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Non è lecito obbligare un anziano, anche se sottoposto all’amministrazione di sostegno, al ricovero (coatto) in una Residenza Sanitaria Assistenziale: anche chi è soggetto a questa misura, infatti, ha diritto all’autodeterminazione e alla partecipazione alla vita sociale. E’ una sentenza “forte” e che farà giurisprudenza quella pronunciata e pubblicata il 6 luglio 2023 dalla prima sezione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale ha condannato l’Italia per aver violato il rispetto della vita privata di un anziano.

 

Arriva alla Cedu la vicenda di un anziano obbligato al ricovero in una Rsa

Il caso trattato dai giudici di Strasburgo riguardava appunto un anziano collocato in una Rsa contro la sua volontà, nonostante la sua richiesta di tornare a casa. Era stata la sorella dell’uomo a decidere in buona sostanza del suo destino, chiedendo e ottenendo la nomina di un amministratore di sostegno per il fratello che, pur essendo perfettamente in grado di badare a se stesso, a suo dire agiva con troppa prodigalità.

Per la Corte Europea tale misura viola il diritto al rispetto della vita privata

Il protagonista della vicenda, tuttavia, non si è dato per vinto e la causa è arrivata fino alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, la quale ha stabilito che il ricovero coatto in una RSA, determinato dall’amministratore di sostegno e dall’autorità giudiziaria, è una violazione della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (Cedu): più precisamente, per i giudici europei vi è stata da parte dello Stato italiano la violazione dell’articolo 8, ossia il diritto al rispetto della vita privata.

La decisione assunta dai giudici italiani, infatti, secondo la Corte, implica un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata dell’individuo, benché la nomina dell’amministratore di sostegno possa avere uno scopo legittimo di protezione. Ma, come ricorda la Cedu, una misura così incisiva dovrebbe essere “riservata a circostanze eccezionali”, laddove invece, per la nomina in questione, non sarebbero state valutate correttamente le facoltà mentali dell’anziano, ma ci si sarebbe basati unicamente su un indebolimento fisico e mentale e sull’eccessiva prodigalità. 

La Cedu stabilisce infatti che gli Stati hanno l’obbligo di promuovere la partecipazione di disabili e anziani alla vita della comunitàevitando la segregazione. L’isolamento forzato di un individuo, soprattutto se in grado di esprimere la propria volontà, è pertanto in contrasto con il quadro normativo europeo.

 

Vanno rispettate la volontà, dignità e autodeterminazione di un individuo, tanto più se fragile

La corte di Strasburgo ha infatti ritenuto che “qualsiasi misura di protezione nei confronti di una persona in grado di esprimere la propria volontà deve rispecchiare il più possibile tale volontà”. Inoltre, (anche) nel decidere un ricovero in Rsa, le autorità devono conciliare “la necessità di protezione dell’anziano con il rispetto della dignità e dell’autodeterminazione dell’individuo”, oltre che assicurare “le effettive garanzie nel procedimento nazionale per prevenire gli abusi, come richiesto dalle regole internazionali sui diritti umani”.

Nella sentenza presa in considerazione, l’autorità giudiziaria ha dunque mancato di prendere in considerazione tutti i fattori necessari per valutare la proporzionalità della misura. Non solo, non sono state adottate misure atte a mantenere le relazioni sociali dell’individuo, né è stato agevolato il suo ritorno a casa. Il rischio di arbitrarietà non è stato ridotto e, nel complesso, la dignità e l’autodeterminazione dell’individuo non sono state adeguatamente rispettate.

In conclusione, l’Italia è stata condannata dalla Cedu per non aver predisposto, nel caso concreto, le misure necessarie a garantire il rispetto del diritto all’autodeterminazione e alla partecipazione nella vita sociale del soggetto fisicamente e/o psicologicamente più fragile che, nonostante l’infermità, non ha meno diritti degli altri cittadini.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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