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Si può negare il risarcimento ad un passeggero di un veicolo oggetto di furto solo ed esclusivamente se si dimostra che egli era a conoscenza che il mezzo era rubato, o comunque della sua circolazione illegale: viceversa ha pieno diritto ad essere risarcito, come tutti gli altri terzi trasportati. Lo ha stabilito la Cassazione, terza sezione civile, con la sentenza 15982/23 depositata il 7 giugno 2023, particolarmente interessante anche in tema di rapporto tra il diritto interno nazionale e quello comunitario.

 

Respinta la domanda risarcitoria del passeggero di una moto rubata e non assicurata

Gli Ermellini si sono occupati, nel caso specifico, del passeggero di una motocicletta rimasto vittima di un incidente stradale in seguito al quale aveva riportato lesioni pesantissime. Il problema era che la moto su cui era trasportato era oggetto di furto ed era sprovvista di copertura assicurativa, essendo stato sottratto al legittimo proprietario diverso tempo prima. Il danneggiato aveva quindi citato in causa la compagnia di assicurazione allora mandataria del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada per la regione Campania, dov’era accaduto il fatto, ma la sua domanda era stata rigettata sia in primo grado, dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sia in secondo dalla Corte d’Appello di Napoli che, con sentenza del 2018, ne aveva respinto il gravame.

Vittima risarcibile “per la legge italiana” solo se trasportata contro la sua volontà

In particolare, il giudice di prime cure aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva della compagnia e del Fondo, reputando inapplicabile l’articolo 1 della legge n. 990/69, che recita al terzo comma: “L’assicurazione stipulata ai sensi della presente legge spiega il suo effetto, limitatamente alla garanzia per i danni causati ai terzi non trasportati o trasportati contro la propria volontà, anche nel caso di circolazione avvenuta contro la volontà del proprietario, usufruttuario o acquirente con patto di riservato dominio del veicolo, salvo, in questo caso, il diritto di rivalsa dell’assicuratore verso il conducente”.  E questo perché il passeggero sulla moto non vi era salito “a forza”, ma coscientemente.  Il Tribunale, ritenuta quindi l’esclusiva responsabilità del conducente della due ruote nella causazione del sinistro, aveva condannato quest’ultimo a rifondere al terzo trasportato una somma a titolo di risarcimento quantificata in oltre trecentomila euro, con la conseguenza però che il danneggiato, per ovvi motivi, difficilmente avrebbe ottenuto il risarcimento che gli spettava.

 

La norma CE limita l’esclusione dell’indennizzo solo laddove la vittima sapesse del furto

Nell’atto di appello il passeggero aveva evidenziato con forza che la decisione di primo grado contrastava con la direttiva comunitaria 84/5/CE la quale invece, nel caso di veicoli rubati, equiparava i soggetti trasportati a forza con quelli che erano saliti a bordo del mezzo ma essendo inconsapevoli della loro provenienza furtiva. Ma per la Corte d’Appello non era possibile attribuire all’art. 1 della legge 990/69 un significato conforme alla direttiva CE in quanto, per citare la sentenza poi impugnata, “l’obbligo del giudice di offrire un’esegesi delle norme nazionali conforme a quelle eurounite non può mai portarlo ad una interpretazione “contra legem” del diritto interno”.

La Corte territoriale ha ammesso che le disposizioni comunitarie avevano un contenuto preciso e incondizionato, tale da consentirne l’immediata invocazione davanti ai giudici nazionali, e tuttavia avevano concluso che il potere di disapplicazione della norma interna doveva essere escluso quando la direttiva europea veniva invocata in una controversia tra privati, a cui doveva essere ricondotta quella in questione.

L’immediata applicazione, cioè, si sarebbe potuta richiedere nei confronti di uno Stato membro, di suoi organi, di autorità od organismi soggetti al controllo statale o incaricati di svolgere un compito di interesse pubblico, “all’uopo muniti di poteri eccedenti rispetto a quelli risultanti dalle norme applicabili nei rapporti con i singoli”, ma non nei confronti della impresa di assicurazioni designata per il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, trattandosi di una società per azioni di diritto privato, soggetta ai consueti poteri di controllo statale ma non dotata di poteri eccedenti quelli risultanti dalle comuni norme di diritto privato.

 

Il danneggiato ricorre in Cassazione sostenendo l’interpretazione comunitaria

A questo punto il danneggiato ha proposto ricorso anche per Cassazione, tornando a lamentare la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge 990/69 in relazione all’art. 12 delle disposizioni preliminari del codice civile e all’obbligo di interpretazione della norma conforme al diritto comunitario come già asserito nella citazione d’appello, anche in considerazione del fatto che detta norma “persegue lo scopo di coprire tutti i possibili rischi connessi alla circolazione stradale e che una interpretazione che segua il dettato del diritto comunitario non comporta una lettura contra legem del diritto interno”.

