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Anche se il pedone ha tenuto una condotta imprudente nell’attraversare la strada, l’automobilista che lo abbia investito non può andare comunque esente da responsabilità se non dimostra di aver fatto tutto il possibile per evitarlo e se a sua volta non ha tenuto un comportamento esente da colpe.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8487/22 depositata il 16 marzo 2022, ha ribadito con forza questo principio base a tutela degli utenti deboli della strada intervenendo su un caso limite e tragico.

La domanda di risarcimento dei familiari di un pedone investito e ucciso

Con sentenza del febbraio 2019 la Corte d’Appello di Roma, in accoglimento del gravame interposto dai familiari della vittima, e in conseguente riforma della pronuncia di primo grado del Tribunale di Roma del 2012, aveva parzialmente accolto la domanda di risarcimento che essi avevano proposto contro il proprietario e il conducente della vettura che aveva investito il loro caro causandone la morte, a Roma il 14 marzo 2006, e contro la compagnia Assitalia quale impresa designata all’epoca per per la regione Lazio per il Fondo di Garanzia per la Vittime della Strada, dato che il veicolo era pure sprovvisto di copertura assicurativa.

L’automobilista sostiene l’esclusiva responsabilità della vittima

Proprietario e conducente hanno quindi proposto ricorso per Cassazione, addebitando ogni responsabilità del sinistro in capo alla stessa vittima, il quale avrebbe attraversato un incrocio di corsa quando la luce del semaforo pedonale era già arancio: sarebbe stato questi, con una condotta imprudente, imperita e negligente, a finire contro il veicolo dopo aver perso l’equilibrio ed essere caduto mentre correva per attraversare, con la conseguenza che il conducente dell’auto nulla avrebbe potuto fare per evitare l’impatto e, dunque, con il superamento della presunzione di responsabilità ex art. 2054, comma 1, c.c.

I ricorrenti hanno poi contestato altre conclusioni della sentenza impugnata, in particolare laddove si stabiliva che il sinistro sarebbe avvenuto quando il pedone aveva quasi terminato l’attraversamento, nonché la quantificazione della velocità della vettura, una Smart, che a loro dire sarebbe andata più piano di quanto stabilito, assedendo che quindi l’incidente sarebbe stato da ascriversi esclusivamente al pedone che, avendo la visuale libera, anziché astenersi dall’attraversare la strada l’aveva attraversata di corsa e non sulle strisce pedonali.

Per la Cassazione, tuttavia, i motivi sono inammissibili. La Suprema Corte parte dal punto fermo dell’accertamento, nel giudizio di merito, che l’investimento del pedone da parte dell’automobilista era avvenuto in prossimità di un attraversamento pedonale con semaforo a chiamata che in quel momento proiettava, secondo la ragionevole ipotesi del consulente tecnico d’ufficio, luce “attestata sul giallo”. E che il sinistro era stato ascritto alla concorrente responsabilità del conducente dell’auto, il quale “teneva una velocità non solo superiore a quella consentita ma anche assolutamente incongrua alla situazione”, che, in prossimità di una intersezione, avrebbe richiesto di procedere “con estrema prudenza stante la probabile presenza di un pedone”, e della stessa vittima, che aveva “attraversato la strada di corsa e fuori delle strisce pedonali” e, avendo “la visuale libera”, ben “avrebbe potuto avvistare per tempo la vettura e quindi tenere un atteggiamento più prudente“.

 

Per andare assolto l’automobilista non deve aver commesso alcuna violazione

Per gli Ermellini la Corte di merito, nell’aderire alla ricostruzione e alle conclusioni della disposta Ctu, ha fatto corretta applicazione del principio affermato dalla stessa Suprema Corte  secondo cui “la responsabilità del conducente coinvolto nell’investimento di un pedone, pur essendo presunta, può essere tuttavia esclusa non solo quando l’investitore abbia fornito la prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, ma anche quando risulti con certezza, dalle modalità del fatto, che non vi era alcuna reale possibilità di evitare, da parte sua, l’incidente, purché egli non sia incorso nella violazione di norme specifiche incidenti con nesso di causalità sul sinistro”, rilevando come, nel caso specifico, il conducente e presunto corresponsabile non avesse fornito alcuna prova liberatoria al riguardo.

I ricorrenti, osserva la Suprema Corte ripropongono in realtà “la propria tesi difensiva, volta all’affermazione dell’esclusiva responsabilità della vittima nella determinazione del sinistro, già sottoposta al vaglio della Corte di merito e da questa non accolta, formulando censure prospettanti un’inammissibile rivalutazione delle emergenze processuali e probatorie comportante accertamenti preclusi a questa Corte di legittimità”.

Accolta la ripartizione del concorso di colpa

La Cassazione tuttavia, ferma la riaffermazione della corresponsabilità dei ricorrenti, ha accolto uno dei loro motivi di doglianza, ossia la carente motivazione della sentenza di merito nella determinazione del concorso di colpa in misura dell’80% in capo all’automobilista a del 20% a carico del pedone. “Quando ravvisa un concorso di colpa nella causazione di un sinistro – concludono gli Ermellini – il giudice è tenuto a congruamente motivare circa la maggiore o uguale gravità dell’una o dell’altra colpa, poiché l’accertamento in termini percentuali del concorso di colpa della vittima nella causazione del danno costituisce il frutto di un procedimento logico e non matematico, dovendo pertanto debitamente indicare il criterio logico che nel caso ha presieduto alla formazione del proprio convincimento nell’operata determinazione della relativa misura percentuale, solo in tal caso l’operato apprezzamento sottraendosi invero al sindacato di legittimità.

Nella specie non è dato invero rinvenire alcuna esplicitazione al riguardo in ordine al quadro probatorio né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito”.

La sentenza impugnata è stata pertanto cassata solo relativamente a questo punto con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, che dovrà riesaminare la questione limitatamente alla percentuale di responsabilità.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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