazioni non previste dalla legge”. Pertanto, aggiungono i giudici del Palazzaccio, dove il controllo automatico sia stato effettuato in maniera tale da non essere in grado di rilevare la presenza del tagliando esposto sul cruscotto (è chiaro che il controllo viene svolto dagli operatori il problema non si pone), “laddove l’ente non voglia esporsi a elevare verbali sul presupposto erroneo che la circolazione non era autorizzata, dovrà destinare modalità apposite di accertamento, nella logica della leale collaborazione con l’utente della strada, se del caso contattando previamente l’intestatario del veicolo rilevato dal sistema automatico”.

Insomma, la Cassazione ribadisce con forza il concetto che “non può frapporsi ostacolo alla libertà di locomozione della persona disabile fondato sull’addotta inadeguatezza del sistema di controllo automatizzato dell’ente locale territoriale, così stravolgendo lo scopo della legge”. Piuttosto, conclude la Suprema Corte, “si tratta di adeguare i sistemi automatizzati alla fattispecie, sperimentando, ad esempio, meccanismi di verifica automatizzata del tagliando esposto sul parabrezza.

Nel frattempo, “nel resto trattasi di accertamenti e verifiche di merito in ordine alla correttezza del transito di competenza dell’ente, il cui esito non può porsi presuntivamente a carico del soggetto autorizzato”.

Dunque, sentenza cassata e rinvio al Tribunale di Roma che dovrà quindi procedere con l’accoglimento dell’opposizione e il conseguente annullamento della contravvenzione.

 

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Contenzioso con Pubblica Amministrazione

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