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La questione della soggettiva prevedibilità o meno della condotta colposa della vittima, in particolare da parte del custode, non entra affatto nella struttura logica e giuridica della fattispecie del caso fortuito, la quale opera esclusivamente sul piano oggettivo e causale. E’ un’ordinanza particolarmente interessante in tema di danno da cose in custodia, quella, la n. 35966/23, depositata il 27 dicembre 2023, con cui la Cassazione ha avallato, respingendo il ricorso dei familiari della vittima, la decisione della Corte d’Appello.

Quest’ultima aveva ritenuto che il danneggiato, nel decidere di utilizzare una passerella al fine di accedere alla spiaggia, aveva posto in essere una condotta assolutamente incauta che, per quanto in astratto prevedibile, integrava gli estremi del caso fortuito, in quanto la dimostrata esistenza di un altro e ben più sicuro accesso, costituito da una gradinata di cemento, avrebbe dovuto indurlo, anche in ragione della sua avanzata età (all’epoca del fatto, nel 2006,  aveva 78 anni), ad avvalersene nel percorrere il breve dislivello che separava la strada dalla spiaggia sottostante.

I familiari di un anziano citano il Comune per la morte del loro caro caduto da una passerella

La vicenda giudiziaria, peraltro tragica, affrontata dalla Suprema Corte, riguarda i congiunti di un anziano che avevano citato in causa il Comune di Forio, nel Napoletano, per ottenere il risarcimento dei danni patiti per la perdita del proprio caro la cui morte sarebbe stata causata da una passerella in legno, posta in aderenza al muro perimetrale della sede stradale comunale e sovrapposta all’arenile, dalla quale era possibile l’accesso alla spiaggia, ma da cui la vittima era caduta, con conseguenze fatali.

La domanda tuttavia era stata rigettata sia dal Tribunale di Napoli, sezione staccata di Ischia, sia, con sentenza del gennaio 2022, dalla Corte d’appello partenopea.

Di qui il ricorso anche per Cassazione degli eredi dell’anziano con svariati motivi di doglianza, tra cui la presunta indebita sovrapposizione ed illegittima confusione del piano del nesso di causalità e di relazione con quello della quantificazione del danno, in rapporto all’onere della prova liberatoria del fortuito gravante sull’ente custode della passerella “incriminata”, cioè il Comune, e, ancora, l’insussistenza nella fattispecie della condotta abnorme del danneggiato.

 

Per i familiari la condotta colposa del danneggiato, se non imprevedibile, non esclude la responsabilità del custode

In buona sostanza i ricorrenti hanno contestato la conclusione della Corte territoriale secondo cui la condotta della vittima avrebbe, per citarla, “agito sul piano causale, determinando il venir meno del nesso di relazione tra il fatto e l’evento dannoso dedotti in giudizio”.

A loro dire, ai fini della speciale ipotesi di imputazione della responsabilità prevista di cui all’art. 2051 del codice civile, la mera condotta colposa del danneggiato non basterebbe ad escludere il nesso causale fra la cosa in custodia e il danno, quand’anche ritenuta oggettivamente causa esclusiva dell’evento dannoso, se tale condotta non si connoti per oggettive caratteristiche di imprevedibilità, le quali sole varrebbero a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa in custodia.

In caso contrario potrebbe, al più, ammettersi un concorso colposo nella causazione dell’evento, che giustificherebbe esclusivamente una riduzione del risarcimento, ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., ma non la sua radicale esclusione. Ragionando diversamente, secondo i familiari della vittima, la Corte d’appello avrebbe in sostanza “travisato il concetto di caso fortuito, la cui prova incombe sulla Pubblica Amministrazione resistente, confondendolo con il mero concorso di colpa del danneggiato”.

Ma la Suprema Corte rigetta le doglianze come infondate e fa chiarezza in materia

Per gli Ermellini, tuttavia, tale assunto è infondato. “In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia – ripercorre il quadro giuridico di legittimità la Cassazione -, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione dell’art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione”.

Ne consegue che, “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro”.

 

La responsabilità da cose in custodia ha natura “oggettiva”

Principi di diritto che, proseguono i giudici del Palazzaccio, sono stati ancor più di recente, riaffermati da parte della Suprema Corte, ribadendo che “la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha natura oggettiva – in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode – e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate dalla colpa ex art. 1227 c.c. e, indefettibilmente, dalla oggettiva imprevedibilità e imprevenibilità rispetto all’evento pregiudizievole”.

