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Il Pm di Palermo rinnova la richiesta di archiviazione del procedimento penale per la morte, nel reparto di Psichiatria dell’ospedale di Partinico, di Francesco Biagiotti: l’amarezza dei familiari

Si è suicidato all’interno di un ospedale psichiatrico dove avrebbero dovuto guardarlo a vista, avendo tentato di farla finita già due giorni prima; per impiccarsi ha usato i lacci delle scarpe, che i sanitari in alcun modo gli avrebbero dovuto lasciare, eppure secondo la Procura di Palermo non c’è nessun responsabile per la morte di Francesco Biagiotti. Con atto notificato in questi giorni, il Pubblico Ministero titolare dell’inchiesta, dott. Vincenzo Amico, al quale il Gip del Tribunale palermitano aveva ordinato ulteriori indagini, ha rinnovato la sua richiesta di archiviazione, tra la comprensibile amarezza, oltre che sorpresa, delle sorelle della vittima, che per fare chiarezza sul tragico caso e ottenere giustizia si sono affidate a Studio3AValore S.p.A. e all’avvocato Vincenzo Di Giovanna, del foro di Sciacca (Ag).

Biagiotti, 54 anni, di Borgetto, guardia forestale, che soffriva di depressione anche per gravi problematiche familiari, il 10 settembre 2020 aveva già tentato il suicidio (e non era la prima volta), ma i carabinieri della locale stazione l’avevano fermato in tempo convincendolo a farsi aiutare dai sanitari del 118, che lo hanno trasportato al pronto soccorso del nosocomio di Partinico dove, a seguito di una consulenza psichiatrica, il giorno stesso è stato ricoverato presso l’unità operativa Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, con diagnosi d’ingresso “tentativo di suicidio in paziente con deflessione timica”. Tutti i medici che l’avevano seguito, dall’accesso in ospedale fino all’accettazione allo SPDC, avevano ben chiaro il quadro clinico, patologico e familiare in capo al paziente, così come gli operatori del reparto.

Ma la notte del 12 settembre, alle 3.20, un infermiere, durante un giro di controllo dei pazienti, ha notato che Biagiotti si era impiccato con dei lacci di scarpe alla grata in ferro del balcone esterno alla sua camera: decesso che si poteva far risalire tra le 0.30 e le 2.30 e dovuto ad arresto cardiocircolatorio compatibile con l’asfissia meccanica da impiccamento, a quanto stabilito dal medico legale incaricato di effettuare l’ispezione cadaverica sulla salma dal Pubblico Ministero di turno della Procura di Palermo dott. Vincenzo Amico, subito messo al corrente del fatto dai carabinieri di Partinico, a loro volta informati dall’ospedale. Ai quali, durante l’escussione del personale sanitario, un’altra degli infermieri in servizio quella notte avrebbe poi riferito di aver visto per l’ultima volta il cinquantaquattrenne alle 2.45 circa nell’ambito dei giri ispettivi effettuati, nella fascia notturna, ogni tre quarti d’ora.

A destare tante, troppe perplessità nelle sorelle della vittima non solo la mancata predisposizione di un servizio di vigilanza continuativa su un soggetto a così alto rischio di suicidio, l’omesso controllo – è stata una tragedia annunciata -, ma anche la mancata rimozione, in sede di ingresso in reparto del paziente, delle stringhe dalle sue scarpe, che non gli dovevano in alcun modo essere lasciate: le sue calzature sono state ovviamente rinvenute senza lacci. Una delle sorelle, quando Biagiotti si trovava ancora al pronto soccorso, era riuscita a togliergli opportunamente la cintura dai pantaloni, ma purtroppo non aveva fatto a tempo a sfilargli anche le stringhe alle Lumberjack che calzava.

Di qui la loro decisione di andare a fondo per verificare eventuali responsabilità da parte dei sanitari nel decesso del fratello. Le donne, attraverso il consulente Alessio Tarantino, si sono rivolte a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e tutela dei diritti dei cittadini, e il 15 settembre 2020 è stata presentata una denuncia querela alla stazione dei carabinieri di Borgetto. Esposto che ha portato all’apertura, sempre da parte del dott. Amico, di un procedimento penale, contro ignoti, per l’ipotesi di reato di istigazione o aiuto al suicidio.

Il magistrato ha disposto indagini per chiarire come fosse stato possibile che il paziente avesse la disponibilità di quei lacci. Dopo svariati solleciti di riscontro, il dott. Leonardo Longo, responsabile del servizio, confermava che da procedura le scarpe dei pazienti a rischio venivano sempre private delle stringhe, sostenendo che la prassi era stata seguita anche per Biagiotti, come indicato nella cartella infermieristica, ma aggiungendo alla fine che il paziente era stato ricoverato in Psichiatria a tarda ora, alle 23 del 10 settembre, e insinuando in tal modo, con questa sua “chiosa”, un notevole dubbio in merito. Senza contare che la scheda infermieristica, in realtà, non conteneva alcuna annotazione al riguardo. E in ogni caso, che fossero delle sue calzature o che li avesse rimediati in altro modo, quei lacci il paziente non avrebbe dovuto averli, né il dott. Longo ha saputo fornire una spiegazione su come se li fosse procurati.

