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Per chiedere l’indennizzo dei danni da reazione avversa ai vaccini è necessario avere la certezza non solo del nesso causale tra le patologie lamentate e la somministrazione del farmaco vaccinale, ma anche della indennizzabilità della domanda, e pertanto il termine di prescrizione non può decorrere da prima che si sia avuta quest’ultima contezza. A stabilire questo principio è stata la Corte Costituzionale con la sentenza n. 325 del 2023 su “input” della Cassazione e di un caso di cui si era trovata a giudicare la Suprema Corte che ora, sulla scorta del pronunciamento della Consulta, con l’ordinanza n. 30752/23 depositata il 6 novembre 2023, ha potuto finalmente chiudere il cerchio dando ragione ai danneggiati.

Bambina subisce gravissimi danni a causa del vaccino contro il morbillo e viene indennizzata

Con sentenza del 2015, la Corte d’appello di Milano aveva (già) rigettato l‘impugnazione proposta dal Ministero della Salute nei confronti dei genitori di una bambina avverso la sentenza di primo grado che lo aveva condannato, per i gravissimi danni subiti dalla piccola da reazione avversa collegata alla somministrazione del vaccino trivalente (anti-morbillo, parotite e rosolia), alla corresponsione dell‘indennizzo previsto dalla legge per le patologie della I categoria della tabella A allegata al d.P.R n. 834 del 1981, a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda, nonché ad erogare l’ulteriore indennizzo previsto dalla legge n. 229 del 2005  (consistente in un assegno vitalizio di importo pari a sei volte quello percepito dal danneggiato ai sensi della legge n. 210 del 1992 ed all’importo aggiuntivo una tantum corrispondente al 30 per cento per ogni anno, dell’indennizzo dovuto ai sensi della legge n. 210 del 1992, per il periodo compreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento del beneficio).

Il Ministero della Salute appella la sentenza sostenendo che il diritto al risarcimento è prescritto

La Corte territoriale aveva rigettato il motivo d’impugnazione basato sul decorso del termine triennale per la presentazione della richiesta risarcitoria previsto dall’art. 3, comma 1, I. n. 210 del 1992, essendo stata presentata la domanda il 22 giugno 2010, a fronte della conoscenza del danno e del nesso di causalità intercorrente tra vaccinazione e danno collocabile temporalmente alla data del 5 luglio 2002, quando i genitori ebbero conoscenza della diagnosi di encefalopatia post vaccinica.

I giudici di seconde cure avevano così confermato la sentenza del Tribunale la quale aveva dato atto che il 15 giugno 2012 il Ministero aveva riconosciuto il nesso causale tra il vaccino inoculato e la patologia indicata in ricorso e che la natura assistenziale del diritto in questione ne determinava l’imprescrittibilità e la operatività della decadenza limitatamente al triennio antecedente alla presentazione della domanda; conseguentemente, aveva riconosciuto il diritto a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda e cioè dal 1 luglio 2010.

Il Ministero della Salute tuttavia ha proposto ricorso anche per Cassazione tornando a lamentare, con l’unico motivo di doglianza, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992 in quanto la sentenza impugnata non aveva tenuto conto del fatto che la domanda di indennizzo sarebbe stata presentata tardivamente rispetto al termine perentorio di tre anni previsto dalla citata disposizione, decorrente dal momento in cui gli interessati acquisiscono conoscenza del danno e del nesso d causalità intercorrente tra la vaccinazione ed il danno.

Il ricorrente ha rilevato che la somministrazione del vaccino era avvenuta il 19 marzo 2002 ed a distanza di 11 giorni la bambina aveva mostrato disturbi della deambulazione con disequilibrio e perdita delle forze dell’arto inferiore e superiore sinistro, accompagnata da sonnolenza, irritabilità, ridotto interesse per il contesto e regressione del linguaggio. Da tali sintomi, a seguito di ricovero e ripetuti esami, era derivata la diagnosi di encefalopatia post vaccino, come attestato dalla scheda di dimissioni del 5 luglio 2002. E nel giugno del 2003, la Commissione per l’accertamento degli stati di invalidità civile aveva accertato la totale invalidità con la medesima diagnosi; di qui dunque, secondo il Ministero, il determinarsi della definitiva decadenza del diritto, in coerenza con quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 342 del 2006 e dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 7240 del 2014).

 

La Suprema Corte solleva questione di legittimità sull’articolo di legge relativo alla prescrizione

La Suprema Corte aveva già affrontato la questione e, all’esito della pubblica udienza del 14 dicembre 2021, con l’ordinanza interlocutoria n. 1308 del 2022, aveva disatteso l’eccezione di inammissibilità del motivo di ricorso rilevato dai genitori contro-ricorrenti e dalla stessa Procura generale, sulla base della considerazione che l’interpretazione dell’art. 3, comma 1, I. n. 210 del 1992 propugnata dal ricorrente, qualora condivisa, avrebbe privato di base normativa il ragionamento adottato dalla sentenza impugnata, senza con ciò interferire in alcun modo con l’accertamento in fatto dei presupposti storici della concreta fattispecie. E i giudici del Palazzaccio avevano dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, I. n. 210 del 1992 per violazione degli artt. 2, 3, 32 e 38 della Costituzione, nella parte in cui non prevede(va) limiti all’effetto decadenziale delle prestazioni in oggetto e per l’effetto aveva sospeso il giudizio di legittimità.

