Perdere una persona cara a causa di un’infezione contratta in ospedale è un dramma doppio. Alla sofferenza per la perdita si aggiunge l’amarezza di sapere che quel decesso poteva forse essere evitato, se la struttura sanitaria avesse rispettato i protocolli di igiene e prevenzione.
In Italia, le cosiddette infezioni nosocomiali rappresentano ancora oggi una delle principali complicazioni durante i ricoveri. Quando portano al decesso di un paziente, i familiari hanno il diritto – oltre che il dovere – di chiedere verità e giustizia, intraprendendo un percorso che può portare a un risarcimento.
In questo articolo vediamo cosa prevede la legge, quali sono le sentenze più importanti della Cassazione e come Studio3A-Valore S.p.A. affianca le famiglie per ottenere il riconoscimento dei loro diritti.
Indice
Cosa si intende per infezione ospedaliera
Un’infezione ospedaliera è una patologia che insorge durante la degenza e che non era presente al momento del ricovero. Può derivare da ambienti non igienizzati correttamente, da strumenti chirurgici non sterilizzati, dall’uso scorretto di antibiotici o dalla mancata applicazione di protocolli di prevenzione.
Non sempre un’infezione contratta in ospedale è indice di responsabilità: la medicina non è esente da rischi. Tuttavia, quando si dimostra che l’ospedale non ha fatto tutto il necessario per prevenire il contagio o gestirlo in tempo, scatta la responsabilità civile della struttura.
La responsabilità delle strutture sanitarie secondo la Cassazione
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito più volte che le strutture sanitarie rispondono a titolo contrattuale nei confronti dei pazienti. Questo significa che hanno un obbligo di protezione e sicurezza e che, in caso di infezione mortale, spetta a loro dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie.
La Cassazione civile, sez. III, sentenza n. 8940/2006, ha stabilito che non è il paziente o la famiglia a dover provare la colpa dei sanitari, ma l’ospedale a dover dimostrare di avere rispettato protocolli e linee guida. La sentenza n. 577/2018 ha ribadito che il nesso causale può essere provato anche in termini probabilistici: se è altamente verosimile che il decesso derivi dall’infezione contratta in ospedale, la responsabilità della struttura va riconosciuta.
Ancora, la Cassazione civile n. 28987/2019 ha condannato un ospedale per la morte di un paziente a seguito di infezione da catetere venoso, evidenziando come la mancata documentazione di corrette procedure equivalga a una prova di responsabilità.
Chi può e come chiedere il risarcimento
In caso di decesso, il diritto al risarcimento spetta ai familiari più stretti: coniuge, figli, genitori. In alcune circostanze, anche fratelli, sorelle o conviventi di lungo corso possono avanzare la richiesta, se dimostrano un legame affettivo solido.
Il risarcimento ha due componenti:
- danno patrimoniale, cioè le spese sostenute (cure, funerale, perdita di reddito familiare);
- danno non patrimoniale, che comprende il dolore, la sofferenza e la perdita del rapporto parentale.
Per la quantificazione, i giudici fanno riferimento alle tabelle del Tribunale di Milano, utilizzate come standard in tutta Italia.
La procedura per ottenere un risarcimento richiede di acquisire la cartella clinica e affidarla a un medico legale di fiducia. È lui a valutare se l’infezione e la conseguente morte potevano essere evitate.
Prima di arrivare in tribunale, la legge Gelli-Bianco prevede un tentativo di conciliazione, che può chiudersi con un accordo risarcitorio. In mancanza, si procede con la causa civile.
La Cassazione civile, n. 11320/2019, ha chiarito che il nesso causale va valutato in base alla ragionevole certezza scientifica, tenendo conto di linee guida e best practice. Per questo motivo, la consulenza medico-legale è sempre determinante.
Alcuni casi concreti
Molte vicende giudiziarie mostrano chiaramente come la giurisprudenza riconosca la responsabilità degli ospedali nei casi di infezione mortale.
- Un paziente sottoposto a intervento chirurgico sviluppa un’infezione da Staphylococcus aureus. L’ospedale non interviene tempestivamente e la sepsi lo porta al decesso. La Cassazione ha riconosciuto la responsabilità della struttura per ritardo diagnostico (sent. n. 18392/2017).
- Un anziano ricoverato in terapia intensiva contrae una sepsi da catetere non sostituito regolarmente. L’ospedale non dimostra di avere rispettato le procedure e viene condannato a risarcire i familiari (sent. n. 28987/2019).
Casi come questi dimostrano che non si tratta di episodi isolati e che è possibile ottenere giustizia con le giuste competenze.
Quanto può valere un risarcimento per malasanità. Non esiste una cifra fissa: l’importo dipende dall’età della vittima, dalla sua condizione lavorativa ed economica, e dal grado di parentela dei richiedenti.
In alcuni casi, i tribunali hanno riconosciuto risarcimenti superiori al milione di euro per la perdita di una persona giovane con figli piccoli. Per pazienti anziani e non più attivi lavorativamente, le cifre sono più contenute, ma comunque rilevanti, nell’ordine di centinaia di migliaia di euro.
L’aiuto di Studio3A
Affrontare una causa per morte da infezione ospedaliera da soli è molto difficile: le strutture sanitarie e le compagnie assicurative si difendono con avvocati e periti esperti.
Studio3A-Valore S.p.A. affianca i familiari con un team multidisciplinare di avvocati, medici legali e consulenti tecnici. L’obiettivo è uno solo: far emergere la verità e ottenere il giusto risarcimento, senza gravare economicamente sulle famiglie, che non devono anticipare spese legali o peritali.
Il risarcimento per morte da infezione ospedaliera non potrà mai restituire chi si è perso, ma rappresenta una forma di giustizia e di tutela per i familiari. Le sentenze della Cassazione hanno chiarito che gli ospedali hanno precisi obblighi di prevenzione e che spetta a loro dimostrare di aver agito correttamente.
Se sospetti che un’infezione contratta in ospedale abbia causato la morte di un tuo familiare, non rimanere nel dubbio. Rivolgiti a professionisti specializzati: ottenere giustizia è possibile e Studio3A è al tuo fianco per accompagnarti in questo percorso difficile ma necessario.
Scritto da:

Emanuele Musollini
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