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Il datore di lavoro dell’operaia rimasta schiacciata all’interno di una fustellatrice alla Bombonette, il delegato alla sicurezza e la ditta dovranno comparire in aula il 17 gennaio

Tutti a processo per la morte di Laila El Harim. Oggi, giovedì 13 ottobre 2022, in Tribunale a Modena, si è tenuto il prosieguo dell’attesa udienza preliminare del procedimento penale per la tragica morte bianca dell’operaia quarantenne di origine marocchina, ma in Italia da oltre vent’anni, residente a Bastiglia, rimasta incastrata e schiacciata in una fustellatrice alla Bombonette di Camposanto, grossa azienda attiva nel settore packaging, il 3 agosto 2021: l’ennesimo infortunio mortale sul lavoro aveva avuto vasta eco, la donna era stata ricordata dalle più alte cariche dello Stato e il Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, aveva avviato anche un’indagine ministeriale parallela all’inchiesta dell’autorità giudiziaria.

Dopo una breve camera di consiglio il Gup, dott.ssa Barbara Malvasi, accogliendo in toto le richieste del Pubblico Ministero che ha ereditato il fascicolo, la dott.ssa Claudia Natalini (il precedente Sostituto procuratore titolare, la dott.ssa Maria Angela Sighicelli, è andata in pensione), ha rinviato a giudizio tutti e tre gli indagati e ora formalmente imputati, ossia Fiano Setti, 86 anni, di Camposanto, fondatore e legale rappresentante della ditta nonché datore di lavoro, il nipote Jacopo Setti, 31 anni, di Finale Emilia, in qualità di delegato alla Sicurezza, e la stessa Bombonette srl in quanto soggetto giuridico. 

L’ipotesi di reato contestata è l’omicidio colposo in concorso con l’aggravante di essere stato commesso con la violazione delle norme antinfortunistiche. Ai due imprenditori si imputano gravi violazioni: in sintesi, di non aver minimamente considerato il rischio di contatto dei lavoratori con gli organi in movimento durante l’uso delle fustellatrici; di più, per un risparmio sui tempi di lavorazione, e quindi per trarne profitto, di aver fatto installare nel macchinario, al posto della prevista protezione statica fissa, dei “pareggiatori” regolabili manualmente, consentendone così l’avvio anche in presenza di un operatore al suo interno; di non aver fatto seguire alla dipendente il corso di formazione di legge non addestrandola all’utilizzo di quella macchina così pericolosa e di cui lei stessa aveva fatto presente più volte i rischi.  

I loro difensori, che per ora non hanno richiesto riti alternativi per i loro assistiti, hanno chiesto il non luogo a procedere esponendo una serie di argomentazioni, che però il Gup non ha giudicato accoglibili: i due imprenditori e l’azienda dovranno comparire in aula il 17 gennaio 2023 avanti il presidente del Tribunale, dott. Pasquale Liccardo, per quella che sarà però solo un’udienza cosiddetta “filtro” e di smistamento nel corso della quale sarà definito il calendario delle udienze del dibattimento vero e proprio. 

Nella precedente udienza del 16 giugno il giudice aveva accolto tutte le richieste dell’avv. Dario Eugeni, del Foro di Bologna, che assiste i genitori, i fratelli e le sorelle della vittima unitamente a Studio3A-Valore Spa, società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, a cui tutta la famiglia di origine di Laila si è rivolta attraverso la consulente legale Sara Donati. Allora erano state ammesse sia la costituzione di parte civile nei confronti di tutti e tre gli imputati sia la citazione del responsabile civile, ossia la compagnia di assicurazione dell’impresa, Allianz, ma nel frattempo i congiunti della vittima sono stati tutti risarciti: il rinvio, allora, era stato concesso proprio per consentire ai legali degli imputati di esaminare gli atti di costituzione e le relative istanze. 

L’avv. Eugeni quest’oggi ha conseguentemente revocato la costituzione di parte civile e ritirato l’istanza di citazione del responsabile civile, “ma anche se la legge ci impedisce di stare e di incidere nel processo – commentano i familiari –, ciò non toglie che continueremo a seguirlo da vicino nella speranza che vengano riconosciute e perseguite tutte le pesanti responsabilità dei datori di lavoro, che sia fatta giustizia e che Laila, e con lei tutti noi, possa ottenere almeno un briciolo di tutto quello che si merita. Per noi è come se fosse successo ieri”.

 

Caso seguito da:

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Dott.ssa Sara Donati

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