La Consulta stabilisce che il termine non decorre prima della conoscenza dell’indennizzabilità

Nel frattempo tuttavia è intervenuta la sentenza n. 35 del 2023 depositata il 6 marzo 2023 della Corte Costituzionale che, esaminando il caso, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nella parte in cui, al secondo periodo, dopo le parole “conoscenza del danno”, non prevede anche “e della sua indennizzabilità”.

La Consulta ha cioè chiarito che, per poter presentare la domanda, bisognava avere anche la certezza che essa potesse essere accolta, certezza che non vi era prima che la stessa Corte Costituzionale non avesse dichiarato, con la sentenza n. 107 del 2012, la illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge n. 210 del 1992, nella parte in cui non prevedeva l’indennizzabilità del danno cagionato dalla vaccinazione contro il morbillo, la parotite e la rosolia in quanto non obbligatoria, così come poi fa fatto per altre vaccinazioni non obbligatorie la fortemente raccomandante.

Forte di questo pronunciamento, la Cassazione rigetta le doglianze del Ministero

Ora dunque, sulla scorta di questo pronunciamento, la Cassazione ha potuto rigettare l’unico motivo di ricorso. La Suprema Corte ha premesso come fosse già stato ritenuto incontrovertibile, “perché pacifico tra le parti ed appurato dalla sentenza impugnata”, che la piena consapevolezza del danno subito dalla minore e della sua derivazione causale dal vaccino fosse effettivamente presente sin dal 5 luglio 2002, mentre la domanda amministrativa era stata presentata il 22 giugno 2010, quando i tre anni previsti dall’art. 3, comma 1, I. n. 210 del 1992 erano certamente decorsi.

 

Il danneggiato deve aver acquisito la consapevolezza dell’azionabilità del diritto all’indennizzo

Ma, aggiungono gli Ermellini, con sentenza n. 35 del 2023 la Corte Costituzione, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, nella parte in cui, come detto, al secondo periodo, dopo le parole «conoscenza del danno», non prevede «e della sua indennizzabilità». Dunque, alla luce dell’intervento della Consulta, “non vi è dubbio che nessun termine decadenziale poteva iniziare a decorrere prima della sentenza della Corte Costituzionale n. 107 del 2012 – proseguono i giudici del Palazzaccio – La Corte Costituzionale, sottolineate le esigenze di solidarietà sociale e di tutela della salute del singolo, poste a fondamento della disciplina introdotta dalla legge n. 210 del 1992, ha ritenuto che la conoscenza del danno, che segna il dies a quo del triennio per la presentazione della domanda amministrativa, suppone che il danneggiato abbia acquisito consapevolezza non soltanto dell’esteriorizzazione della menomazione permanente dell’integrità psico-fisica e della sua riferibilità causale alla vaccinazione, ma anche della sua rilevanza giuridica, e quindi dell’azionabilità del diritto all’indennizzo”.

Nello specifico, dunque, il diritto non poteva essere prescritto

Pertanto, prosegue la Cassazione riportando la sentenza della Consulta, “l’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, ove dispone che il termine di tre anni per la presentazione della domanda, pur a fronte di una prestazione indennitaria “nuova”, ovvero di una “nuova” categoria di beneficiari, aggiunta dalla sentenza di illegittimità costituzionale, decorra comunque dal pregresso momento di conoscenza del danno, pone una limitazione temporale che collide con la garanzia costituzionale del diritto alla prestazione, ne vanifica l’esercizio e, in definitiva, impedisce il completamento del “patto di solidarietà” sotteso alla pronuncia additiva. L’impossibilità di presentare la domanda volta all’indennizzo dei danni da vaccinazione contro il morbillo, la parotite e la rosolia in un periodo precedente alla pubblicazione della sentenza n. 107 del 2012, così come resa evidente dalla previsione del termine decadenziale di cui al censurato art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, si pone in contrasto con i richiamati artt. 2 e 32 Cost. E anzi, alla compressione del diritto a ottenere l’indennizzo nella fase antecedente alla sentenza n. 107 del 2012 si unisce l’illogica pretesa che gli interessati rispettassero un termine per la proposizione di una domanda relativa a un indennizzo per il quale, al momento in cui ebbero conoscenza del danno, non avevano alcun titolo. L’effettività del diritto alla provvidenza dei soggetti danneggiati da vaccinazioni impone, pertanto, di far decorrere il termine perentorio di tre anni per la presentazione della domanda, fissato dall’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, dal momento in cui l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza dell’indennizzabilità del danno. Prima di tale momento, infatti, non è possibile che il diritto venga fatto valere, ai sensi del principio desumibile dall’art. 2935 cod. civ. […]”

In conclusione, dall’applicazione della nuova formulazione dell’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992 alla fattispecie oggetto di causa, “discende con chiarezza che nessuna decadenza può essersi realizzata, giacché la domanda di riconoscimento del diritto ha preceduto il momento in cui, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 107 del 2012, la lesione subita è divenuta oggettivamente indennizzabile”.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Malasanità

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