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Si prescrive in dieci anni l’azione recuperatoria dell’impresa mandataria per il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada nei confronti del conducente e/o del proprietario del veicolo non assicurato che ha causato l’incidente e questo perché l’azione ex art. 292 comma 1 del Codice delle Assicurazioni è autonoma. Lo ha chiarito e ribadito la Cassazione, terza sezione Civile con l’ordinanza n. 1368/24 depositata il 12 gennaio 2024.

Più precisamente, gli Ermellini, richiamando una recente decisione delle Sezioni Unite sul tema, hanno ribadito che l’azione recuperatoria dell’impresa designata dal FGVS nei confronti del responsabile civile ha natura autonoma e speciale ex lege. Essa non rientra né nello schema dell’azione di regresso tra coobbligati solidali né nel paradigma della surrogazione legale nei diritti del danneggiato. L’azione è contraddistinta “dal carattere atipico del vincolo di solidarietà passiva assunto dall’impresa designata dal Fondo nell’interesse unisoggettivo di un terzo, in sostituzione del responsabile civile”.

Per questa ragione, trova applicazione il termine ordinario di prescrizione pari a dieci anni, decorrente dal momento del pagamento. Gli Ermellini chiariscono, inoltre, che l’azione è esperibile anche in caso di accordo transattivo tra assicurazione e danneggiato, a nulla rilevando che si tratti di una scrittura conclusa inter alios, atteso che la norma prevede espressamente la transazione come titolo per esperire l’azione di recupero.

Incidente con scooter non assicurato, danneggiato transa risarcimento con compagnia del Fgvs

La vicenda. Un ciclomotore privo di copertura assicurativa aveva causato un sinistro e il danneggiato aveva concluso una transazione, per il ristoro dei danni patiti, con l’impresa designata dal Fondo di garanzia per le Vittime della Strada. L’assicurazione aveva quindi agito contro il conducente del motociclo in via monitoria per il recupero della somma versata e questi aveva proposto opposizione chiamando in causa il proprietario del veicolo: la compagnia aveva insistito nella sua pretesa estendendola anche al proprietario del mezzo.

L’assicurazione si rivale su conducente e proprietario e i giudici di merito le danno ragione

In primo grado, l’opposizione era stata rigettata così come la domanda verso il terzo chiamato in causa, ossia il proprietario, che invece era stata accolta in sede di gravame, con la condanna da parte dei giudici d’appello al pagamento fa parte di quest’ultimo e del conducente dello scooter a rifondere all’assicurazione quindicimila euro ciascuno.

 

Normativa e giurisprudenza sull’azione recuperatoria e prescrizione

Prima di entrare nel merito del ricorso in Cassazione va chiarito cosa prevede la normativa e i giudizi pregressi in materia.

Sulla natura dell’art. 292 c. 1 d.lgs. 209/2005, il cosiddetto Codice delle Assicurazioni, è intervenuta recentemente la Suprema Corte nella sua più autorevole composizione a Sezioni Unite con la sentenza 21514/22. Nella quale sui chiarisce che la disposizione del Codice delle Assicurazioni contiene due distinte azioni recuperatorie: l’azione di regresso nei confronti dei responsabili del sinistro per il recupero dell’indennizzo pagato, degli interessi e delle spese, che viene esperita dall’impresa designata quando, anche in via di transazione, abbia risarcito il danno nell’ipotesi di veicolo non identificato, oppure privo di assicurazione o posto in circolazione prohibente domino (art. 292 c. 1 d.lgs. 209/2005); la surrogazione dell’impresa designata, per l’importo pagato, nei diritti dell’assicurato e del danneggiato verso l’impresa posta in liquidazione coatta con gli stessi privilegi stabiliti dalla legge a favore dei predetti (art. 292 c. 2 d.lgs. cit.).

La qualificazione dell’azione recuperatoria dell’assicurazione di cui al primo comma come regresso oppure come surrogazione rileva sotto il profilo della prescrizione che decorre: dal giorno del pagamento, per il regresso; dal momento in cui poteva essere fatta valere, per la surrogazione. L’azione di regresso, si distingue dalla surrogazione, poiché costituisce un diritto autonomo e nuovo rispetto a quello estinto con il pagamento, mentre la surrogazione comporta il subentro nella medesima posizione del danneggiato, compreso il subingresso nelle garanzie del credito (si pensi alla fideiussione).

Il vincolo solidale esistente tra l’obbligazione del responsabile del sinistro stradale e l’obbligazione ex lege del Fondo vittime della strada (e, quindi, dell’impresa designata) è atipico. L’impresa designata può agire per il recupero dell’intero importo corrisposto al danneggiato nei confronti dei responsabili (conducente e proprietario). Quindi, nell’ipotesi in cui il sinistro sia imputabile a più responsabili, ossia quando il conducente sia diverso dal proprietario del veicolo, l’impresa designata può pretendere da uno qualsiasi dei responsabili (e non soltanto dal proprietario inadempiente all’obbligo assicurativo) l’intero importo pagato e non solo la quota su questi gravante.

