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La complicanza durante un intervento di rimozione del pacemaker al Ca’ Foncello: troppo rischioso rimuovere i frammenti, uno di otto cm. La paziente chiede i danni

Vive ogni suo giorno come fosse l’ultimo. Non è una filosofia di vita mutuata dall’antico adagio, ma l’amaro destino di una appena sessantenne di Cassola, rimasta vittima di un errore medico durante un’operazione, pur di routine, all’ospedale di Treviso, a cui adesso ha deciso di chiedere i danni, incalcolabili, rivolgendosi a Studio3A.

Alla donna, seguita dal reparto di Cardiologia dell’ospedale di Bassano, dopo alcuni episodi di blocco atrio-ventricolare, nel 2018 era stato impiantato un pacemaker. All’inizio del 2021, di fronte a fondati sospetti di un’infezione della “tasca” del dispositivo in corso, in accordo con la paziente si era deciso di procedere alla sua sostituzione presso il Dipartimento Neuro-Cardio-Vascolare, struttura complessa di Cardiologia del Ca’ Foncello, un’eccellenza nel settore. 

La signora il 23 febbraio 2021 viene quindi ricoverata per l’intervento, effettuato il 24 febbraio, ma durante le operazioni finali (di contro-trazione) di estrazione dell’elettro catetere atriale questo si spezza: un frammento metallico di ben 6-8 centimetri, a forma di spirale, si conficca nell’arteria polmonare sinistra, appena al di sotto del bottone aortico; un altro più piccolo, di 3-4 cm, rimane attaccato all’auricola, sopra l’atrio del cuore. Tutto puntualmente documentato nel diario clinico medico. 

L’operazione viene interrotta a causa della “complicazione” e per valutare meglio il caso, ma dopo un consulto collegiale, preso atto che, per citare la cartella clinica, “la posizione distale del frammento di filamento di elettro-catetere rende la procedura di recupero a rischio di ulteriori complicanze”, i cardiochirurghi decidono di non procedere a ulteriori tentativi di estrazione e di non effettuare quindi altri interventi. 

L’indomani, 26 febbraio 2021, la paziente viene perciò dimessa con l’indicazione di terapia anti-aggregante con Asa per sei mesi. La sessantenne torna all’ospedale di Bassano per le medicazioni della ferita e per tutti i controlli del caso e qui i medici decidono di non re-impiantarle un altro pacemaker ma optano intanto per un loop recorder, un piccolo dispositivo per monitorare h24 il ritmo cardiaco e verificare la reale persistenza della brachicardia, e quindi la necessità o meno di un nuovo Pm: impianto che avviene, in sede parasternale sinistra, con successo, il 20 aprile 2021. I medici bassanesi, tuttavia, prendono atto delle conclusioni dei colleghi trevigiani circa il recupero dei filamenti del vecchio pacemaker, “giudicato a troppo elevato rischio e scarso vantaggio clinico”, e i frammenti rimangono lì.

Il problema è che la donna da più di un anno e mezzo deve convivere con questa spada di Damocle, neppure i dottori sanno come potranno “reagire” queste “spine” che non si trovano nel fianco, ma in una posizione vitale, nella regione cardiaca. Il risultato è che la paziente deve evitare qualsiasi tipo di sforzo, non può svolgere attività fisiche né ovviamente praticare sport, e, soprattutto, vive nell’ansia e nell’angoscia continua che questi pezzi di metallo possono all’improvviso migrare e ledere l’arteria: un danno morale ed esistenziale immenso, per il quale di recente la malcapitata ha deciso di dare battaglia per essere quanto meno risarcita.

La sessantenne, attraverso il consulente legale Alessio Rossato, per essere assistita si è affidata a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, che ha già acquisito tutta la documentazione medica disponibile, l’ha sottoposta per l’opportuno vaglio ai propri consulenti tecnici medico legali e ora procederà con una richiesta danni nei confronti dell’Asl 2 della Marca Trevigiana.

Caso seguito da:

Alessio Rossato

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Categoria:

Malasanità

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