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Il pedone è l’utente debole per eccellenza della strada, la sua tutela, com’è giusto che sia, è massima, e i conducenti dei veicoli devono sempre consentirgli di poter attraversare in sicurezza ed essere anche pronti a prevenirne eventuali imprudenze per non incorrere in responsabilità nella sciagurata eventualità di un investimento.

Vi sono tuttavia delle circostanze “limite” in cui la condotta di chi va a piedi -, e che, si ricorda, deve sempre osservare le regole del codice della strada – si connota come talmente atipica, imprevista e imprevedibile, oltre che in evidente violazione delle norme, che nulla si può imputare all’investitore. E’ il caso affrontato dalla Cassazione con l’ordinanza n. 26873/22 depositata il 13 settembre 2022. 

 

Un pedone investito chiama in causa l’automobilista e la sua assicurazione

Un uomo aveva citato in causa avanti il tribunale di Pescara la conducente di una vettura e la sua compagnia di assicurazione chiedendone la condanna al risarcimento dei gravi danni fisici patiti dopo esser stato investito dall’auto in questione, incidente successo nella stessa Pescara il 18 settembre 2014 sulla Strada Statale 714. 

Il giudice tuttavia, sulla base del rapporto della Polstrada di Pescara aveva rigettato la domanda ritenendo la condotta del pedone causa esclusiva del sinistro. Il danneggiato aveva appellato la decisione avanti la Corte d’Appello de L’Aquila, che tuttavia aveva rigettato il gravame confermando la sentenza di prime cure. 

Rigettata la richiesta danni

A questo punto il pedone ha proposto ricorso anche per Cassazione denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2054, 1227, 2697, comma 1, cod. civ., degli artt. 140 e 141 cod. strada, nonché degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., “con riferimento alla selezione e alla valutazione delle prove nella ricostruzione dei fatti”.

Anche la Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato il ricorso. “Non vale, infatti, richiamarsi, come ha fatto il ricorrente, al principio secondo cui, stante la presunzione del cento per cento di colpa in capo al conducente del veicolo di cui all’art. 2054, comma 1, cod. civ., ai fini della valutazione e quantificazione di un concorso del pedone investito occorre accertare, in concreto, la sua percentuale di colpa e ridurre progressivamente quella presunta a carico del conducente” spiega la Cassazione.

 

Va valutata sempre anche la pericolosità della condotta di chi va a piedi

Gli Ermellini ricordano in primis un principio stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale “la presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore, prevista dall’art. 2054, comma 1, cod. civ., non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondata sul rapporto di causalità fra evento dannoso e condotta umana, e, dunque, non preclude, anche nel caso in cui il conducente non abbia fornito la prova idonea a vincere la presunzione, l’indagine sull’imprudenza e pericolosità della condotta del pedone investito, che va apprezzata ai fini del concorso di colpa, ai sensi dell’art. 1227, comma 1, cod. civ., ed integra un giudizio di fatto che, come tale, si sottrae al sindacato di legittimità se sorretto da adeguata motivazione”. 

Il danneggiato aveva attraversato una Statale non illuminata di notte

E nel caso di specie, secondo la Cassazione la sentenza della Corte territoriale “non pare esibire profili di manifesta illogicità o di irriducibile contraddittorietà”, avendo valorizzato il fatto che il pedone, in grave violazione dell’art. 175 del Codice della strada, aveva attraversato una strada extraurbana, in orario notturno e in totale assenza di pubblica illuminazione, rendendo di fatto impossibile qualsiasi manovra da parte dell’automobilista per evitarlo. 

La Suprema Corte, nel rigettare la doglianza, ribadisce infine anche il principio secondo cui l’eventuale “cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4), disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n. 4), cod. proc. civ. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante”.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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