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Il cosiddetto diritto all’oblio, in buona sostanza, e per citare una delle varie definizioni, è il diritto a non restare indeterminatamente esposti ai danni ulteriori che la reiterata pubblicazione di una notizia può arrecare all‘onore e alla reputazione della persona, salvo che, per eventi sopravvenuti, il fatto precedente ritorni di attualità e rinasca un nuovo interesse pubblico alla notizia stessa.

Un diritto che tuttavia non può essere sempre riconosciuto e che non può cancellarne un altro altrettanto rilevante, il diritto di cronaca: clamoroso, in tal senso, il caso della titolare della grossa azienda vicentina Gemmo Impianti la quale, attraverso il proprio legale, aveva chiesto la rimozione da tutti i siti internet delle testate di informazione della notizia relativa ad un procedimento penale a suo carico per omicidio colposo ai danni di un ragazzino siciliano rimasto folgorato da un faretto, in ragione del fatto che la sua impresa si era aggiudicata l’appalto per la pubblica illuminazione del comune dove si era verificata la tragedia. Peccato infatti che il procedimento sia tuttora in corso.

 

No del Garante alla Privacy al diritto all’oblio per chi si è macchiato di reati gravi

Ma anche il Garante alla Privacy ha fissato dei paletti al riguardo, dicendo “no”, con un recente provvedimento diffuso nella newsletter pubblicata il 28 giugno 2023, al diritto all’oblio “per chi si si è macchiato di reati gravi e la cui vicenda giudiziaria si sia da poco conclusa e sia ancora di interesse pubblico. Con questa motivazione l’authority ha ritenuto infondata la richiesta di deindicizzazione di alcuni articoli recenti presentata da un uomo condannato a due anni di reclusione per detenzione di materiale pubblicato da Al-Qaida che aveva scontato la sua pena.

Condannato per detenzione di materiale di Al-Qaida chiedeva di rimuovere la notizia dai siti

Nel reclamo al Garante, l’interessato aveva chiesto di ordinare a Google la rimozione dai risultati di ricerca di 18 “Url” collegati ad articoli che riportavano la notizia di un suo arresto avvenuto nel 2019 nel Regno Unito per possesso di informazioni ritenute utili a commettere o preparare un atto terroristico. A suo dire, avendo ormai interamente scontato la pena ed essendo rientrato in Italia, la permanenza in rete di tali notizie gli avrebbe impedito di ricostruirsi una nuova vita e di trovare lavoro e poter così fronteggiare le responsabilità familiari.

 

Prevale l’interesse alla reperibilità delle notizie a causa della gravità delle condotte

Nel rigettare la richiesta, il Garante ha ricordato che non si può procedere alla deindicizzazione di informazioni recenti quando a prevalere è l’interesse generale alla reperibilità delle notizie a causa della gravità delle condotte poste in essere dall’interessato. Nel caso specifico, il reclamante aveva commesso un reato di particolare allarme sociale legato al possesso di materiale appartenente a un’organizzazione terroristica internazionale come Al-Qaida. 

La vicenda giudiziaria, poi, si era conclusa da poco, le informazioni non erano risalenti nel tempo

Per quanto riguarda il fattore tempo – altro elemento importante per la valutazione del caso – l’intervallo di pochi mesi intercorso dalla conclusione della vicenda giudiziaria e dall’espiazione della pena della reclusione è risultato assai limitato, non potendosi perciò qualificare le informazioni come risalenti nel tempo, né ancora prive di interesse pubblico.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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