Nonostante questo quadro, però, il Pubblico Ministero alla fine, con atto dell’11 ottobre 2021, ha chiesto di archiviare il fascicolo, richiesta contro la quale l’avv. Vincenzo Di Giovanna, che assiste le sorelle della vittima con Studio3A, il 2 dicembre 2021 ha proposto un’articolata opposizione che è stata discussa nell’udienza fissata ben un anno dopo, il 30 novembre 2022. All’esito della quale il Giudice per le Indagini Preliminari dott. Marco Gaeta, condividendo in pieno le argomentazioni dei legali dei congiunti della vittima, ha ritenuto non accoglibile la richiesta di archiviazione. “Non sono state svolte indagini in relazione alla possibile sussistenza del reato di istigazione al suicidio o di quello di omicidio colposo – scriveva il Gip nella sua ordinanza depositata il 6 dicembre 2022 a scioglimento della riserva assunta nell’udienza succitata – L’attività di indagine svolta appare lacunosa anzitutto in relazione allo strumento utilizzato per compiere il fatale gesto, non è stato accertato come la vittima si sia procurato le stringhe, non è chiaro se fossero le sue o altre, e non è stato verificato se quelle in uso alla vittima siano state rimosse al momento dell’accesso al reparto di Psichiatria”. Anche il dott. Gaeta, riguardo alle sommarie informazioni del medico responsabile del servizio, evidenziava poi come la documentazione clinica in atti non contenesse sul punto “alcuna indicazione. La scheda infermieristica risulta essere un mero foglio prestampato in cui è assente ogni tipo di indicazione specifica in relazione agli interventi posti in essere nei confronti del signor Biagiotti. In nessun atto, peraltro, si rinviene espressamente un riferimento alla rimozione delle stringhe delle scarpe in uso alla vittima”. “Inoltre – concludeva il giudice -, non emerge in alcun modo se il Biagiotti, che si è impiccato nel balcone della propria stanza, si trovasse in un ambiente sicuro all’interno del reparto psichiatrico (luogo in cui dovrebbero essere adottate tutte le cautele necessarie, anche strutturali, al fine di evitare condotte autolesive o suicidarie) e se fosse stato sottoposto ad un controllo attento e accurato dal personale sanitario, stante le sue condizioni psichiche.”.

Il Giudice per le Indagini preliminari ha quindi disposto, accordando sei mesi di tempo al Pm, la prosecuzione delle indagini per individuare il soggetto che avrebbe dovuto rimuovere le stringhe alle scarpe di Biagiotti al momento dell’accesso in Psichiatria, e per accertare se fossero state rimosse, se fosse stato o meno predisposto un sistema di vigilanza accurato nei confronti della vittima, se e quali fossero le misure e le cautele presenti nel reparto psichiatrico dirette a impedire o limitare il rischio di eventi analoghi e, in ultima analisi, se sussistessero responsabilità penalmente rilevanti in capo ai sanitari che avevano avuto in cura la vittima anche per un reato diverso da quello per il quale era stato aperto il procedimento, ossia di istigazione o aiuto al suicidio.

Il dott. Amico ha proceduto con questo supplemento d’inchiesta, consistito essenzialmente nel risentire a sommarie informazioni, attraverso i carabinieri di Partinico, il personale in servizio al SPDC il giorno del ricovero di Biagiotti, il 10 settembre 2021, ma gli infermieri sono tornati a sostenere di aver rispettato la procedura e di aver tolto al paziente cintura e stringhe delle scarpe, affermazioni che contrastano con quanto invece sostenuto dalla sorella della vittima, che non trovano riscontro nella documentazione clinica, non emergendo da nessun atto questa rimozione, e che peraltro continuano a non spiegare come la vittima avesse potuto disporre dei lacci. Gli operatori hanno altresì dichiarato che questi oggetti pericolosi sarebbero stati posti, come di consueto, in una stanza chiusa a chiave e in un armadietto chiuso a chiave dentro una busta che poi sarebbe stata restituita all’interessato o ai suoi familiari, ma non risulta sia stata operata una verifica in tal senso, così come non è stata sentita la sorella, come richiesto espressamente dal suo legale.

Quanto alla psichiatra che lo ha ricoverato, pur non nascondendo, come del resto gli infermieri, le carenze strutturali dell’ospedale, la dottoressa ha addirittura parlato di “soggetto collaborante che avrebbe chiesto volontariamente il ricovero”, peccato che la stessa professionista, come si evince da tutta la documentazione clinica, fosse perfettamente a conoscenza del recentissimo tentativo di suicidio e di un quadro patologico-personale-familiare che non poteva lasciare tranquilli e che avrebbe imposto una sorveglianza ben più stringente, non a caso la stessa psichiatra, il mattino seguente al ricovero, si era premurata di chiedere informazioni al collega di turno evidenziandogli, per usare la sue stesse parole, “la particolarità del paziente e la necessità di attenzionarlo”.

Eppure, nonostante tutte queste contraddizioni e lacune, alla fine il Pubblico Ministero conclude che “le ulteriori indagini al fine di individuare responsabilità penalmente rilevanti in capo ai soggetti che ebbero in cura il Biagiotti non hanno consentito di fugare i dubbi e le perplessità né di individuare l’autore del reato: non sussistono pertanto i presupposti per il proficuo esercizio dell’azione penale”.

Ora i patrocinatori dei familiari della vittima valuteranno se proporre una ulteriore opposizione, ma di certo c’è che, comunque vada a finire il procedimento penale – l’ultima parola sulla richiesta di archiviazione spetterà al giudice, che può sempre disporre l’imputazione coatta -, le sorelle di Biagiotti con Studio3A e l’avv. Di Giovanna continueranno la battaglia in sede civile per il riconoscimento della responsabilità quanto meno della struttura.

Caso seguito da:

Alessio Tarantino

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Categoria:

Malasanità

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