Il cosiddetto fatto “tenue”, con la conseguente non punibilità, va individuato sulla scorta di caratteri riconducibili a tre categorie di indicatori: le modalità della condotta, l’esiguità del danno o del pericolo, il grado di colpevolezza.
A stabilirlo la Cassazione, quarta sezione penale, nell’interessante sentenza 34630/21 depositata il 20 settembre 2020, con la quale la Suprema Corte ha dato torto ai giudici di merito che avevano riconosciuto la particolare tenuità dei fatti contestati a un giovanissimo pizzicato a guidare in stato di ebbrezza.
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Diciottenne accusato di guida in stato di ebbrezza assolto per particolare tenuità del fatto
Nei confronti dell’imputato si era per l’appunto proceduto per il reato di cui all’art.186, commi 2 lett.b) e 2-sexies, e 186 bis, comma 1 lett.a), d. Igs. 30 aprile 1992, n.285, commesso nel 2016 nel Catanzarese: era stato fermato mentre era alla guida di una Fiat Multipla e, sottoposto all’alcol test, gli era stato accertato un tasso alcolemico pari a 1,47 g/l nella prima prova e a 1,52 nella seconda, il tutto aggravato dall’orario notturno e dal fatto che l’automobilista aveva conseguito la patente di guida da meno di tre anni. La Corte d’Appello di Catanzaro, tuttavia, ne aveva escluso la punibilità in ragione della particolare tenuità del fatto.
Il Procuratore Generale ricorre per Cassazione contro l’assoluzione
Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione lo stesso Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello catanzarese, lamentando tutta una serie di vizi nella sentenza a cominciare dal rilievo che, in caso di guida in stato di ebbrezza, tanto più ci si discosti dal valore soglia tanto più è verosimile che ci si trovi in presenza di un fatto per nulla esiguo.
Per il ricorrente i giudici territoriali non avrebbero considerato tutte le circostanze che incidevano in termini di pericolo per gli interessi tutelati contro il reato in questione, tra cui l’orario notturno, il luogo con frequentazione e densità di traffico, il percorso compiuto per accompagnare due amici alle rispettive abitazioni dopo una festa, la media cilindrata dell’auto, gli evidenti segni di alterazione psico-fisica rilevati dai carabinieri, e la circostanza si essere poco più che maggiorenne e neo patentato.
Secondo il Procuratore, la Corte territoriale avrebbe valorizzato in maniera contraddittoria rispetto al dato obiettivo la scarsa offensività della condotta e avrebbe attribuito rilievo a una generica “valutazione complessiva della sua condotta, anche processuale” e a un elemento negativo quale il difetto di un “comportamento pericoloso alla guida” nonché alla “non abitualità” del comportamento.
Secondo la Suprema Corte il ricorso è fondato. “Il fatto particolarmente tenue – spiegano i giudici del Palazzaccio – va individuato alla stregua di caratteri riconducibili a tre categorie di indicatori: le modalità della condotta, l’esiguità del danno o del pericolo, il grado della colpevolezza. Da ciò consegue che il giudizio sulla tenuità del fatto richiede una valutazione complessa che ha ad oggetto le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo valutate ai sensi dell’art. 133, comma 1, cod. pen”.
Si richiede, in particolare, prosegue la Cassazione, “una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, e non solo di quelle che attengono all’entità dell’aggressione del bene giuridico protetto, tanto sul fondamentale rilievo che il disvalore penale del fatto, per assegnare allo stesso l’attributo della particolare tenuità, dipende dalla concreta manifestazione del reato, che ne segna perciò il disvalore”.
Il fatto storico e il disvalore penale
In altri termini, ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità, “occorre avere riguardo al fatto storico, alla situazione reale ed irripetibile costituita da tutti gli elementi di fatto concretamente realizzati dall’agente perché non è in questione la conformità del fatto al tipo (la causa di non punibilità presuppone l’esistenza di un fatto conforme al tipo ed offensivo ma il cui grado di offesa sia particolarmente tenue tanto da non richiedere necessità di pena), bensì l’entità del suo complessivo disvalore e questo spiega il riferimento alla connotazione storica della condotta nella sua componente oggettiva e soggettiva”.
La necessità di compiere questa complessa valutazione alla luce dell’art.133, primo comma, cod. pen. mette poi chiaramente in campo, oltre alle caratteristiche dell’azione e alla gravità del danno o del pericolo, anche l’intensità del dolo e il grado della colpa.
Ne consegue che la particolare tenuità dell’offesa costituisce la risultante della positiva valutazione “tanto delle modalità della condotta nella sua componente oggettiva (avuto riguardo alla natura, alla specie, ai mezzi, all’oggetto, al tempo, al luogo e ad ogni altra modalità dell’azione secondo quanto prevede l’art.133, comma 1, n. 1 cod. pen.) e nella sua componente soggettiva (avuto riguardo all’intensità del dolo o al grado della colpa secondo quanto prevede l’art. 133, comma 1, n. 3 cod. pen.), quanto del danno o del pericolo (avuto riguardo all’entità del danno o del pericolo cagionato secondo quanto prevede l’art. 133, comma 1, n. 2 cod. pen.)”.
Basta la valutazione negativa di uno dei parametri di giudizio per escludere la non punibilità
E anche se all’interno di ogni indicatore il giudice dovrà operare un bilanciamento tra i vari elementi del caso concreto, il giudizio finale di particolare tenuità dell’offesa esige “la positiva valutazione di tutte le componenti richieste per l’integrazione della fattispecie, sicché i criteri indicati nel primo comma dell’articolo 131 bis cod. pen. sono cumulativi quanto al giudizio finale circa la particolare tenuità dell’offesa ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità ed alternativi quanto al diniego”: vale a dire che l’applicazione della causa di non punibilità in questione è preclusa dalla valutazione negativa anche di uno solo di essi.
Venendo al caso di specie, la Cassazione conviene con il Procuratore ricorrente laddove egli lamenta che il giudice di merito non abbia tenuto conto del fatto storico, oggetto dell’imputazione, non avendo spiegato le ragioni per le quali l’offesa dovesse ritenersi particolarmente tenue pur a fronte di un valore alcolemico rilevato sensibilmente superiore al limite minimo di soglia.
Più si va oltre il limite consentito per il tasso alcolemico meno la colpa è “tenue”
Gli Ermellini ricordano che le Sezioni Unite della stessa Suprema Corte hanno dichiarato configurabile la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto anche in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza, ma aggiungono anche che esse hanno chiarito che questo giudizio di particolare tenuità sarà tanto meno consentito quanto maggiore sarà il divario tra il valore minimo della soglia di riferimento e il tasso alcolemico concretamente accertato.
Senza poi contare che, a fronte di altre circostanze aggravanti (ora notturna, età, patente appena conseguita) il giudice di merito, conclude la Cassazione, “ha tralasciato di fornire motivazione circa il percorso compiuto per soppesare tali elementi circostanziali con altre specifiche occorrenze di segno opposto del caso concreto”. In conclusione, “la Corte d’appello non si è attenuta ai principi suddetti motivando genericamente in ordine alla sussistenza degli elementi positivi senza adeguatamente porre tali elementi in relazione al fatto storico descritto nell’imputazione ed accertato nel corso del giudizio”. La sentenza è stata pertanto cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione per la rivalutazione del caso sulla scorta dei principi enunciati.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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Categoria:
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