E la Cassazione gli ha dato piena ragione ritenendo il motivo fondato e da accogliere, concludendo che la normativa applicabile rationis temporis, ossia il già più volte citato articolo 1, terzo comma, della legge 990/69, vada letta, secondo l’interpretazione conforme al diritto comunitario, nel senso prospettato dal ricorrente.

L’obbligo del giudice nazionale di interpretare il diritto interno in conformità alle norme comunitarie non può mai condurre ad una interpretazione contra legem del diritto interno – premette la Cassazione – Ciò significa che l’obbligo di interpretazione conforme del diritto interno alla luce del diritto dell’Unione europea viene meno solo quando la norma interna appaia assolutamente incompatibile con quella dell’Unione, mentre permane in presenza di un margine, anche minimo, di discrezionalità che consenta all’interprete di scegliere tra più interpretazioni comunque plausibili della disposizione nazionale”.

 

Il passeggero va sempre risarcito se inconsapevole del furto del veicolo su cui è trasportato

Ebbene, secondo gli Ermellini la dizione “contro la propria volontà” contenuta, come già visto, nel disposto dell’art. 1, terzo comma, della legge n. 990/69, “alla luce della direttiva unionale sopra richiamata, che prevede la non indennizzabilità del danno patito dal terzo trasportato solo ove l’organismo offra dimostrazione che questi era a conoscenza della illegale circolazione del veicolo, ben può essere intesa nel senso che la volontà cui la norma fa riferimento difetta non solo quando il trasportato prenda posto sul veicolo perché a ciò costretto da violenza, fisica o morale, ma anche quando egli sia inconsapevole della provenienza furtiva del mezzo, dovendosi presumere che, in presenza di tale consapevolezza, il trasporto non sarebbe stato assentito dal terzo”.

L’attribuzione di tale significato alla norma interna, per i giudici del Palazzaccio, “non si risolve in una non consentita interpretazione contra legem. Infatti, riafferma con forza la Suprema Corte, “in tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, in conformità a quanto stabilito dalle direttive 84/5/CEE e 90/232/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli, così come interpretate nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, secondo il principio solidaristico vulneratus ante omnia reficiendus, la vittima trasportata ha sempre e comunque diritto al risarcimento integrale del danno, quale ne sia la veste e la qualità, non potendo l’assicuratore avvalersi per negare il risarcimento di disposizioni legali o di clausole contrattuali, ivi comprese quelle che escludono la copertura assicurativa nelle ipotesi di utilizzo del veicolo da parte di persone non autorizzate o prive di abilitazione alla guida, con l’unica eccezione del trasportato consapevole della circolazione illegale del veicolo, come è nel caso di rapinatori, terroristi o ladri, o quando il veicolo assicurato è condotto da una persona non autorizzata ed il passeggero, vittima dell’incidente, è a conoscenza del fatto che il mezzo è stato oggetto di furto”.

 

L’onere di provare che il trasportato sapesse del furto grava sull’assicurazione

E l’onere di provare la consapevolezza del difetto di assicurazione, dovuto alla circolazione contro la volontà del proprietario, in quanto il veicolo era stato oggetto di furto, “incombe, secondo la norma eurounitaria, in capo all’assicuratore” puntualizza ulteriormente la Cassazione, rammentando anche come la Suprema Corte, già con la sentenza n. 12231 del 9 maggio 2019, avesse già esaustivamente chiarito che “la norma di cui all’art. 283, co. 2 del Codice delle Assicurazioni, anche nella versione precedente la novella del 2005, è sempre stata interpretata dalla giurisprudenza nel senso che la deroga alla non risarcibilità del danno del terzo trasportato da parte della compagnia di assicurazioni si giustifica a condizione che sussista la condizione dell’ignoranza dell’illegale circolazione. Questa lettura è del tutto coerente con la formulazione della norma che, come riferito, prevede ipotesi derogatorie al principio della non risarcibilità del danno, rispetto alla quale l’ignoranza dell’illegalità della circolazione non può che assumere natura di fatto costitutivo del diritto e non anche di fatto estintivo della pretesa. Né può sostenersi che l’interpretazione del giudice ordinario sia contraria al diritto comunitario in quanto, come desumibile da casi citati dallo stesso ricorrente, anche per il diritto comunitario vi è deroga al diritto al risarcimento del danno nel caso in cui i terzi trasportati fossero a conoscenza dell’illegale provenienza del veicolo”.

In conclusione, la sentenza di appello, nel confermare la decisione di primo grado che, interpretando l’art. 1 della legge n. 990/69, si era uniformata a pronunce di questa Corte che negavano la copertura assicurativa al trasportato volontario, quand’anche ignaro della provenienza furtiva del veicolo a bordo del quale viaggiava, “si è discostata dall’interpretazione della norma interna conforme alla disposizione del diritto unionale, adottata dai superiori arresti giurisprudenziali, e deve, pertanto, essere cassata” sentenzia la Cassazione, che ha pertanto rinviato la causa alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, per il suo riesame.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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