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La cosiddetta constatazione amichevole di un incidente fa fede sulla dinamica di un sinistro ma il suo valore viene meno nel momento in cui i fatti da essa descritti risultino incompatibili con le conseguenze del sinistro accertate oggettivamente in sede di giudizio. A ricordare questo principio la Cassazione, con l’ordinanza n. 36173/22 depositata il 16 dicembre 2022, con la quale ha rigettato il ricorso del proprietario di una vettura.

Una causa per i danni materiali di un sinistro

Il legale rappresentante di un’azienda di arredamenti trentina aveva citato in causa gli eredi di un camionista, poi deceduto, e la compagnia di assicurazione del mezzo per ottenerne la condanna a rifondergli i danni subiti da una macchina aziendale in seguito a un incidente che sarebbe stato appunto causato dall’autotrasportatore il quale, con il proprio autocarro, avrebbe urtato l’auto, una Mercedes, parcheggiata nel cortile dell’abitazione.

I giudici territoriali rigettato la domanda, la Cid non corrisponde a quanto accertato in giudizio

Il Giudice di Pace di Verona, con decisione del 2018, aveva però rigettato la domanda in quanto infondata e lo stesso aveva fatto, quale giudice di secondo grado, con sentenza del 2021, il Tribunale scaligero. I giudici avevano sostenuto che, anche volendo considerare attendibile la ricostruzione del fatto contenuta nell’atto introduttivo del giudizio, secondo il modulo della costatazione amichevole, non poteva ritenersi provato il rapporto causale tra quella dinamica e il danno lamentato all’autovettura, come peraltro aveva confermato la consulenza tecnica d’ufficio disposta ad hoc.

 

Il danneggiato ricorre in Cassazione battendo sulla valenza della constatazione amichevole

L’azienda ha quindi proposto ricorso anche per Cassazione prospettando in primis l’errata interpretazione di norme di diritto nonché l’omessa ammissione di mezzi di prova ritenuti rilevanti e la mancata considerazione di un documento fondamentale ai sensi dell’art. 360, co. 1, nn. 3-5.

La ricorrente ha lamentato la mancata amissione dell’interrogatorio formale della figlia del camionista e, soprattutto, il fatto che i giudici non avessero tenuto conto del modulo di constatazione amichevole e della dichiarazione stragiudiziale della donna, che aveva dichiarato di aver rinvenuto il mezzo del padre colliso con l’auto nell’immediatezza dei fatti e, in ultimo, della fattura relativa ai danni subiti.

I giudici, secondo la linea difensiva, avrebbero dovuto ritenere dirimente, quanto alla dinamica del sinistro, il modulo compilato e sottoscritto dai soggetti coinvolti nel sinistro, contente, secondo il ricorrente, l’ammissione di responsabilità da parte del camionista, successivamente deceduto come detto, senza prova contraria.

Ma per la Suprema Corte i motivi di doglianza sono inammissibili. Quanto alla mancata assunzione delle prove, “il giudice di merito – spiegano gli Ermellini – ha fornito argomento della decisione assunta, ritenendo la consulenza tecnica d’ufficio decisiva per escludere che l’incidente fosse andato secondo il racconto della parte attrice. A prescindere da ciò, la mancata ammissione delle prove è vizio della decisione impugnata qualora si dimostri che, se assunta, quella prova avrebbe determinato una diversa decisione. La ricorrente non lo dimostra, né può trarsi argomento dal riferimento, ipotetico, che vi fa la CTU, la quale, da quanto viene riportato, ha asserito l’inverosimiglianza della dinamica prospettata dalla parte, ed avrebbe soltanto ritenuto possibile un giudizio di compatibilità dei danni (ossia del loro ammontare) qualora fosse emerso aliunde un incidente”.

In sostanza, sottolinea la Cassazione, il giudice di merito ha escluso con motivazione adeguata che le prove fossero necessarie, essendo emersa dalla Ctu l’inverosimiglianza della dinamica raccontata dalla parte attrice.

 

Cid superata in caso di accertata incompatibilità tra la versione dei fatti descritta e accertata

E quanto al valore confessorio della constatazione amichevole di incidente, la parte che più preme, gli Ermellini ricordano che è principio di diritto che “ogni valutazione sulla portata confessoria del modulo di constatazione amichevole d’incidente (cosiddetto C.I.D.) deve ritenersi preclusa dall’esistenza di un’accertata incompatibilità oggettiva tra il fatto come descritto in tale documento e le conseguenze del sinistro come accertate in giudizio”. E tale incompatibilità nello specifico era stata accertata dal consulente tecnico a cui il giudice di merito ha dato credito.

Il motivo di ricorso – concludono i giudici del Palazzaccio – non aggredisce in modo idoneo la ratio decidendi la quale non riguarda la dinamica del sinistro, che viene assunta così come indicato nell’atto di citazione, ma attiene al nesso di causalità fra il sinistro, così assunto, ed il danno, nesso che il giudice del merito ha reputato non provato”.

Dunque, ricorso e pretese risarcitorie definitivamente rigettate.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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