Infine, in caso di insolvenza di uno dei corresponsabili, l’altro è tenuto per l’intero. Infatti, non trovano applicazione né l’art. 1299 c.c. né l’art. 2055 c.c., a mente dei quali il debitore in solido che abbia pagato l’intero debito può chiedere ai condebitori solo la quota di ciascuno di essi e se uno di questi è insolvente, la perdita si ripartisce tra gli altri condebitori, compreso quello che ha fatto il pagamento.

I presupposti per esperire l’azione di regresso ex art. 292 c. 1 d.lgs. cit. sono: la richiesta del danneggiato; la scopertura assicurativa e il pagamento dell’indennizzo, anche in via transattiva.

 

Il ricorso per Cassazione del conducente del mezzo che invoca la prescrizione biennale

Premesso questo, come detto il conducente (e in via incidentale anche il proprietario) ha quindi proposto ricorso per Cassazione sostenendo in primis che l’azione di regresso dell’impresa designata doveva considerarsi prescritta nel termine di due anni previsto dall’art. 2947 comma 2 del codice civile per il risarcimento dei danni da circolazione dei veicoli. Secondo i suoi difensori, l’azione rappresentava un’ipotesi di surrogazione legale (art. 1203 n. 5 c.c.) nella posizione del danneggiato, e per questo avrebbe dovuto operare il termine biennale, in contrasto quindi con la qualificazione operata dal giudice di merito in relazione all’art. 292 Cod. Ass.

Ma la Suprema Corte rigetta le doglianze e conferma i dieci anni per l’azione di regresso

Ma La Suprema Corte ha considerato infondata la doglianza. Gli Ermellini hanno infatti ricordato che, in caso di sinistro provocato da un veicolo sprovvisto di copertura assicurativa oppure non identificato, il Codice delle Assicurazioni dispone espressamente che l’impresa designata possa esperire l’azione di recupero nei confronti del responsabile del sinistro (art. 292 c. 1 d. lgs. 209/2005). Tale figura comprende il proprietario e, se diverso da questi, il conducente danneggiante.

La Cassazione ha quindi ricordato che l’interpretazione di tale disposizione era stata oggetto di pronunce contrastanti sino al recente e già citato intervento nomofilattico delle Sezioni Unite (sent. 21514/2022). L’azione recuperatoria dell’impresa designata nei confronti del responsabile, ribadiscono i giudici de Palazzaccio, ha natura autonoma e speciale ex lege. Pertanto, non rientra né nel paradigma dell’azione di regresso tra coobbligati solidali, né allo schema della surrogazione legale nei diritti del danneggiato.

La ragione della sua autonomia risiede nella peculiarità della solidarietà passiva tra impresa assicuratrice e responsabile civile, l’azione è caratterizzata “dal carattere atipico del vincolo di solidarietà passiva assunto dall’impresa designata dal Fondo nell’interesse unisoggettivo di un terzo, in sostituzione del responsabile civile”. Così qualificata, pertanto, l’azione è soggetta al termine ordinario decennale di prescrizione, decorrente dalla data del pagamento (e non già a quello biennale).

 

Grava sul danneggiante l’onere di provare il proprio stato di incapacità

Il conducente aveva altresì contestato la decisione impugnata ritenendo che il sinistro non gli fosse imputabile in quanto non proprietario del mezzo, e inoltre, in quanto egli era minore d’età al momento dell’evento (dunque, incapace) e il danneggiato non avrebbe dimostrato il contrario.

Ma la Suprema Corte ha considerato infondata anche tale la doglianza. Infatti, in caso di sinistro provocato da un veicolo sprovvisto di copertura assicurativa oppure non identificato, il Codice delle Assicurazioni dispone che l’impresa designata possa esperire l’azione di recupero nei confronti del responsabile del sinistro (art. 292 c. 1 d. lgs. 209/2005). Tale figura comprende il proprietario e, se diverso da questi, il conducente danneggiante. E per quanto attiene al riparto dell’onere probatorio, grava sul danneggiante, sottolineano i giudici del Palazzaccio, l’onere di provare che al momento del fatto lesivo egli si trovasse in uno stato di incapacità di intendere e volere ex art. 2046 c.c. Infatti, l’imputabilità della condotta non rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie di responsabilità extracontrattuale “ma si pone come condizione soggettiva esimente della stessa”.

 

Azione recuperatoria valida anche in caso di transazione

Infine, il ricorrente ha sostenuto che l’azione di regresso avesse ad oggetto il credito nascente dalla transazione, ma, trattandosi di una scrittura privata inter alios, riteneva che non gli fosse opponibile. Anche tale censura però è stata ritenuta infondata: infatti, come già ricordato, la Cassazione ha chiarito che la disposizione del Codice delle Assicurazioni cita espressamente il risarcimento operato anche in via di transazione, pertanto, l’accordo transattivo costituisce titolo per intraprendere l’azione di recupero. In buona sostanza, la transazione tra l’assicurazione e il danneggiato ha efficacia anche nei confronti dei responsabili del sinistro, benché estranei alla pattuizione, poiché è il dato normativo a prevederlo.

Per tutte le ragioni, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso principale del conducente e quello incidentale del proprietario del ciclomotore e condannato entrambi anche al pagamento delle spese di lite in favore della compagnia designata.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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