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Se il titolare di un’attività (di una certa dimensione) ha espressamente delegato un proprio collaboratore quale responsabile a svolgere una specifica funzione, in caso di violazioni e reati ne risponderà (solo) quest’ultimo. E’ questo il punto più interessante della sentenza n. 26781/23 depositata il 21 giugno 2023 con la quale la Cassazione, terza sezione penale, ha definitivamente condannato un cuoco.

 

Cuoco di un agriturismo condannato per aver venduto cibi in cattivo stato di conservazione

Con sentenza del 17 gennaio 2022 il tribunale di Termini Imerese aveva condannato alle pene di legge un cuoco perché, in qualità di responsabile della gestione della cucina di un agriturismo, aveva messo in vendita alimenti e bevande in cattivo stato di conservazione. L’imputato aveva appellato la decisione ma la Corte d’appello di Palermo aveva qualificato l’appello come ricorso per Cassazione trasmettendolo quindi alla Suprema Corte con ordinanza del luglio 2022.

L’imputato ricorre per Cassazione asserendo di essere solo un “aiuto cuoco”

Il legale del cuoco contestava in primo luogo l’accertamento di responsabilità, sotto il duplice profilo della mancata verifica della “cattiva conservazione” degli alimenti e della possibilità di ascrivere la responsabilità all’imputato che, secondo la tesi difensiva, sarebbe stato in realtà solo un aiuto cuoco. Nel ricorso si lamentava poi l’omessa pronuncia sulla richiesta di proscioglimento ai sensi dell’art. 131-bis c.p., l’eccesso di pena e la “dannosa” applicazione dei doppi benefici di legge in presenza di una pena pecuniaria.

La Cassazione tuttavia ha rigettato come infondata la prima e centrale doglianza. Quanto all’accertamento di responsabilità, gli Ermellini evidenziano come dal verbale di controllo dei Nas nei locali dell’agriturismo fosse chiaramente emersa la non idonea conservazione degli alimenti freschi e congelati, inseriti in buste o contenitori non per alimenti, parzialmente aperti, in promiscuità, invasi da ghiaccio e con segni evidenti di bruciature da freddo. Correttamente dunque, secondo la Suprema Corte, il Tribunale di Termini Imerese aveva ascritto tale condotta all’imputato, in qualità di responsabile della cucina come da delega del titolare dell’esercizio.

 

Il cuoco aveva ricevuto la delega di responsabile della cucina dal titolare dell’agriturismo

È pacifico in giurisprudenza – chiariscono i giudici del Palazzaccio – che il legale rappresentante di una società non è responsabile del reato in contestazione quando le dimensioni dell’attività siano tali da consentire l’individuazione di separate articolazioni con specifici responsabili, mentre è responsabile se le dimensioni dell’attività siano ridotte. È altresì pacifico che l’eventuale delega non richieda la forma scritta”. In altri termini, spiega la Cassazione, “è sempre possibile la delega di funzioni, scritta o addirittura orale, che, nelle organizzazioni di grandi dimensioni, esclude in radice la responsabilità del delegante in favore del delegato, mentre nelle organizzazioni più piccole vede una concorrenza di responsabilità del delegante e del delegato”.

Nel caso in esame, a prescindere quindi dalla posizione del delegante, “ciò che conta è che il delegato è certamente responsabile proprio in virtù della delega che lo vedeva responsabile della cucinaasserisce la Suprema Corte. Peraltro, anche se la delega del datore di lavoro sia invalida, “ciò non esclude la responsabilità del delegato che abbia svolto di fatto le funzioni delegate” puntualizza ulteriormente la Cassazione.

 

Non rileva che fosse cuoco o aiuto cuoco, ma che fosse stato delegato dal legale rappresentante

In questo contesto, pertanto, non rileva, secondo gli Ermellini, la considerazione della difesa dell’imputato secondo cui non era stata effettuata alcuna verifica sulle capacità o idoneità tecniche del cuoco a fondare la colpa della condotta illecita ascrittagli. “Il giudice – rimarca la Cassazione – ha accertato in fatto che (omissis) era cuoco o aiuto cuoco, ma comunque responsabile della cucina come da contratto e da delega scritta acquisiti dai Nas. La difesa non si è confrontata con tale motivazione, ma ha offerto una spiegazione alternativa sul presupposto che fosse un aiuto cuoco senza una competenza tecnica specifica per l’osservanza delle disposizioni in materia di conservazione degli alimenti, ignorando quindi del tutto la parte di sentenza in cui il tribunale ha chiarito che l’imputato aveva la specifica delega alla manutenzione, conservazione, manipolazione degli alimenti ed era altresì titolare degli obblighi di autocontrollo degli alimenti ai fini della responsabilità civile e penale”.

La Cassazione ha rigettato anche i motivi di doglianza relativi all’entità della pena e alla concessione dei doppi benefici, mentre, per la cronaca, ha ritenuto fondato (l’unico) il secondo motivo di ricorso circa l’omessa valutazione da parte del tribunale della specifica richiesta della applicazione della causa di non punibilità dell’art. 131-bis. La sentenza impugnata è stata pertanto annullata con rinvio a tribunale di Termini Imerese, in persona di altro giudice, ma solo limitatamente a quest’ultimo punto,  “mentre per il resto – conclude la Cassazione -, il ricorso deve ritenersi inammissibile con conseguente irrevocabilità dell’accertamento di responsabilità penale ai sensi dell’art. 624 c.p.p.”.

 

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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