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La perizia medico legale disposta dal Pm sulla morte del 65enne ex dipendente comunale di Noventa di Piave ha evidenziato una fatale omissione diagnostica che ha impedito di individuare e intervenire in tempo su una dissecazione aortica

Erano fondate le perplessità dei congiunti di Mario Valerio: al pronto soccorso dell’ospedale di San Donà di Piave hanno fatalmente sbagliato a dimettere in appena un’ora e mezza il compianto ex dipendente comunale del Comune di Noventa di Piave, dove risiedeva con la sua famiglia, senza approfondire con opportuni esami i preoccupanti sintomi riferiti (si sentiva “esplodere il petto”), chiaro indizio della grave patologia cardiaca in corso, una dissecazione aortica, che l’avrebbe stroncato cinque giorni dopo, a soli 65 anni, il 12 ottobre 2021: sintomi ricondotti invece a una banale gastrite.  

Sono queste le conclusioni della perizia medico legale disposta dal Pubblico Ministero della Procura di Venezia, dott.ssa Federica Baccaglini, titolare del procedimento penale per l’ipotesi di reato di omicidio colposo in ambito sanitario aperto in seguito all’esposto presentato dalla moglie della vittima, seguita da Studio3A, e che vede indagati due dottori, il medico del Pronto Soccorso sandonatese che aveva seguito il paziente, S. B. L., 64 anni, di Caorle, e il suo medico di base, N. T., 67 anni, di Meolo.

Valerio, in pensione da tre anni dopo una vita di lavoro in municipio, il 7 ottobre 2021, alle 9.30, era rincasato dalla solita passeggiata con il cane manifestando un forte dolore al petto (“ho sentito una specie di esplosione” aveva confidato alla moglie, e avrebbe poi riferito ai sanitari), con irradiazione cardiaca: gli mancava il respiro e, oltre al petto, gli facevano male la schiena, il collo, le mascelle e il volto. La moglie lo ha quindi accompagnato al Pronto Soccorso di San Donà di Piave dove il paziente è giunto in accettazione alle 13.24, con codice arancione. Qui è stato sottoposto ad alcuni accertamenti, l’elettrocardiogramma e gli esami ematologici, all’esito dei quali, tuttavia, il dott. S. B. L., valutando evidentemente a norma i parametri dell’attività cardiaca ed escludendo scompensi al cuore, alle 14.57 dello stesso giorno lo ha rimandato a casa con diagnosi di “epigastralgia”, prescrivendogli una terapia con un farmaco gastroprotettore e rinviandolo al medico curante per un esame per la ricerca di batteri Helicobacter pylori.

Porti pazienza, tra qualche giorno i dolori passeranno” l’avevano rassicurato i sanitari: purtroppo non è stato così. Valerio ha subito contattato il suo medico di famiglia che gli ha raccomandato telefonicamente di continuare la terapia indicata dal Pronto Soccorso, fissandogli un appuntamento per venerdì 15 ottobre. Ma il paziente nello studio del suo dottore non ha fatto a tempo ad arrivarci. Pur continuando ad assumere il gastroprotettore prescritto, solo il bruciore percepito allo stomaco si era in parte attenuato, il che lo aveva comunque convinto ad attendere ulteriormente come suggeritogli in ospedale, nonostante le restanti algie avvertite anche alla zona basso lombare, ai denti e alle mani, stranamente gelide, fossero rimaste di pari intensità tanto che, oltre a respirare, stentava anche a parlare. Finché, alle 10 di sera di martedì 12 ottobre, la moglie, rientrando a casa dopo aver portato fuori il cane, ha sentito il marito che rantolava in salotto: era incosciente e non respirava. Inutili i tentativi di rianimarlo della donna, che pure, avendo prestato a lungo servizio in farmacia, sapeva bene le manovre da attuare in tali circostanze, così come quelli dei sanitari del Suem, subito allertati

