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Chiuse le indagini della Procura sul decesso dell’88enne Maria Calafiore, uscita come nulla fosse dalla Residenza Sant’Antonio di Francofonte e caduta rovinosamente sulla scalinata di accesso: dall’inchiesta è emersa la totale mancanza di controlli e dispositivi di sicurezza
Nessuna vigilanza all’ingresso per controllare gli spostamenti degli ospiti, non vi è neppure una reception; nessun dispositivo di sicurezza sulla porta, poteva aprirla chiunque; una sola operatrice per badare a cinque anziani bisognosi di assistenza nonché a tutto il resto, pulizie e preparazione di pranzi e cene. E’ questa situazione di totale disorganizzazione, sotto organico, e deregulation che ha determinato il tragico ed evitabile decesso dell’ottantottenne Maria Calafiore, ricoverata nella Residenza Sant’Antonio, a Francofonte (Sr), dopo una rovinosa caduta dalla scalinata esterna, ma ora la responsabile della casa di riposo sarà chiamata a risponderne. Nei giorni scorsi il Pubblico Ministero della Procura di Siracusa, dott.ssa Silvia D’Armento, che ha aperto un procedimento penale riscontrando l’esposto della figlia dell’anziana, rivoltasi a Studio3A, ha infatti inviato all’indagata, A. P. R., 54 anni, di Lentini, l’avviso di conclusione delle indagini preliminari che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, per l’ipotesi di reato di omicidio colposo.
Il fatto, come ricostruito dalle indagini dei carabinieri di Francofonte, che hanno raccolto le testimonianze, tra le altre, dell’unica inserviente in servizio al momento nella struttura, di una collega sopraggiunta poco dopo a darle il cambio, del gestore e di alcuni avventori del chiosco antistante la Rsa, si è verificato alle 6.45 del 23 novembre 2020. La signora Calafiore, che prima di essere ricoverata in casa di riposo risiedeva nella stessa Francofonte, era ancora abbastanza lucida e presente e godeva di buona salute, ma aveva cominciato a manifestare sintomi di demenza senile e sempre più evidenti difficoltà di deambulazione e deficit di equilibrio: da un po’ di tempo era affetta da vertigine cronica, come ha chiarito il suo medico di base che l’aveva visitata un mese prima per somministrarle il vaccino antinfluenzale. Insomma, la 88enne non era più del tutto autosufficiente, di qui la decisone dei familiari, perché fosse assistita adeguatamente, di affidarla alle cure della Residenza Sant’Antonio, che fa capo alla Residenza Oberdan Società Cooperativa Sociale Onlus, dietro il pagamento di una retta di 600 euro al mese.
Quel mattino l’operatrice in servizio, peraltro generica, che aveva svolto il turno notturno, una oggi 46enne di Francofonte, poco dopo le 6.30 ha portato al bagno e lavato l’anziana accompagnandola in sala da pranzo per la colazione e l’ha quindi lasciata lì da sola tornando nella camera per compiere le stesse operazioni con la sua compagna di stanza. Quando l’inserviente è tornata in refettorio con l’altra degente, però, non ha più visto la signora Calafiore e, guardandosi attorno, ha notato la porta d’ingresso, che chiunque poteva aprire, socchiusa. E’ corsa fuori, ma ormai era tardi: l’ottantottenne era uscita, aveva iniziato a scendere la scalinata che conduce all’edificio ed era scivolata rotolando giù fin quasi agli ultimi gradini, restando esanime a terra. Tanto per completare il quadro di “dissesto”, anche quella scala, secondo un tecnico interpellato dagli inquirenti, risultava in stato di totale abbandono, mancavano diversi pezzi di marmo e non erano in alcun modo rispettate le norme prescritte: nessuna barra antiscivolo, nessun pianerottolo intermedio, rapporto tra alzata e pedata irregolare. Insomma, una scalinata non idonea a essere fruita in sicurezza, un’insidia per tutti.
L’operatrice e la collega che alle 7 è arrivata a darle il cambio si sono subito rese conto della gravità della situazione, l’anziana era una maschera di sangue. E mentre le due assistenti chiamavano la responsabile della casa si riposo per chiedere il da farsi, un avventore del vicino chiosco, che aveva sentito le urla, visto cos’era successo ha allertato il 118. La quasi novantenne è stata trasportata in ambulanza all’ospedale di Villa Salus, a Melilli, ma non è riuscita a superare il grave trauma cranico con emorragia celebrale subìto a causa della rovinosa caduta, unitamente a svariate altre lesioni tra cui la frattura della mandibola: dopo due giorni di agonia, il 25 novembre, Maria Calafiore è spirata.
