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Farà discutere la sentenza n. 54809 del 6 dicembre 2017 con cui la Quarta Sezione Penale della Cassazione ha di fatto stabilito che non è punibile il conducente che non provvede a soccorrere la vittima di un incidente se quest’ultima abbia riportato lesioni di poco conto.

Il fatto. Un automobilista, percorrendo una zona centrale di Ferrara, aveva urtato un motociclo procurando lesioni giudicate guaribili in dieci giorni alla donna che vi era trasportata, ma si era allontanato omettendo di prestarle soccorso: era stato immediatamente inseguito da un maresciallo dei carabinieri e costretto ad arrestare la marcia.

La Corte di Appello di Bologna aveva riformato limitatamente alla misura della sanzione amministrativa la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Ferrara nei confronti dell’automobilista in relazione ai reati di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 189, commi 1, 6 e 7 per non aver ottemperato all’obbligo di fermarsi e di prestare assistenza alla persona ferita, rimarcando che l’imputato si era fermato solo perché raggiunto da un carabiniere che lo aveva inseguito con la volante, azionando i lampeggiatori dell’auto di servizio, che era inverosimile che l’imputato avesse proseguito la marcia perché cercava un luogo dove fermarsi a causa del traffico intenso – dalla deposizione del militare e dalle fotografie erano ben visibili l’assenza di traffico e la presenza di uno spazio dove potersi fermare -, e che l’eventualità che vi fossero persone ferite era desumibile dall’urlo lanciato dalla persona trasportata sullo scooter al momento dell’urto.

Il responsabile dell’incidente ha quindi ricorso per Cassazione contro la sentenza di appello. La Suprema Corte ha respinto il primo motivo addotto, che metteva in discussione la dinamica dei fatti e soprattutto quella del suo allontanamento, ma ha accolto il motivo con cui si contestava alla Corte d’Appello “la violazione ed erronea applicazione dell’art. 131 bis c.p. per non avere questa considerato gli elementi sopra indicati dalla difesa per ritenere il fatto di particolare tenuità”.

A sostegno del diniego di sussunzione del fatto nell’ipotesi disciplinata dall’art.131 bis cod. pen., i giudici di appello hanno escluso la particolare tenuità del fatto facendo riferimento all’agire dell’imputato nel contesto del sinistro come indicativo di intensità del dolo – motiva la sentenza degli Ermellini – Secondo quanto chiarito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Sez. U., n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, in motivazione), “la nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena. Insomma, si è qui entro la distinzione tra fatto legale, tipico, e fatto storico, situazione reale ed irripetibile costituita da tutti gli elementi di fatto concretamente realizzati dall’agente”. A tali elementi il giudice di merito deve porre attenzione nel valutare la sussumibilità del fatto nell’ipotesi normativa. La sentenza impugnata non ha tenuto conto dei concreti elementi riferibili alla realtà processuale ed alle emergenze istruttorie, dei quali il giudice di legittimità può tenere conto alla luce del novellato art. 620 c.p.p., lett. i). In particolare, non è stato attribuito il dovuto rilievo alla natura delle minime lesioni riportate dalla persona trasportata sullo scooter, alla circostanza che quest’ultimo veicolo si fosse semplicemente inclinato a seguito dell’urto, alla mancata costituzione di parte civile. Elementi che inducono il Collegio a ritenere che il fatto sia sussumibile, senza necessità di ulteriori accertamenti, nella previsione dell’art. 131 bis c.p.”.
La Cassazione ha quindi annullato il provvedimento impugnato senza rinvio “perché il reato non è punibile per la particolare tenuità del fatto”.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Incidenti da Circolazione Stradale

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