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Bisogna sempre indossare la cintura di sicurezza, in primis ovviamente per la propria incolumità ma anche, perché in caso di incidente, il suo mancato utilizzo può costituire un concorso di colpa a carico del danneggiato (o dei suoi congiunti nelle circostanze più tragiche), con conseguente decurtamento del risarcimento, nel caso in cui venga provato il nesso causale tra le lesività e la mancanza dei sistemi di trattenuta.

A ricordarlo l’ordinanza n. 26052/22 depositata il 5 settembre 2022 dalla Cassazione, che si è occupata di un sinistro drammatico. 

 

Un tragico incidente stradale con due vittime e un’auto non assicurata

Nella notte del 22 gennaio 2009 si era verificato, lungo la strada statale 156 dei Monti Lepini, un tragico incidente nel quale la vettura condotta da un cittadino albanese, e a bordo della quale viaggiava come passeggero un giovane connazionale, era uscita di strada, terminando la propria corsa contro un ponticello in cemento armato. A seguito dell’urto erano deceduti sia il conducente che il trasportato e era risultato che l’auto era sprovvista di copertura assicurativa. 

I familiari del passeggero avevano quindi citato in giudizio avanti il tribunale di Latina il proprietario della macchina e la compagnia di assicurazione Ina Assitalia, quale impresa designata all’epoca per la regione Lazio dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, chiedendo il risarcimento dei danni per la perdita del proprio caro. 

Il proprietario, costituendosi in giudizio, aveva eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva dimostrando di aver venduto il veicolo al conducente, anch’egli come detto deceduto, in data antecedente all’incidente e dunque, in conseguenza di ciò, i congiunti della vittima avevano chiesto di integrare il contraddittorio nei confronti degli eredi di quest’ultimo. Si era costituita anche la società di assicurazione, chiedendo il rigetto della domanda. 

Nel corso del giudizio il Tribunale aveva concesso una provvisionale in favore dei parenti del passeggero e quindi, decidendo la causa, aveva confermato il difetto di legittimazione passiva dell’ex proprietario del mezzo, riconosciuta l’esclusiva responsabilità del conducente nella determinazione dell’incidente e aveva condannato in solido la compagnia e gli eredi di quest’ultimo al risarcimento dei danni, liquidati nella complessiva somma di euro 430mila euro. 

 

In appello il risarcimento viene decurtato perché il terzo trasportato non aveva la cintura

Ina Assitalia tuttavia aveva appellato la sentenza e la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 12 dicembre 2018, aveva parzialmente accolto l’appello, riducendo l’entità del risarcimento, e questo perché dall’istruttoria espletata era emerso che il terzo trasportato, che viaggiava sul sedile di destra accanto al conducente, era stato rinvenuto esanime all’interno della vettura, privo delle cinture di sicurezza. Il nesso causale tra tale colposa omissione, sanzionata dall’art. 172 del codice della strada, e il grave trauma cranico riscontrato dall’esame autoptico sul cadavere avrebbe determinato, secondo la Corte di merito, la necessità di ridurre l’entità del risarcimento nella misura di un terzo a titolo di concorso di colpa (art. 1227 cod. civ.). 

A questo punto sono stati i suoi congiunti a proporre ricorso per Cassazione sostenendo che la sentenza di secondo grado avrebbe erroneamente ritenuto provato il fatto colposo del trasportato, ai sensi dell’art. 1227 cod. civ., consistente nel mancato utilizzo delle cinture di sicurezza. Richiamando le conclusioni del consulente tecnico incaricato di svolgere l’esame autoptico sulla salma, i ricorrenti hanno rilevato che la Corte d’appello sarebbe incorsa in un errore di percezione, perché dalla relazione non risultava indicata l’esistenza di un trauma cranico sul corpo della vittima, per cui il mancato uso delle cinture non sarebbe stato provato, e in questo modo i giudici sarebbero incorsi in una una violazione dell’art. 115 cit., perché la sentenza avrebbe ridotto l’entità del risarcimento senza una vera motivazione o con una motivazione ritenuta apodittica. 

Inoltre, i ricorrenti hanno lamentato l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso in causa, sempre a supporto del fatto che il loro caro potesse in realtà indossare i sistemi di trattenuta: mentre il cadavere del conducente era stato rinvenuto all’esterno della vettura, quello del trasportato era stato trovato all’interno, accasciato col petto sul cruscotto. Inoltre, l’autopsia aveva consentito di riscontrare un alone sull’emitorace sinistro compatibile con la presenza della cintura di sicurezza, che sarebbe stata poi strappata a causa del violentissimo urto. Da ciò derivava, secondo i suoi parenti, che l’intera responsabilità dell’accaduto doveva essere posta a carico del conducente, in assenza di un’effettiva prova del concorso di colpa del trasportato. 

 

La Suprema Corte rigetta il ricorso ritenendo motivata a sufficienza la decisione impugnata

Ma per la Suprema Corte i motivi di doglianza sono inammissibili. “In materia di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale – premettono gli Ermellini -, la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l’accertamento e la graduazione della colpa, l’esistenza o l’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico”.

Ebbene, nel caso in esame, secondo i giudici del Palazzaccio, la Corte d’appello, “benché con una motivazione alquanto stringata”, avrebbe tuttavia dato conto, “anche attraverso il richiamo al verbale redatto dalla Polizia stradale”, delle ragioni per le quali aveva riconosciuto un concorso di colpa a carico del trasportato, a causa del mancato utilizzo delle cinture di sicurezza. 

A fronte di tale motivazione – prosegue la Cassazione – le censure prospettate nel ricorso – pur contenendo profili suggestivi in ordine ad una diversa possibile ricostruzione della dinamica del sinistro, secondo cui il trasportato non aveva riportato un trauma cranico ed aveva invece indossato la cintura di sicurezza – si risolvono nell’evidente tentativo di ottenere in questa sede un diverso e non consentito esame del merito”. Il ricorso è stato quindi rigettato. 

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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