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Quando un conducente sale nel suo veicolo, la prima cosa da fare è indossare la cintura di sicurezza e farla allacciare agli eventuali trasportati, dei quali è responsabile. A ribadire con forza quest’obbligo la Corte di Cassazione nel rigettare, con l’ordinanza n. 9760/21 dell’11 marzo 2021, il ricorso di un automobilista condannato per omicidio stradale aggravato per aver causato la morte della passeggera che trasportava sul sedile anteriore destro della propria vettura, della quale si era posto alla guida in stato di ebbrezza alcolica e per di più di alterazione psicofisica per aver assunto cocaina.

 

Automobilista condannato per omicidio stradale aggravato

La Corte d’Appello di Lecce, presso la quale l’imputato aveva impugnato la sentenza di prime cure, ne aveva confermato la declaratoria di responsabilità riducendone soltanto la pena dopo avergli riconosciuto l’attenuante di cui all’art. 589-bis, comma 7 del codice penale, che scatta qualora l’evento letale non sia “esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole”, ma anche di altre circostanze.

Il ricorso per Cassazione basato sul mancato uso della cintura da parte del passeggero

Non contento, l’automobilista ha proposto ricorso anche per Cassazione lamentando, con unico motivo, vizio di motivazione in relazione alla erronea valutazione del nesso causale. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale aveva trascurato di considerare come concausa della tragedia il fatto che la vittima non indossasse la cintura di sicurezza, con conseguente erronea applicazione dei criteri di cui all’art. 133, comma 1, cod. pen. in punto di determinazione della pena.

 

Spetta a chi guida controllare che il trasportato indossi le cinture

Per gli Ermellini, tuttavia, il ricorso è inammissibile. Per la Suprema Corte, infatti, la Corte territoriale aveva puntualmente richiamato le plurime violazioni di regole cautelari e specifiche, “pacificamente verificatesi e non contestate”, commesse dall’imputato, “eziologicamente decisive nel determinismo causale del sinistro e dell’evento letale”: guida in stato di ebbrezza e di alterazione da sostanze stupefacenti, velocità elevata.

Legittimo inoltre, prosegue la Suprema Corte, l’ulteriore rimprovero mosso all’imputato per l’omesso uso delle cinture di sicurezza da parte della passeggera poi deceduta, “giacché, a parte la violazione dell’art. 172 cod. strada riferibile alla stessa, la Corte territoriale ha valorizzato il principio secondo cui il conducente è tenuto a controllare, prima di iniziare o proseguire la marcia, che questa avvenga in conformità delle normali regole di prudenza e di sicurezza, esigendo che il passeggero indossi la cintura di sicurezza fino a rifiutarne, in caso di sua renitenza, il trasporto o ad omettere l’intrapresa della marcia”.

 

La circostanza al massimo può essere considerata come “attenuante”

In conclusione, a parere dei giudici del Palazzaccio, la sentenza impugnata, con una motivazione “puntuale e priva di incongruenze o illogicità”, ha riconosciuto nella quantificazione della pena la “determinante rilevanza causale, rispetto al sinistro mortale, del comportamento colposo dell’imputato”, nonostante sia stata riconosciuta anche la sussistenza di una “condotta omissiva imprudente della passeggera, sottrattasi all’utilizzo delle cinture di sicurezza, tale da giustificare l’applicazione dell’attenuante prevista dal settimo comma dell’art. 589 bis, cod. pen.”, che prevede, come detto, una diminuzione di pena nel caso in cui l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole.

Tale previsione normativa – chiariscono i giudici del Palazzaccio – è nel solco delineato dall’art. 41 cod. pen. e colloca esattamente il fattore esterno considerato, l’omesso utilizzo delle cinture di sicurezza da parte della vittima, sul piano della gravità della condotta e fuori dall’ambito della responsabilità”. La norma, in altri termini, per quanto attiene al comportamento della persona offesa, fa riferimento a quelle condotte esse stesse colpose, oppure anomale rispetto all’ordinario svolgersi degli eventi, che possono quindi correttamente refluire sul grado di colpevolezza dell’agentema non escludere o interrompere il nesso di causa” puntualizza e conclude la Cassazione.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Incidenti da Circolazione Stradale

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