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Neanche la consanguineità, come la coabitazione, è conditio sine qua non per poter rivendicare un risarcimento in caso di perdita della persona cara a causa di un fatto illecito. Merita di essere segnalata una recente sentenza, la n. 4176/21, con cui il Tribunale di Torino (in foto), sesta sezione civile, ha tratto le logiche conseguenze di un orientamento giuridico sempre più diffuso e ormai radicato, secondo cui ciò che rileva veramente per l’accoglimento di un’istanza risarcitoria è l’effettiva relazione affettiva. E per questo ha accolto la richiesta danni di una nuora per la morte a causa di un incidente stradale del suocero a cui era particolarmente legata.   

Una causa civile per il risarcimento del danno per la perdita di un proprio caro per un sinistro

Il figlio della vittima e la moglie, anche come genitori del loro figlio, il nipote, avevano citato in causa la proprietaria, il conducente e la compagna di assicurazione del mezzo pesante che aveva causato il tragico sinistro in seguito al quale aveva perso la vita il loro caro, investito mentre procedeva in bicicletta il primo marzo 2017 a Nichelino.

L’assicurazione ritiene insussistenti i presupposti di una domanda da parte della nuora

Pacifica l’esclusiva responsabilità del conducente del veicolo nella causazione del sinistro, l’oggetto della causa verteva essenzialmente sulla quantificazione del danno, in generale, e sulla sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del danno non patrimoniale alla nuora. La compagnia assicurativa, costituitasi in giudizio, chiedeva infatti il rigetto integrale delle pretese azionate da quest’ultima, state l’assenza di un legame parentale con la vittima primaria e la mancata convivenza con quest’ultimo.

I giudici invece accolgono in pieno la richiesta

Ma i giudici torinesi hanno dato torto su tutta la linea alla compagnia. “In relazione al danno non patrimoniale richiesto dai congiunti iure proprio – recita la sentenza – è oramai acquisito il principio per il quale ai prossimi congiunti del soggetto, vittima primaria, che abbia subito lesioni personali seriamente invalidanti o, come nel caso di specie, sia deceduta a causa del fatto illecito altrui, spetta anche il risarcimento del danno non patrimoniale concretamente accertato in relazione ad una particolare situazione affettiva con la vittima, non essendo ostativo il disposto dell’art. 1223 c.c., in quanto anche tale danno trova causa immediata e diretta nel fatto dannoso”.

 

Il legame di stretta parentale e la coabitazione con la vittima non sono conditio sine qua non

Con specifico riguardo al rapporto tra nuora e suocero (o suocera), il Tribunale torinese richiama le sentenze n. 18069/2018 e n. 21230/2016 della Cassazione, nella quali viene ribadito il principio per cui in caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, proposta “iure proprio” dai congiunti della vittima di un illecito ai sensi dell’art. 2059 c.c., “questi ultimi devono provare l’effettività e la consistenza della relazione affettiva, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di sussistenza, ma può (semmai, ndr) costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l’azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno o dalla nuora o dal genero”.

Una decisione a cui la Suprema Corte perviene nella convinzione che non sia condivisibile “limitare la “società naturale”, cui fa riferimento l’art. 29 Cost., all’ambito ristretto della sola cosiddetta famiglia nucleare”, ragion per cui “il rapporto non di stretta parentela, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, non può essere ancorato alla sola convivenza, con esclusione automatica, nel caso di non sussistenza della stessa, della possibilità per tali congiunti di provare in concreto la sussistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e di solidarietà con il familiare defunto”.

 

Ciò che conta per riconoscere il danno non patrimoniale è l’intensità del rapporto affettivo

I giudici piemontesi concludono pertanto che “l’assenza di un rapporto di stretta parentela tra nuora e suocero (affini ai sensi dell’art. 78 cod. civ.) non è, dunque, di per sé ostativa al riconoscimento del danno non patrimoniale subito dalla nuora per la perdita del suocero laddove, al di là del rapporto di convivenza – che può costituire o meno un elemento da valutare per l’accertamento della sussistenza di una solida e duratura relazione affettiva – risulti dimostrato il pregresso ed effettivo reciproco vincolo di affetto familiare e l’intensità del legame affettivo”.

L’individuazione dei soggetti a cui riconoscere il risarcimento del danno per perdita del prossimo congiunto, prosegue la sentenza, “può, pertanto, prescindere sia dal rapporto di stretta parentela, sia da un rapporto di convivenza, potendo assumere giuridica rilevanza ai fini della tutela risarcitoria anche il rapporto nonno/nipote o suocero/nuora (o genero), allorché risulti provata l’effettiva consistenza della relazione affettiva, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può eventualmente (a seconda dei casi) costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità”.

Il danno da perdita del rapporto parentale, infatti, viene a configurarsi come un “danno di natura non patrimoniale che un soggetto subisce in conseguenza dell’attività illecita posta in essere da un terzo ai danni di altra persona legata alla prima da un rapporto di natura familiare e/o affettiva ed è integrato non solo dallo stravolgimento di un sistema di vita che trovava le sue fondamenta nell’affetto e nella quotidianità di tale rapporto ma anche dalla sofferenza interiore derivante dal venir meno dello stesso”.

 

Danno assimilato a quello del figlio per la perdita del genitore, con opportuni correttivi

Non solo. Nella quantificazione del danno, tenuto conto del particolare e provato rapporto di affettività che intercorreva tra la nuora e il suocero, il Tribunale ha adottato i parametri tabellari previsti per i figli per la perdita del padre, sia pure ridotti. “Ai fini della quantificazione del danno – spiegano i giudici –, in assenza di parametri tabellari ad hoc, considerata la specificità del caso concreto, ossia il rapporto di sostanziale convivenza, l’assenza per la nuora di entrambe le figure genitoriali, l’assistenza quotidianamente prestata dal suocero nella cura e gestione della figlia minore, si ritiene di poter assimilare il rapporto in esame a quello tra genitore e figlio, che maggiormente si avvicina al rapporto che nel caso di specie si era instaurato tra le parti”.

Se il parametro di riferimento può essere dunque quello minimo previsto dalle Tabelle Milanesi per la perdita di un genitore, il tribunale ritiene tuttavia di “adeguarlo opportunamente” alla “indubbia diversità” del rapporto tra suocero e nuora rispetto a quello tra padre e figlia che, “seppur assimilabili non sono del tutto coincidenti, anche laddove si consideri la sussistenza di un legame affettivo forte e duraturo”. Infatti, fanno notare i giudici, il rapporto tra nuora e suocero inizia con l’insorgere della relazione sentimentale tra il figlio e la (futura) nuora e ha, dunque, inevitabilmente una durata pregressa molto più limitata nel tempo rispetto a quello tra padre e figlio, “che inizia con la nascita e ha indiscutibilmente connotati del tutto diversi”.

Apportando dunque gli opportuni correttivi e riducendo l’importo tabellare di 168.250 del 60%, alla nuora è stati riconosciuta la somma di  67.300 euro “da ritenersi equa per la perdita subita.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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