Quando la condotta imprudente del danneggiato è “oggettivamente” prevedibile

Concetti, in particolare questi ultimi, che, chiarisce la Cassazione, vanno intesi “non nel senso della assoluta impossibilità di prevedere l’eventualità di una condotta imprudente, negligente o imperita della vittima (che è, ovviamente, sempre possibile), ma nel senso del rilievo delle sole condotte “oggettivamente” non prevedibili secondo la normale regolarità causale, nelle condizioni date, in quanto costituenti violazione dei doveri minimi di cautela la cui osservanza è normalmente prevedibile (oltre che esigibile) da parte della generalità dei consociati e la cui violazione, di conseguenza, è da considerarsi, sul piano puramente oggettivo della regolarità causale (non quindi, con riferimento al piano soggettivo del custode), non prevedibile né prevenibile”.

Pertanto la Suprema Corte riafferma che “la questione della soggettiva prevedibilità o meno della condotta colposa della vittima, in particolare da parte del custode, in base ai principi di diritto sin qui esposti e che il ricorso non offre motivi idonei ad indurre a rimeditare, non entra affatto nella struttura logica e giuridica della fattispecie del caso fortuito, la quale opera esclusivamente sul piano oggettivo e causale”.

 

La vittima aveva usato una passerella di fortuna installata da terzi per scendere in spiaggia

Venendo al caso di specie, come detto la Corte territoriale, dopo avere “correttamente” richiamato proprio questi principi di diritto, aveva espressamente affermato, testualmente: “deve ritenersi che, nella specie, l’evento dannoso, costituito dalla caduta e dal successivo decesso della vittimai, sia, sul piano causale, da ricondurre, in via esclusiva, alla condotta imprudente ed incauta dello stesso danneggiato”, precisando poi che “dirimente si rivela la circostanza, attestata dalle risultanze istruttorie acquisite al processo, dell’esistenza, all’epoca dei fatti, di un accesso all’arenile della spiaggia Chiaia di Forio alternativo e ben più sicuro rispetto a quello rappresentato dalla passerella di legno sulla quale il (omissis)  ebbe a cadere”, e che peraltro era stato accertato non essere stata realizzata né autorizzata e neanche conosciuta dal comune, ma da terzi sconosciuti pochi giorni prima dei fatti e mai segnalata.

Condotta assolutamente incauta, per quanto in astratto prevedibile, che integra il caso fortuito

Secondo i giudici di secondo grado, pertanto, l’anziano, “nel decidere di utilizzare la passerella er accedere alla spiaggia, ha posto in essere una condotta assolutamente incauta che, per quanto in astratto prevedibile, integra gli estremi del caso fortuito”, in quanto “la dimostrata esistenza di altro e ben più sicuro accesso, costituito dalla descritta gradinata di cemento, avrebbe dovuto indurlo, anche in ragione della sua avanzata età (si rammenti che, nel 2006, lo stesso aveva 78 anni), ad avvalersene, nel percorrere il breve dislivello che separava la strada dalla sottostante spiaggia della Chiaia”. La Corre d’appello ha perciò concluso che “la condotta del danneggiato ha integrato, nel caso in esame, un’ipotesi di “caso fortuito”, idonea ad elidere il nesso causale ex artt. 40 e 41 cod. civ. e in forza della norma di cui all’art. 1227 cod. civ.”.

Anche per la Cassazione tale condotta ha avuto efficacia causale esclusiva nella tragedia

Dunque, per la Suprema corte sono corretti, nonché “conformi alla giurisprudenza consolidata si legittimità, alla quale intende darsi piena continuità”, i principi di diritto applicabili alla fattispecie enunciati e fatti propri dalla Corte d’appello, “e altrettanto corretta risulta l’applicazione di detti principi alla fattispecie concreta, in base agli accertamenti di fatto operati sulla base della prudente valutazione del materiale probatorio e sostenuti da adeguata motivazione, che ha portato alla conclusione per cui la condotta colposa della vittima ha avuto efficacia causale esclusiva nella causazione dell’evento dannoso, integrando gli estremi del caso fortuito”.

L’affermazione dell’elisione del nesso di causa tra cosa in custodia ed evento dannoso risulta così fondata su accertamenti di fatto relativi alla eccezionalità della condotta incauta della vittima, tutti espressamente enunciati nella motivazione. Questa risulta certamente adeguata, non meramente apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico e, come tale, non sarebbe neppure sindacabile nella presente sede. Di certo non è ravvisabile, nella motivazione della decisione impugnata, una manifesta fallacia o la non verità delle premesse di fatto su cui è fondata la graduazione della condotta colposa della vittima in termini di esclusiva causa dell’evento dannoso, essendo state correttamente accertate le circostanze di fatto a tal fine valorizzate; né, tanto meno, sussiste una intrinseca incongruità o logica contraddittorietà degli argomenti utilizzati, tale da far ritenere inficiato il relativo procedimento inferenziale”. Il ricorso è stato pertanto definitivamente rigettato, anche relativamente agli altri motivi di doglianza.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Responsabilità della Pubblica Amministrazione

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