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Non vedere una frattura in un paziente non può essere considerata una colpa lieve, trattandosi di un errore diagnostico che consiste nell’errata lettura da parte di uno specialista radiologo dell’immagine radiologica, causata da disattenzione o da imperizia, entrambe espressamente qualificate a livello di colpa grave.

Con la sentenza n. 9701/22 depositata il 22 marzo 2022 la Cassazione ha affrontato una tipologia di malcractice assai frequente, la mancata individuazione di fratture che può causare conseguenze molto gravi ai danneggiati, respingendo tutte le giustificazioni addotte dal sanitario a cui era stata imputata l’omissione e confermandone la condanna.

Radiologo condannato per lesioni a un paziente per non avergli diagnosticato una frattura

La Corte d’Appello di Brescia, con sentenza del gennaio 2021, confermando peraltro integralmente il pronunciamento di primo grado del Tribunale dI Mantova del 2017, aveva riconosciuto un radiologo responsabile del reato di lesioni colpose nei confronti di un paziente, condannandolo, senza circostanze attenuanti, alla pena di giustizia. Al sanitario, medico specialista in radiologia, era stata ascritta la responsabilità di avere, per colpa generica, causato appunto lesioni colpose a un paziente a causa della omessa diagnosi, nell’aprile del 2014, di una esistente frattura composta all’avambraccio: l’uomo, reduce da un incidente stradale, era strato così dimesso dall’ospedale con la sola indicazione di riposo e ghiaccio in caso di dolore, e senza la necessaria immobilizzazione dell’arto mediante apparecchio gessato.

A causa dell’omissione la frattura si è scomposta e si è reso necessario un intervento

In questo modo alcuni giorni dopo era avvenuta la scomposizione dei monconi ossei e si era reso necessario, dopo ulteriori accertamenti (effettuati due settimane dopo), che avevano fatto emergere la pregressa frattura del terzo distale dell’ulna sinistra, un intervento chirurgico di riduzione con impianto di un chiodo.

I giudici nella sentenza avevano evidenziato come la frattura scomposta, refertata il 16 maggio 2014, fosse cosa diversa da quella, composta, che era già presente, benché non notata dal radiologo, il 30 aprile 2014, che il peggioramento della situazione era causa diretta dell’omessa diagnosi e che, seppure il tempo di guarigione della frattura originaria, ove diagnosticata ed immobilizzata, sarebbe stato all’incirca equivalente a quello servito in concreto per guarire dopo l’intervento, ciononostante l’errore del sanitario aveva determinato al paziente tutta una serie di ulteriori disagi quali il dolore al momento in cui la frattura si era scomposta, il fastidio successivo, la necessità di sottoporsi a un intervento chirurgico e l’impianto di un chiodo.

 

Il medico ricorre per Cassazione e obietta che le immagini dei raggi erano di pessima qualità

Il radiologo tuttavia ha proposto ricorso anche per Cassazione, obiettando, in particolare, che  le immagini radiografiche a sua disposizione sarebbero state sfocate e di scadente qualità, e che non si erano tenuti in considerazione gli errori di altri sanitari che avevano eseguito materialmente le radiografie, Insomma, la corte territoriale non avrebbe tenuto in alcun conto di questa scarsa qualità delle immagini radiografiche effettuate da sanitari diversi rispetto a ricorrente, che l’avrebbero indotto in errore circa la sussistenza/insussistenza della frattura: secondo il radiologo, il ruolo e la condotta di ciascuno al fine della ricostruzione del nesso causale sarebbero emersi se i giudici avessero nominato un perito, la mancanza del cui contribuito nel processo avrebbe determinato, ad avviso del ricorrente, una nullità, sia sotto il profilo della violazione del principio di affidamento nel corretto agire degli altri operatori sanitari sia anche sotto il profilo della mancata emersione di corresponsabilità in realtà esistenti.

Ancora, richiamata quella che sarebbe stata a suo dire la corretta interpretazione dell’art. 41, comma 2, cod. pen. in tema di cause sopravvenute e la nozione e la funzione del giudizio controfattuale, il medico lamentava anche il fatto che quest’ultimo non sarebbe stato neppure svolto nello specifico. A giudizio del radiologo, poi, i giudici d’appello non avrebbero valutato il grado della colpa che, secondo la sua tesi difensiva, sarebbe stato assolutamente lieve, anche perché, aveva altresì aggiunto, quel tipo di frattura sarebbe stata rara e caratterizzata da scarsa sintomatologia clinica. Infine si censurava la sentenza impugnata per carenza di motivazione quanto alla prova della esistenza del nesso causale e alla sussistenza di un “ragionevole dubbio”.

Ma la Cassazione ha respinto con forza il ricorso, che ha bollato come una “disorganizzata, imprecisa e ripetitiva raccolta di affermazioni astratte, non calate nel caso concreto, non sempre pertinenti (quanto al tema del giudizio controfattuale), talora meramente assertive, comunque incentrate sul tema della scarsa qualità delle immagini radiografiche, circostanza di fatto da cui discenderebbe, in tesi difensiva, la non responsabilità del medico e la responsabilità di altro operatore sanitario, ossia il tecnico di radiologia, e la mancata adozione di perizia da parte del giudice”.

Quanto all’aspetto della violazione di legge, proseguono gli Ermellini, “tra i vari temi introdotti o soltanto accennati nel ricorso di legittimità, l’unico che risulta veramente ammissibile, in quanto già previamente denunziato con l’atto di appello, è quello inerente la segnalata mancata applicazione dell’art. 590-sexies, comma 2, cod. pen., secondo cui, come noto, “qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.

 

L’erronea lettura di una radiografia configura la colpa grave

Al riguardo, tuttavia, la Suprema Corte condivide in pieno la spiegazione già fornita al riguardo dai giudici di appello sul perché non possa parlarsi nel caso di specie di colpa lieve, “essendosi in presenza di un errore non esecutivo ma diagnostico, consistente nella erronea lettura da parte di specialista radiologo della immagine radiologica, con conseguente mancata individuazione di una rima di frattura che era invece presente e visibile, erronea lettura che si è ritenuto essere stata causata da disattenzione ovvero da imperizia, entrambe espressamente qualificate di livello grave, situazione comunque non riconducibile alla selezione delle linee-guida da applicarsi al caso concreto” spiega la Suprema corte, ricordando infine anche come “la mancata effettuazione di un accertamento peritale non può costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., in quanto la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova “neutro”, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice”.

Dunque, ricorso rigettato e condanna del radiologo confermata.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Malasanità

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