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La vittima di un tamponamento in auto che riporti lesioni micro-permanenti può ottenere il risarcimento di postumi non visibili o che non possono essere verificati con accertamenti strumentali come la radiografia. Non esiste, infatti, una gerarchia fra i criteri di valutazione e stima che deve seguire il medico legale: il sanitario ben può ricorrere all’accertamento clinico, a patto che la sussistenza del danno sia affermata in base a metodi inappuntabili dal punto di vista scientifico. Né il danno morale o quello relazionale possono essere liquidati soltanto di fronte a un pregiudizio superiore alla media.

Con la preziosa ordinanza n. 26985/23 depositata il 21 settembre 2023 la Cassazione, terza sezione civile, è entrata per l’ennesima volta sull’annosa questione della liquidazione del danno biologico e morale nel caso di lesioni che comportano una invalidità permanente al di sotto del 9 per cento, le cosiddette micro-permanenti appunto, ribadendo una volta di più il principio che la loro dimostrazione attraverso gli esami strumentali non è l’unica prova ammissibile e ribadendo il ruolo centrale del medico legale e del suo accertamento anche solo “visivo”.

 

La causa del conducente e dei passeggeri di un’auto tamponata per essere risarciti

Ad avviare il contenzioso il conducente e i passeggeri di una vettura tamponata all’interno del parcheggio di un centro commerciale da un’altra macchina, che si erano visti costretti a citare in giudizio la compagnia di assicurazione che si rifiutava di risarcirli per i danni patiti.

Classico colpo di frusta in primis, adducendo la solita interpretazione “parziale” e “ad arte” della norma di riferimento, l’articolo 139 del Codice delle Assicurazioni private, che parla sì di risarcibilità per le lesioni di lieve entità previo accertamento clinico strumentale obiettivo, ma anche di riscontro medico legale obiettivo da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione.

La Corte d’appello rigetta la domanda perché le lesioni non sono “strumentalmente” accertate

La causa era giunta in appello e la Corte territoriale aveva rigettato la domanda risarcitoria considerando l’accertamento strumentale sovraordinato rispetto alle altre modalità di prova e ritenendo non accertato il danno biologico dei danneggiati, nonostante la consulenza tecnica d’ufficio concludesse che, per citarla, “le lesioni sono clinicamente obiettivate”.

Di qui il ricorso in Cassazione da parte del guidatore e dei trasportati nel veicolo tamponato. E la Suprema Corte ha dato loro piena ragione, riprendendo fermamente il giudice d’appello per aver fatto un’applicazione errata di principi giurisprudenziali, anche della Corte Costituzionale, e fissando i confini del riconoscimento di tali lesioni e della relativa risarcibilità, sulla base del dato positivo (Codice delle Assicurazioni) e di fermi principi già fissati dal Giudice di legittimità.

 

La prova di una micro-permanente non può essere data solo da una radiografia

Gli Ermellini hanno ricordato come il controverso articolo 139 sia stato oggetto negli ultimi anni di un duplice intervento legislativo, con la Legge n. 27/2012 e n. 124/2017, sottolineando una volta di più come la normativa vigente valorizzi il ruolo del medico legale, imponendogli nel contempo anche maggiore responsabilità e richiedendogli l’applicazione rigorosa di tutti i criteri di stima e valutazione del danno alla persona: il che significa anche che l’accertamento medico legale non può essere imbrigliato e limitato in un vincolo probatorio che si traduca in una limitazione per la prova delle lesione, che non può quindi avvenire solo attraverso la radiografia.

E va riconosciuto anche il danno morale laddove il disagio psicofisico sia stato accertato

Ma i giudici del Palazzaccio hanno censurato la sentenza impugnata, accogliendo anche qui il relativo motivo di doglianza dei ricorrenti, anche laddove non ha riconosciuto loro il danno morale nonostante il disagio psicofisico che pure era stato accertato dalla consulenza tecnica d’ufficio medico legale, escludendo che si esso si possa ritenere provato per presunzioni, sul rilievo che la sofferenza dedotta costituirebbe una normale conseguenza del danno.

Al contrario, conclude la Cassazione, il pregiudizio da sofferenza interiore deve essere liquidato ogni volta che risulta dedotto e provato, come risultava nello specifico dalla Ctu, riconoscendo l’aumento di un quinto del danno biologico da micro-permanenti previsto dallo stesso articolo 139. La sentenza è stata quindi cassata con rinvio alla Corte d’appello, in diversa composizione, per un completo riesame del caso sula base dei principi di diritto riaffermati dalla Suprema Corte.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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