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Al termine dell’inchiesta sulla tragica morte bianca del 63enne operaio partenopeo caduto da un’impalcatura, il Pm ha chiesto il processo per l’indagato contestando gravi violazioni

E’ stato mandato a lavorare a due metri d’altezza, senza alcun dispositivo di sicurezza e su un trabattello “di fortuna” privo di parapetti. E’ frutto delle solite, gravi violazioni delle norme antinfortunistiche, ancora più fatali nei lavori in quota, la morte bianca, l’ennesima, di Enrico De Waure, resa ancora più tragica dal lungo calvario ospedaliero vissuto dal sessantatreenne operaio partenopeo, che non si è più ripreso dai gravi postumi della caduta di cui è rimasto vittima ed è deceduto dopo oltre sette mesi. A stabilirlo l’inchiesta della Procura di Napoli affidata al Pubblico Ministero dott. Mario Canale che, a conclusione delle indagini preliminari del procedimento penale per il reato di omicidio colposo, con l’aggravante di essere stato commesso, per l’appunto, in violazione delle normative per la sicurezza sul lavoro, ha chiesto il rinvio a giudizio per il datore di lavoro che gli aveva affidato quell’intervento edilizio e che era stato iscritto fin da subito nel registro degli indagati: A. C., 54 anni, anche lui di Napoli. Riscontrando l’istanza, il Gip del Tribunale di Napoli, sezione 40, ha fissato per il 4 aprile 2022, dalle 10, l’udienza preliminare di un processo da cui i congiunti di De Waure si aspettano giustizia.

L’incidente è successo il 9 luglio 2020 verso mezzogiorno. Com’è stato accertato dagli inquirenti il sessantatreenne era impegnato in alcuni lavori edili, in particolare di tinteggiatura, in un’unità immobiliare di via Vincenzo Ciaravolo dov’era in atto un intervento di manutenzione straordinaria e si trovava su un ponte mobile su ruote alto quasi due metri, quando ha perso l’equilibrio ed è caduto rovinosamente al suolo dall’impalcatura battendo violentemente la testa sul pavimento. De Waure è stato trasportato in ambulanza in condizioni gravissime e in codice rosso all’ospedale San Paolo dove però, non essendoci la Neurologia, non erano attrezzati per assistere adeguatamente il paziente che presentava un grave trauma cranico commmotivo con otorragia e stato di coma. Di qui l’immediato trasferimento al San Giovanni Bosco, dove De Waure, dopo otto ore di attesa nel reparto di Neurochirurgia, è stato ricoverato in Rianimazione, tenuto in coma farmacologico, e in prognosi riservata. I medici hanno dovuto operarlo al cervello per ridurre la pressione dell’ematoma e sottoporlo a tracheotomia. Solo l’inizio di una lunga via crucis, tra qualche timido segnale di miglioramento che aveva fatto sperare nel miracolo l’anziana mamma, i fratelli e le sorelle, che sono sempre rimasti al suo capezzale assistendolo con amore, e purtroppo altrettante ricadute. Il 21 settembre De Waure è stato trasferito nella casa di cura Santa Maria del Pozzo, a Somma Vesuviana, per tentare la riabilitazione, ma il 17 febbraio 2021 il suo fisico, duramente e troppo provato, ha manifestato l’ennesimo problema, un’emorragia interna: inutile il trasferimento d’urgenza all’ospedale del Mare, il 20 febbraio il suo cuore si è arreso. 

A questo punto la Procura di Napoli, che aveva già iscritto il fascicolo nel registro delle notizie di reato, attraverso il dott. Canale ha aperto un procedimento per omicidio colposo iscrivendo nel registro degli indagati A. C., il datore di lavoro dell’operaio e colui che gli aveva commissionato i lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio in questione. Il magistrato, anche in considerazione del lungo lasso di tempo intercorso tra l’infortunio e il decesso, ha incaricato un consulente tecnico medico legale per effettuare l’autopsia, che non ha fatto che confermare come le morte fosse dovuta unicamente ai gravissimi postumi della caduta. 

I familiari, che inizialmente brancolavano nel buio non sapendo esattamente cosa fosse accaduto al loro caro, attraverso i consulenti Luigi Cisonna e Vincenzo Carotenuto si sono rivolti a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e tutela dei diritti dei cittadini, per essere assistiti in tutte le attività finalizzate al perseguimento dell’iter risarcitorio, fornendo anche ogni opportuno supporto peritale e tecnico al legale incaricato dalla famiglia per seguire le indagini preliminari. 

Acquisiti e vagliati tutti gli atti dell’inchiesta, le indagini di polizia giudiziaria e dell’organo di vigilanza preposto, gli accertamenti di polizia scientifica, le dichiarazioni delle persone informate sui fatti e la fitta documentazione sanitaria, non ultima la perizia autoptica, il Pm ha quindi chiesto l’emissione del decreto di rinvio a giudizio per l’imputato, accusato di aver causato la morte del suo lavoratoreper colpa dovuta a negligenza, imprudenza, imperizia nonché ad inosservanza” di svariati articoli del Testo Unico sulla Salute e Sicurezza del lavoro. In particolare, si imputa ad A. C. di “non aver dotato il lavoratore dei necessari dispositivi di sicurezza” per i lavori in quota; di “non averne verificato mediante l’acquisizione di attestati, la formazione e la relativa idoneità sanitaria”; di “avergli fornito un ponte mobile su ruote di altezza complessiva di cm 193 e dal suolo di cm 143 non circondato da normale parapetto e da tavola fermapiedi che ne impedissero la caduta”, come avrebbero prescritto le normative. Circostanze che acuiscono i rimpianti ma anche la rabbia dei familiari per una morte del tutto evitabile, così come la loro ansia di giustizia.

Caso seguito da:

Luigi Cisonna

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Categoria:

Infortuni sul Lavoro

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