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Il fatto che un pedone attraversi la strada al di fuori delle strisce pedonali non fa venire meno le responsabilità del conducente del veicolo investitore, tanto più se chi è piedi è anziano e cammina a fatica con l’ausilio di un bastone e, soprattutto, se è facilmente “avvistabile”. 

A chiarire e confermare con forza questo principio basilare a tutela degli utenti deboli della strada la Cassazione, con la sentenza n. 34355/21 depositata il 16 settembre 2021, con la quale è stata definitivamente conferma una condanna per omicidio stradale.

 

Conducente di un autocarro condannato per omicidio stradale per aver investito un’anziana

La vicenda. La Corte d’Appello di Venezia, confermando peraltro la decisione di primo grado del Tribunale di Padova, con sentenza del 2019 aveva condannato per il reato di omicidio stradale, commesso in violazione delle norme del codice della strada, un camionista per aver causato la morte di un pedone.

Sula base della ricostruzione dei giudici di merito nelle due sentenze conformi, l’imputato, alla guida di un autocarro, per colpa generica, ed in violazione dell’art. 140 cod. strada, aveva travolto una donna che stava attraversando la strada, omettendo di arrestare il veicolo tempestivamente e cagionando, di conseguenza, il decesso dell’anziana  in seguito ai gravissimi politraumi riportati.

L’autotrasportatore, tuttavia, ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe stata inadeguata ed erronea: l’accertamento della sua penale responsabilità, in ordine alla violazione della regola cautelare imposta dall’art. 140 cod. della strada, si sarebbe fondata su una lettura superficiale delle disposizioni legislative.

I giudici territoriali, accogliendo acriticamente, secondo le tesi difensive, le valutazioni del consulente tecnico nominato dal Pubblico Ministero, avevano ritenuto che la donna avesse attraversato la carreggiata cinque secondi prima dell’urto e che il furgone si trovasse, in quel momento, ad una distanza di circa 83 metri dalla vittima, che avrebbe consentito al conducente di notare tempestivamente la presenza dell’anziana sulla carreggiata, permettendogli così di adeguare agevolmente la velocità e di scongiurare l’urto.

 

L’attraversamento era avvenuto fuori dalle strisce

La corte di merito non avrebbe valutato la possibilità di ritenere che la condotta del pedone si fosse invece posta come causa atipica ed eccezionale dell’evento, collocandosi in un ambito d’imprevedibilità e umana inevitabilità. Anche perché aveva attraversato al buio, vestita di abiti scuri, e fuori dalle strisce pedonali, in un momento di traffico particolarmente intenso.

Inoltre, non sarebbero stati tenuti in adeguata considerazione altri elementi quali la scarsa visuale legata sia al periodo invernale, il tragico incidente era successo in dicembre, sia, come detto, alle condizioni di traffico sostenuto nel luogo del sinistro, così come la velocità a suo dire assolutamente adeguata dell’autocarro e rispettosa del limite vigente di 50 km/h. In definitiva, l’imputato asseriva di aver rispettato le comuni norme di prudenza, che impongono di non provocare situazioni di pericolo e di prevenire eventuali imprudenze altrui.

Ma per la Suprema Corte i motivi di doglianza sono infondati. Secondo gli Ermellini, i giudici di secondo grado avevano coerentemente concluso che il ricorrente aveva investito la vittima in una fase avanzata dell’attraversamento della strada, a circa un metro dalla linea di mezzeria, travolgendola con tale violenza da proiettare il corpo a una distanza di sedici metri, dopo averlo caricato sul cofano del veicolo. Avevano altresì precisato che la vittima, di 71 anni, camminava con l’uso di un bastone ortopedico, il che giustificava pienamente la ragione per cui procedesse  lentamente durante l’attraversamento. E avevano poi condiviso le considerazioni del Ctu relativamente alla distanza di avvistamento del pedone da parte del camionista, determinata come si è visto in circa 83 metri.

 

Il conducente aveva proseguito la marcia pur avendo potuto e dovuto arrestarsi

Logica quindi la conclusione che il sinistro fosse ascrivibile a colpa del conducente, che, “con grave negligenza e imprudenza, mancando di adeguare la velocità del veicolo in modo da mantenere il controllo del mezzo (in violazione dell’art. 140 cod. strada), mancando di osservare la norma che impone di prestare particolare attenzione ai pedoni nella fase di attraversamento, favorendone il passaggio (art. 191, comma 2, cod. strada)”, aveva proseguito la marcia, travolgendo la vittima.

Per la Cassazione, peraltro, i giudici di merito avevano anche adeguatamente contro-dedotto alle obiezioni difensive: la scarsa visibilità e il traffico intenso, avrebbero semmai imposto al conducente maggiori cautele; la donna non indossava abiti scuri, ma un cappotto marrone e un foulard multicolore sui toni del rosso; l’investimento era avvenuto in orario diurno, su una strada fiancheggiata da abitazioni.

 

Quando la condotta di un pedone è imprevedibile

Ma i giudici del Palazzaccio si soffermano soprattutto sulla doglianza relativa alla presunta imprevedibilità della condotta della vittima, ribadendo che “l’attraversamento della carreggiata da parte del pedone, anche al di fuori delle strisce pedonali, non è evento eccezionale dal quale può farsi discendere l’esonero da responsabilità dell’imputato”. Il conducente di un veicolo, infatti, prosegue la Suprema Corte, “ha l’obbligo di arrestarsi e cedere il passo al pedone, avvistandolo per tempo in base ad un criterio prudenziale che deve sempre informare la condotta di guida”. E, ancora, in presenza di una situazione di pericolo, chi guida un mezzo “è tenuto a porre in essere una serie di accorgimenti  – in particolare, moderare la velocità e, all’occorrenza, arrestare la marcia del veicolo – al fine di prevenire il rischio di un investimento”.

Pertanto, nel malaugurato caso in cui un pedone venga investito, perché possa essere affermata la colpa esclusiva di quest’ultimo per le lesioni subite o per la morte, “rileva la sua “avvistabilità” da parte del conducente del veicolo investitore – va a concludere la Cassazione – È cioè necessario che questi si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido ed inatteso; occorre, inoltre, che nessuna infrazione alle norme della circolazione stradale ed a quelle di comune prudenza sia riscontrabile nel comportamento del conducente del veicolo”.

Circostanze, queste, che non rientravano in alcun modo nel caso di specie, laddove il ricorrente, “considerate l’andatura lenta del pedone, un’anziana che camminava con un bastone, la larghezza della carreggiata ed il punto d’urto, avrebbe avuto tutto il tempo di arrestare la marcia, evitando l’impatto”.

In conclusione, qualora il conducente di un veicolo, non attenendosi alle regole stabilite dall’art. 140 cod. strada, investa un pedone che abbia attraversato fuori dalle strisce, “non può invocare l’imprevedibilità e l’inevitabilità dell’evento, né l’esclusione del nesso di causalità tra tale evento e la sua condotta”.

Ergo, ricorso respinto e condanna confermata.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Incidenti da Circolazione Stradale

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