Sconvolta dalla morte del marito, non riuscendo a capacitarsi della tragedia e tormentata dal dubbio che il drammatico epilogo forse si sarebbe potuto evitare con una diversa gestione del caso, appena cinque giorni prima, al pronto soccorso di San Donà, la signora Tiziana ha deciso di andare fino in fondo: attraverso il responsabile della sede di San Donà, Riccardo Vizzi, si è affidata a Studio 3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, che ha subito acquisito e vagliato con i propri esperti tutta la documentazione disponibile verificando profili di malpractice, e l’indomani, 13 ottobre, è stato presentato un esposto ai carabinieri riferendo i fatti e chiedendo all’autorità giudiziaria di disporre gli opportuni accertamenti per chiarire le cause del decesso e verificare eventuali responsabilità in capo ai medici che avevano avuto in cura la vittima, e quindi alla struttura ospedaliera di pertinenza, l’Asl 4 “Veneto Orientale”. Esposto riscontrato dalla Procura lagunare, con l’apertura di un fascicolo a carico dei due medici e gli altri atti conseguenti, il sequestro delle cartelle cliniche e l’autopsia, affidata ai consulenti tecnici Prof. Guido Viel, medico legale, e prof. Vladimiro Vida, cardiochirurgo: alle operazioni peritali ha partecipato anche il dott. El Mazloum Rafi quale medico di parte messo a disposizione da Studio3A e nominato dall’avv. penalista della famiglia della vittima, Andrea Piccoli del foro di Treviso.

I due Ctu hanno innanzitutto accertato che il 65enne è deceduto, spiegano nelle loro conclusioni, a causa di uno “shock cardiogeno da tamponamento cardiaco acuto a seguito della rottura in sede intrapericardica di dissecazione aortica estesa all’aorta toracica in tutti i suoi distretti”. Ma, soprattutto, come peraltro aveva fatto fin da subito anche il dott. Rafi, hanno rilevato un errorenella condotta del medico dell’ospedale, S. B. L., “consistito nel non aver indagato e identificato le caratteristiche specifiche del dolore toracico presentato dal signor Valerio durante la visita al pronto soccorso, esitato nella mancata effettuazione di opportuni esami diagnostici. Tale errore ha portato ad un inquadramento diagnostico inadeguato ed incompleto, esitato nell’omessa diagnosi e terapia della dissecazione aortica” scrivono nella loro perizia i due consulenti tecnici d’ufficio, aggiungendo anche che in occasione dell’accesso al pronto soccorso del 7 ottobre “con ogni probabilità era già presente un quadro patologico di dissecazione dell’aorta ascendente, arco aortico, aorta discendente toracica e vasi epicardici di sinistra”, e che le caratteristiche delle algie riferite erano indicative di un dolore ad alto rischio e di dissecazione aortica, meritevole pertanto di ulteriori indagini diagnostiche volte alla conferma o all’esclusione della patologia”: in particolare, si sarebbero dovuti effettuare anche una ecocardiografia transtoracica in associazione a una radiografia del torace e alla quantificazione del D-dimero”, e, in caso di positività di questi esami,il completamento diagnostico andava realizzato tramite l’esecuzione di una Tomografia computerizzata o di una risonanza magnetica/ecocardiografia transesofagea”. Omissioni pesanti perché, ricordano i due esperti, “nei pazienti con sospetto clinico di dissecazione aortica, una diagnosi accurata e precoce è essenziale nella scelta decisionale per il trattamento chirurgico più indicato e risulta di significativa incidenza sulla mortalità. Si stima che la mortalità dei pazienti non trattati aumenti nel primo giorno dell’1% ogni ora successiva all’insorgenza dei sintomi, mentre la sopravvivenza a 30 giorni dei soggetti adeguatamente trattati è superiore all’80%. Pertanto, la tempestività di una identificazione e gestione appropriata di questa patologia è di fondamentale importanza per il medico d’urgenza”. 

“Scagionato” invece il medico di medicina generale a cui, secondo i Ctu, non si può imputare il fatto di non aver ravvisato la necessità di eseguire immediatamente o di anticipare la visita ambulatoriale fissata più di una settimana dopo la richiesta del paziente, “a fronte di una dimissione dal pronto soccorso in condizioni di assoluta stabilità”.

Ora spetterà al Pubblico Ministero stabilire se nella condotta omissiva del medico del pronto soccorso indagato siano ravvisabili anche responsabilità penalmente rilevanti, decisione su sui inciderà la valutazione sulla percentuale di possibilità di sopravvivenza della vittima nel caso in cui il dottore avesse agito correttamente, ma quanto meno in sede civile la struttura, e quindi l’Asl 4, non potrà non rispondere ai familiari di questi fatali errori.

Caso seguito da:

Dott. Riccardo Vizzi

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Categoria:

Malasanità Press

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