Sconvolta dalla tragica notizia, non riuscendo a capacitarsi di come la madre potesse essere uscita tranquillamente da sola da una casa di riposo e ancora più perplessa per le risposte poco chiare ed evasive che le erano state fornite dalla struttura, dove peraltro inizialmente avevano pure minimizzato sulla gravità dell’incidente, alla sua richiesta di avere maggiori informazioni sulla dinamica dell’accaduto, la figlia della vittima, per fare piena luce sui fatti e ottenere giustizia, attraverso i consulenti legali Armando Zamparo e Salvatore Agosta, si è affidata a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, con la collaborazione per la parte penale dell’Avv. Laura Milazzo, ed è stata presentata una denuncia querela per omessa custodia nei confronti della Residenza Sant’Antonio che aveva l’obbligo, prima di tutto contrattuale, di adottare tutte quelle misure di sicurezza e vigilanza sufficienti e necessarie a evitare ogni situazione o stato di pericolo e di garantire l’incolumità dell’ospite. Nell’atto si chiedeva all’autorità giudiziaria di fare chiarezza sulla fatale caduta e di accertate tutte le responsabilità.
Riscontrando la richiesta, la Procura siracusana, tramite la dott.ssa D’Armento, ha dunque aperto un fascicolo iscrivendo inizialmente nel registro degli indagati sia l’operatrice di turno al momento dell’incidente sia, ovviamente, la responsabile della Rsa. Per la prima, tuttavia, il magistrato ha chiesto l’archiviazione e la sua posizione è stata stralciata, proprio perché, come scrive il Pm, “la struttura era totalmente priva di dispositivi di sicurezza e di controllo degli anziani ospiti e per ogni turno era presente una sola assistente che doveva svolgere diverse funzioni”. Oltre al fatto che l’indagata aveva le mansioni di assistente generica, “l’adempimento dell’obbligo di vigilare sulla paziente e sugli altri ospiti, per prevenire eventuali sinistri, nel caso di specie era inesigibile, trovandosi da sola all’interno della struttura e dovendo adempiere altresì a una serie diversificata di mansioni connesse alle esigenze primarie (anche) degli altri ospiti, che evidentemente non le consentivano di mantenere un controllo continuativo e generalizzato su tutti gli anziani presenti” aggiunge il Pm: doveva vigilare su di loro durante la notte, preparare la colazione, prestare assistenza a ciascun anziano che avesse bisogno di andare al bagno o di essere lavato, “con la conseguenza che, in tali circostanze, gli altri degenti restavano sprovvisti di vigilanza“.
Tutt’altro discorso invece per la titolare della struttura, su cui invece, ricorda il magistrato, “grava l’obbligo di provvedere alla gestione degli ospiti e quindi anche al controllo delle fonti di pericolo per la loro incolumità, predisponendo sistemi di vigilanza e di sicurezza idonei allo scopo e assumendo personale quantitativamente e qualitativamente adeguato”. Per A. P. R., non solo il procedimento va avanti ma le è stato anche notificato, come detto, l’avviso di conclusione indagini, confermando l’imputazione di omicidio colposo. “In qualità di responsabile della Casa di riposo Sant’Antonio – scrive il magistrato nell’atto –, e come tale preposta alla gestione dei degenti rispetto alle ordinarie esigenze di vita comprendenti anche il controllo sulle fonti di pericolo per la loro incolumità fisica, per colpa consistita in imprudenza, imperizia e negligenza e, in particolare, omettendo di predisporre ogni cautela necessaria ad evitare i suddetti pericoli, nonché di vigilare sugli anziani ospiti mediante dispositivi di sorveglianza e di sicurezza volti ad evitarne l’allontanamento dalla struttura, cagionava la morte di Maria Calafiore, di 88 anni, la quale, dopo essere uscita indisturbata dalla struttura, cadeva rovinosamente per le scale di accesso all’edificio riportando lesioni gravissime che ne determinavano il decesso”. Ora i familiari della vittima, e con loro Studio3A, attendono non ansia i conseguenti provvedimenti da parte del magistrato per poter finalmente rendere un po’ di giustizia alla loro cara.
Caso seguito da:
Armando Zamparo
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