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La donna ha patteggiato la pena oggi in tribunale a Padova: le è stata sospesa  la patente per 4 mesi. Il sinistro è accaduto a febbraio 2020 a Piove di Sacco

All’esito dell’udienza preliminare tenutasi oggi, mercoledì 27 aprile 2022, in Tribunale a Padova, avanti il giudice dott. Claudio Marassi, ha patteggiato la pena di un anno e quattro mesi, con la sospensione condizionale, l’automobilista piovese di 66 anni, M. P., accusata di aver causato con una fatale disattenzione l’incidente costato la vita a Fabrizio Maria Olivi, e accaduto a Piove di Sacco il 7 febbraio 2020. Le è stata comminata la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per quattro mesi. 

Olivi, 64 anni, perito informatico, quel giorno stava pedalando in bici lungo via Conte del Panico quando si è imbattuto nella “manovra” della donna, a cui si è imputato di aver causato la morte del ciclista “per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e violazione delle norme sulla circolazione stradale” per citare la richiesta di rinvio a giudizio formulata nei suoi confronti, alla conclusione delle indagini preliminari, dal Pubblico Ministero della Procura patavina titolare del relativo procedimento penale per omicidio stradale, dott.ssa Cristina Gava. M. P., come ricostruito dall’inchiesta, subito dopo aver parcheggiato la sua Toyota Yaris in un apposito stallo al civico 23 di via Conte del Panico, “per controllare la correttezza della manovra di parcheggio – prosegue il magistrato – apriva improvvisamente e repentinamente lo sportello anteriore, lato guida, in direzione della corsia di marcia, lungo la quale stava sopraggiungendo in sella alla sua bicicletta Olivi”. Il quale, “in conseguenza di tale manovra, andava a urtare con la mano destra e la leva del freno anteriore del velocipede sullo spigolo della portiera anteriore dell’autovettura”, rovinando a terra. 

A causa della brutta caduta il 64enne, persona molto attiva che non soffriva di particolari patologie, ha riportato gravi lesioni tra cui la frattura del bacino e il distacco parcellare di un dito della mano destra, per una prognosi pesante di 90 giorni. E’ stato trasportato e ricoverato fino al 19 febbraio nel reparto di Ortopedia dell’ospedale cittadino e poi dimesso per continuare le cure a casa. Il paziente si è attenuto alle indicazioni dei sanitari, sia per la terapia farmacologia prescritta, tra cui quella antitromboembolitica, sia per la postura acquistando un letto elettrico: doveva restare a riposo assoluto in posizione supina per venti giorni, poi assumere quella seduta e dopo 40 giorni sarebbe dovuto tornare in ospedale per un esame radiografico e una visita ortopedica di controllo per poi iniziare la rieducazione. 

Ma il 26 febbraio 2020, verso mezzogiorno, Olivi si è improvvisamente sentito male, non riusciva più a respirare e a nulla sono valse tutte le manovre rianimatorie dei sanitari del Suem. La moglie della vittima, che ha lasciato anche un figlio oggi sedicenne, oltre a due fratelli e due sorelle, per capire cosa fosse successo al marito, attraverso l’Area manager Veneto Riccardo Vizzi, si è rivolta a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e tutela dei diritti dei cittadini, ed attraverso il legale di famiglia è stato subito chiesto e ottenuto di bloccare il riscontro diagnostico interno ordinato dalla direzione sanitaria e già fissato per il 28 febbraio all’ospedale di Padova, chiedendo alla Procura di disporre una perizia autoptica “terza” con un proprio consulente tecnico d’ufficio.

Richiesta accolta. La dott.ssa Gava, aperto un procedimento penale per omicidio stradale a carico della automobilista, ha ordinato l’autopsia per stabilire con certezza le cause del decesso incaricando il medico legale dott. Antonello Cirnelli. Il quale ha concluso che il signor Olivi, allettato per i postumi del recente incidente stradale (in particolare la frattura dell’emibacino sinistro), “pur essendo stato sottoposto, come dovuto, a profilassi anticoagulante”, aveva maturato “un quadro di tromboembolia polmonare improvviso, massivo e fatale” legata a una trombosi venosa profonda dell’asse iliaco femorale sinistro. “L’operato del personale sanitario intervenuto va ritenuto corretto e tempestivo – ha concluso il Ctu – Il decesso va ascritto solo ed esclusivamente alle conseguenze del sinistro stradale”. Escluso ogni possibile profilo di responsabilità da parte dei medici che hanno avuto in cura il ciclista, il Pm ha chiesto il processo per l’automobilista, ritenuta unica responsabile della tragedia, e si è arrivati al patteggiamento odierno.

I familiari della vittima, già risarciti dall’assicurazione della vettura attraverso Studio3A, ora hanno ottenuto anche una sia pur parziale risposta dalla giustizia penale e, soprattutto, possono chiudere almeno il capitolo giudiziario di questa dolorosa vicenda.

Caso seguito da:

Dott. Riccardo Vizzi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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