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Per risarcire i danni patiti per una caduta causata da un tombino insidioso non si applicano i criteri di liquidazione previsti del Codice delle Assicurazioni private per il caso di lesioni derivate da sinistri stradali. Lo ha precisato la Cassazione, terza sezione Civile, con l’ordinanza n. 32373/23 depositata il 21 novembre 2023.

 

Comune condannato a risarcire una donna caduta per l’imprevedibile inclinazione del tombino

Nel 2015 una donna aveva citato in giudizio il suo Comune di residenza per sentirlo condannare al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti in conseguenza di una caduta a causa di un tombino. Il Giudice di Pace, espletata la consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza del 2017, aveva in effetti accertato che la caduta era stata determinata dall’imprevedibile inclinazione del tombino, condannando l’ente al risarcimento dei danni patiti dalla danneggiata e liquidati in complessivi 2778,52 euro, oltre interessi legali dalla domanda.

In particolare, il Giudice di pace, richiamando le valutazioni espresse dal Ctu, aveva stimato il danno biologico nella misura di 1.5 punti di invalidità permanente, oltre ad un’inabilità temporanea relativa di 15 giorni al 75%, di 25 giorni al 50% e di ulteriori 10 giorni 10 al 25%. La quantificazione del danno biologico da invalidità permanente, pertanto, si attesta in 916,32 euro; quello da invalidità temporanea parziale al 75% in 527,40 euro; quello da invalidità temporanea parziale al 50% in 351,60 euro e quello da invalidità temporanea parziale al 25% in 117,20 euro. Infine, aveva liquidato, 866,00 euro per le spese mediche sostenute.

 

La danneggiata appella la sentenza e contesta la liquidazione sui valori del Codice Assicurazioni

La danneggiata aveva appellato la sentenza contestando l’applicazione da parte del primo giudice dei valori previsti per le lesioni cosiddette micropermanenti nel codice delle assicurazioni. Ma il Tribunale di Pisa, con sentenza del 2020, aveva rigettato l’appello, confermando integralmente la pronuncia di prime cure.

I giudici di secondo grado avevano infatti ritenuto che, per citare il pronunciamento, “la liquidazione del danno non patrimoniale deve avvenire in via equitativa e l’utilizzazione dei valori di cui alle tabelle deve ritenersi quale base fondante la liquidazione, ben potendo – e dovendo – in ogni caso il giudice calcolare gli importi in base alla fattispecie concreta”.

Il tribunale aveva poi sostenuto che l’appellante, a supporto delle sue contestazioni, non avrebbe allegato “alcun elemento che indicasse l’incongruità della liquidazione, ad eccezione del (presunto, in quanto non espressamente richiamato dal giudice di prime cure in motivazione) richiamo ai valori di cui al Codice delle Assicurazioni in luogo delle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano riferite all’anno del sinistro, che, peraltro, non risultano prodotte da nessuna delle parti”, sempre per riportare la sentenza impugnata.

In conclusione, la Corte d’appello aveva ritenuto immune da censure anche il ragionamento del giudice di prime cure riferito alla liquidazione del danno patrimoniale. Questo, “del tutto condivisibilmente”, aveva escluso dal risarcimento le somme relative a spese non funzionalmente connesse al sinistro ed il cui esborso non risultava provato in atti.

La danneggiata a questo punto ha proposto ricorso anche per Cassazione. E lo ha fatto tornando a lamentare che (anche) il giudice d’appello avrebbe errato nel liquidare il danno facendo ricorso ai criteri indicati dal codice dell’assicurazione in luogo di quelli indicati dalle tabelle del Tribunale di Milano. E la Suprema Corte le ha dato pienamente ragione.

 

Le tabelle del Codice delle Assicurazioni riguardano solo i sinistri con veicoli a motore

Il giudice del merito – spiegano infatti gli Ermellini – ha liquidato il danno biologico rivendicato dall’odierna ricorrente attraverso l’applicazione delle tabelle indicate nel d.lgs. n. 209/2005, fonte normativa destinata a trovar applicazione unicamente nei casi di danni alla persona derivanti da “sinistri conseguenti alla circolazione di veicoli a motore e di natanti“.

E non per le lesioni derivanti dalla caduta di un pedone su un tombino insidioso

Nel caso di specie, tuttavia, proseguono i giudici del Palazzaccio, “il danno provocato a carico dell’odierna resistente derivava non già dalla verificazione di un sinistro conseguente alla circolazione di veicoli a motore bensì, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dal legittimo uso, da parte della ricorrente di un bene (la strada pubblica) custodito dall’ente convenuto, avendo la danneggiata espressamente dedotto di aver subito danni alla persona a seguito a caduta verificatosi a causa del tombino posto sul marciapiede”.

Dunque “sulla base di tali premesse, il Tribunale ha erroneamente applicato le tabelle di cui all’art. 139 cit. a un’ipotesi di danneggiamento non derivante da sinistri conseguenti alla circolazione stradale”, precisando inoltre che i criteri di liquidazione del danno biologico previsti dall’art. 139 per il caso di danni derivanti da sinistri stradali, costituiscono “oggetto di una previsione eccezionale, come tale insuscettibile di applicazione analogica nel caso di danni non derivanti da sinistri stradali”. 

Vanno dunque applicate le tabelle di Milano

La Cassazione ribadisce inoltre che, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale mediante l’applicazione del criterio tabellare, “il danneggiato ha l’onere di chiedere che la liquidazione avvenga in base alle tabelle, ma non anche quello di produrle in giudizio, in quanto esse, pur non costituendo fonte del diritto, integrano il diritto vivente nella determinazione del danno non patrimoniale conforme a diritto”. Senza contare peraltro che in realtà la danneggiata, come dimostrato nel suo ricorso, nell’atto di citazione in appello aveva allegato le tabelle milanesi.

La sentenza impugnata è stata pertanto cassata, con rinvio al tribunale di Pisa, in persona di diverso magistrato, che dovrà riquantificare correttamente la liquidazione del danno partito dalla donna.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Responsabilità della Pubblica Amministrazione

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