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La tempistica di quella che comunemente e per estensione viene chiamata “causa“, ossia il processo in tribunale, è uno dei temi sempre attuali nel mondo della giurisdizione. Per ottenere una sentenza, se la si guarda dal punto di vista di un non addetto ai lavori, può passare anche più di qualche anno: molto, troppo tempo per gli assistiti, che si aspettano sempre una giustizia celere, non capacitandosi del perché si necessiti di una dilatazione nel tempo così elevata ed ampia e, soprattutto, non comprendendone al meglio le reali motivazioni e giustificazioni.

L’obiettivo quando ci si riferisce ad un professionista è quello di risolvere il proprio contenzioso rapidamente, ma in realtà sono necessarie diverse fasi per ottenere una sentenza definitiva ed entrare attivamente nel mondo di tutti questi complessi passaggi non è affatto semplice.

C’è da dire, però, che l’Italia negli ultimi anni ha sempre ricoperto le ultime posizioni a livello europeo per quanto concerne la lentezza della giustizia civile – ossia quando un soggetto ritiene che un proprio diritto sia stato leso da un’altra persona -, ma con il Pnrr l’obiettivo prefissato era di invertire il trend.

Pnrr e riforma del processo civile

Il progetto varato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per la riforma della giustizia civile ha proprio come scopo di migliorare l’efficienza e la competitività del processo, mirando a ridurre i tempi di svolgimento del giudizio e il carico pendente, specialmente tramite un riassetto dei tre gradi – primo, appello e ricorso in cassazione. La riforma, si legge sul sito del Ministero della Giustizia, interverrebbe: “sul primo grado, ampliando le ipotesi di competenza del giudice monocratico e concentrando tutte le attività processuali nella prima udienza di comparizione e trattazione della causa; sul giudizio d’impugnazione, potenziando il filtro dell’ammissibilità in appello; sul giudizio di legittimità, con l’introduzione dell’istituto del Rinvio pregiudiziale in Cassazione, il cui effetto deflattivo va individuato nel coinvolgimento anticipato della Suprema Corte nella soluzione di dubbi interpretativi; sugli istituti di risoluzione alternativa delle controversie, quali la mediazione, la negoziazione assistita e l’arbitrato, attraverso l’estensione del loro ambito di applicabilità”. L’obiettivo concordato dall’Italia è di ridurre, rispetto al 2019, del 40 per cento i tempi entro il 2026.

Il disposition time

Nel calcolo dei tempi il Pnrr utilizza il “disposition time“, un indicatore utilizzato a livello europeo che misura il tempo medio prevedibile di definizione dei procedimenti confrontando lo stock di pendenze alla fine dell’anno con il flusso dei procedimenti definiti nell’anno. Non si misura quindi l’effettiva durata, bensì la previsione. Il 40 per cento di riduzione citato precedentemente riguarda il disposition time complessivo di tutti e tre i gradi di giudizio della giustizia italiana.

I dati del 2022: tempi diminuiti, ma tutto varia in base al territorio

Prendendo d’esame i tempi medi delle cause civili in tribunale dello scorso anno si nota una diminuzione del 4,2% rispetto al 2019. Un ottimo dato a primo impatto, se non fosse che, scavando più a fondo, vengono evidenziate delle importanti variazioni territoriali: in circa un quinto delle sedi, infatti, la durata è addirittura aumentata, e di oltre il 10 per cento. I più veloci e virtuosi in termini assoluti sono Aosta e Ferrara, con una media di poco più di 200 giorni, sino però ad arrivare agli oltre tre anni di Isernia e Vallo della Lucania.

Se si va a valutare il disposition time, invece, si è passati dai 2512 giorni del 2019 ai 2215 del 2022, un calo dell’11,8%. E’ la cassazione a “guidare” questa speciale classifica di miglioramenti davanti agli altri gradi, con un 18,4% di tempo in meno, da 1302 giorni a 1063.

I problemi principali: arretrato e organico

Il sistema, in linea generale, presenta ancora dei problemi e uno di questi è certamente rappresentato dallo smaltimento dell’arretrato, ossia tutti i procedimenti civili pendenti da oltre tre anni in primo grado e da oltre due anni in appello, per i quali si è addirittura a rischio risarcimento per eccessiva durata. Spesso infatti a rallentare non è la gestione dei nuovi procedimenti, quanto piuttosto le vecchie cause, rimaste pendenti per le defezioni (specie a livello organico) antecedenti.

Stando nuovamente ai target del Pnrr e tenendo come baseline i valori del 2019, la riduzione nel settore civile dovrebbe essere del 65% in tribunale e del 55% in corte di appello entro il 2024 e del 90% in Tribunale e Corte di Appello entro giugno 2026. I dati vanno – come sempre – presi con le pinze e ben contestualizzati, essendo solo all’inizio di questo processo e soprattutto in attesa degli effettivi contributi degli interventi di potenziamento degli uffici del processo.

La gestione di questi contenziosi, infatti, è dipendente anche dall’organico presente nei tribunali. Con la scorsa legislatura, non a caso, erano stati potenziati l’ufficio del processo e lo staff di supporto al giudice, ottenendo personale tramite un maxi concorso. I nuovi addetti, però, hanno incarichi a termine e la loro stabilizzazione non è certa. Il turn over in certi ambiti è quasi selvaggio, con un ricambio che gioco forza porta rallentamenti dovuti alla formazione e all’inserimento delle nuove risorse, che devono essere sempre adeguatamente istruite per trattare una materia di tale calibro.

Non sempre però ad un alto numero di personale corrisponde efficenza. E’ il caso di Nocera Inferiore, dove è presente un solo magistrato ogni 12mila abitanti circa (dato decisamente emblematico), ma che, nonostante ciò, ha ridotto i tempi medi del 4,4% (una media comunque di 811 giorni), pur avendo magistrati con ruoli di duemila cause.

Gli obiettivi saranno raggiunti?

In generale, ciò che filtra è che gli obiettivi posti dal Pnrr siano difficilmente raggiungibili entro i tempi prestabiliti, specialmente a causa di questi grattacapi passati che pesano come zavorre sui tentativi di riforma. In qualche modo, però, bisognerà pur cominciare e il dato impietoso che vede l’Italia penultima nell’Unione Europea per la lunghezza delle cause della giustizia civile e per i tempi dei tre gradi di giudizio in tribunale (riferito al 2021), davanti solo a Cipro, va obbligatoriamente mutato in meglio, in un modo o nell’altro.

Scritto da:

Dott. Andrea Biasiolo

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