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Il Comune, condannato a risarcire i familiari di un operatore ecologico deceduto per un infortunio sul lavoro, intendeva ridiscutere di nuovo tutti i fatti alla luce dell’intervenuta prescrizione del reato contestato a un proprio funzionario, ma la Cassazione ha detto fermamente “no”: se il reato, per quanto estinto, viene confermato in sede penale, ciò dà luogo a giudicato civile, e come tale vincolante in ogni altro giudizio tra le parti in cui si verta sulle conseguenze del fatto, risarcimento in primis.

E’ un principio fondamentale quello che ha ribadito la Suprema Corte, sezione Lavoro, con la sentenza n. 19289/19 depositata il 18 luglio 2019, giudicando definitivamente sull’ennesima morte bianca, quella di un addetto al settore rifiuti.

 

La prescrizione del reato

Per il decesso del lavoratore, caduto rovinosamente sulla strada con conseguenze fatali, mentre si trovava posizionato sulla pedana posteriore dell’autocompattatore condotto da altro dipendente, il Tribunale di Reggio Calabria aveva condannato il Comune di Motta San Giovanni e il responsabile del settore tecnico comunale a risarcire i danni non patrimoniali ai familiari dell’operatore ecologico.

La Corte d’Appello di Reggio Calabria, nel 2014, aveva quindi rigettato il gravame proposto dal Comune contro la sentenza di primo grado.

La Corte territoriale aveva rilevato come il processo penale intercorso nei confronti del funzionario comunale si fosse chiuso, quanto al Comune, con la declaratoria di responsabilità risarcitoria, sia pure in forma generica, pronunciata dalla Corte d’Appello e, quanto all’imputato, con la pronuncia di prescrizione del reato da parte della Corte di Cassazione, con espressa conferma però dell’analoga statuizione di responsabilità risarcitoria resa in grado di appello: veniva quindi confermato il riconoscimento operato dal Tribunale di 240mila euro per ciascuno dei danneggiati, così calcolati sulla base di un parametro di partenza attorno ai valori massimi delle tabelle in uso presso il Tribunale di Milano e di un abbattimento del 20% in ragione del concorso di colpa della vittima accertato in sede penale

 

Rilevanza civile del giudicato penale

Il Comune ha quindi proposito ricorso anche per Cassazione con due motivi, in particolare, censurando la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione delle norme che regolano la rilevanza civile del giudicato penale, e sostenendo che, essendovi stata estinzione del reato, il giudice dovesse valutare ex novo i fatti in contestazione.

Ma per la Suprema cote il motivo è infondato in quanto, spiegano gli Ermellini, nel caso di specie vi è stata “statuizione del giudice penale nei confronti dell’imputato e del Comune come responsabile civile, sulla domanda dei tre congiunti del (omissis), ivi costituiti come parti civili”.

Ai sensi dell’art. 578 c.p.p., infatti, proseguono i giudici del Palazzaccio, “nel dichiarare estinto il reato, la Corte di Cassazione, allorquando la sentenza impugnata contenga pronuncia di condanna nei confronti dell’imputato alle restituzioni ed al risarcimento del danno, decide sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili; ciò è quanto avvenuto, sicché, ai sensi dell’art. 538, co. 3, c.p.p., vi è stata condanna nei confronti anche del Comune quale responsabile civile, che ha come tale effetto di giudicato civile reso in sede penale tra il predetto responsabile e la parte civile, mentre non rilevano le norme di cui agli artt. 651, 651-bis e 652 c.p.p.. le quali presuppongono che il giudice penale non abbia pronunciato sugli interessi civili”.

Vale in sostanza il consolidato principio per cui “qualora, in sede penale, sia stata pronunciata in primo o in secondo grado la condanna, anche generica, alle restituzioni e al risarcimento dei danni cagionati dal reato a favore della parte civile, ed il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidano sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, una tale decisione, se la predetta condanna resta confermata, comportando necessariamente, quale suo indispensabile presupposto, l’affermazione della sussistenza del reato e della sua commissione da parte dell’imputato, dà luogo a giudicato civile, come tale vincolante in ogni altro giudizio tra le stesse parti, in cui si verta sulle conseguenze, anche diverse dalle restituzioni o dal risarcimento, derivanti dal fatto, la cui illiceità, ormai definitivamente stabilita, non può più essere messa in discussione“.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Infortuni sul Lavoro

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