Com’è ampiamente noto, il Codice della strada impone ai conducenti dei veicoli di tenere la destra, ma questa disposizione non è mirata prioritariamente ad evitare collisioni con quanti provengono dal senso contrario di marcia.
Secondo l’ultima interpretazione della Cassazione, che al riguardo il 9 giugno 2021 ha depositato una sentenza, la n. 16192/21, di cui d’ora in avanti si dovrà tenere conto, non si potrebbe addebitare colpe a chi, correndo al centro della carreggiata di sua pertinenza se non in prossimità della linea di mezzeria, resti coinvolto in un “frontale” con la controparte che abbia invaso la corsia opposta.
E questo perché, per l’appunto, “l’infrazione di una norma sulla circolazione stradale, pur potendo importare responsabilità ad altro titolo, non può di per sé dar luogo a responsabilità civile per un evento dannoso che non sia con essa in rapporto di causa ed effetto: l’individuazione della regola cautelare, anche nel caso di cautela specifica, non può prescindere dalla considerazione che la colpa non rappresenta la violazione di una qualsivoglia regola di prudenza o diligenza, ma solo della regola cautelare il cui scopo è quello di evitare il tipo di evento in concreto verificatosi”.
Indice
Motociclista ritenuto corresponsabile al 40 per cento di un incidente
La vicenda. Un motociclista, che viaggiava in sella a uno scooter risultato peraltro non assicurato, e Generali (già Assitalia), in qualità di impresa all’epoca designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime delle Strada per la regione Lazio, erano stati citati in giudizio da un altro centauro per essere risarcito dei danni patiti in seguito ad un incidente stradale occorso il 27 settembre 2010 in Corso Vittorio Emanuele II, nella Capitale, e il Tribunale di Roma aveva concluso per una concorrente responsabilità dei due nella causazione del sinistro, nella misura, rispettivamente, del 40 e del 60 per cento, condannando il conducente chiamato in causa e la compagnia a corrispondere al danneggiato la somma di 217.679 euro decurtata del 60%, e dunque 87.071,94 euro a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. Sentenza confermata anche dalla Corte d’appello di Roma con pronunciamento del 21 maggio 2019.
Il centauro rimasto gravemente ferito lamentava il fatto di essere caduto dalla sua moto a causa di una brusca frenata per evitare di tamponare un’auto che lo precedeva e il cui conducente aveva a sua volta effettuato un improvviso “stop”, di essere rovinato a terra all’altezza della linea di mezzeria e di essere stato allora investito dall’altro motociclista che sopraggiungeva nella direzione contraria.
Al centauro si imputa di non aver tenuto la destra
Il giudice di primo grado aveva riconosciuto la responsabilità preminente dello stesso danneggiato, in misura del 60%, per il mancato rispetto della distanza di sicurezza, ma aveva imputato il restante 40% di colpa al conducente dello scooter che lo aveva travolto in quanto viaggiava in prossimità della linea di mezzeria, sebbene senza oltrepassarla, in violazione dell’obbligo di tenere la destra, art. 143 del Codice della strada
La Corte d’Appello, anche a voler ritenere applicabile nel caso di specie, come sostenuto dall’appellante principale, l’art. 144 e non 143 del Codice della Strada – e, dunque, ritenendo integrata l’ipotesi della guida per “file parallele”, con esonero dal dovere, imposto invece dall’altra norma, di “circolare sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della medesima, anche quando la strada è libera” – aveva ritenuto che la sua responsabilità si fondasse sulla violazione del dovere di comune prudenza di viaggiare al centro della strada, la cui osservanza gli avrebbe consentito “eventuali manovre di emergenza per evitare collisioni con veicoli marcianti nel senso opposto”.
Il centauro ha perciò proposto ricorso anche per cassazione, adducendo ancora la violazione e falsa applicazione dell’art. 144 cod. strada e censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto che egli avesse concorso a produrre il sinistro non avendo rispettato la norma di prudenza che imporrebbe di guidare al centro della carreggiata, nonostante nel caso di specie fosse applicabile, per l’appunto, l’articolo 144 del codice della strada che invece “consente ai veicoli di posizionarsi liberamente nella corsia di marcia”.
Inoltre, ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 cod. civ., censurando la Corte territoriale per aver erroneamente ritenuto che il posizionamento dei veicoli all’interno della propria corsia di marcia sia una norma atta ad evitare il rischio dell’improvvisa occupazione della corsia da parte di un veicolo proveniente dalla direzione opposta, laddove invece la giurisprudenza di legittimità aveva chiarito che lo scopo dell’art. 143 cod. strada è solo quello di assicurare che il conducente osservi un’andatura corretta e regolare.
Per la Suprema corte il ricorso è fondato. Gli Ermellini ricordano come la stessa Cassazione abbia recentemente ribadito, tra l’altro proprio con riferimento alla previsione di cui all’art. 143 cod. strada, che “l’infrazione di una norma sulla circolazione stradale, pur potendo importare responsabilità ad altro titolo, non può di per sé dar luogo a responsabilità civile per un evento dannoso che non sia con essa in rapporto di causa ed effetto”, soggiungendo “come l’individuazione della regola cautelare, anche nel caso di cautela specifica, non possa prescindere dalla considerazione che la colpa non rappresenta la violazione di una qualsivoglia regola di prudenza o diligenza, ma solo della regola cautelare il cui scopo è quello di evitare il tipo di evento in concreto verificatosi”.
La norma non è tesa a evitare il rischio di un’improvvisa invasione dalla corsia opposta
Su tali basi, dunque, e considerato altresì che nella giurisprudenza penale della Suprema Corte si afferma che persino “l’obbligo di circolare sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della medesima, anche quando la strada è libera, previsto dall’art. 143 cod. strada, ha la finalità di garantire un’andatura corretta e regolare nell’ambito della propria corsia di marcia per la tutela del veicolo procedente e degli altri che la percorrono, e non di evitare il rischio dell’improvvisa occupazione della corsia da parte di un veicolo proveniente dalla direzione opposta”, i giudici del Palazzaccio riconoscono “l’erroneità del ragionamento svolto dalla sentenza impugnata”.
La Corte territoriale, infatti, puntualizza la Cassazione, “anziché inferire la misura del contributo dell’odierno ricorrente nella causazione del sinistro dal solo posizionamento del veicolo in prossimità della linea di mezzeria, avrebbe dovuto accertare se costui, effettivamente, abbia mancato di effettuare (e per quali ragioni) eventuali manovre di emergenza per evitare collisioni con veicoli marcianti nel senso opposto”. Non basta, cioè, riscontrata violazione degli artt. 141 e 143 cod. strada, “potendo esservi delle ipotesi in cui l’inosservanza di una norma cautelare non comporti alcuna colpa ascrivibile all’agente in termini di responsabilità aquiliana, atteso che la qualificabilità del comportamento contrario a una norma cautelare in termini di colpa, rispetto a uno specifico evento, richiede in ogni caso il concreto riscontro di un nesso di causalità tra l’inosservanza della regola cautelare e lo specifico evento dannoso oggetto d’esame”.
Per la cronaca, la Suprema Corte ha invece rigettato il ricorso incidentale proposto dal centauro ferito, che al contrario sosteneva che l’intera responsabilità del sinistro doveva essere attribuita alla controparte, e, in accoglimento del ricorso principale, ha cassato la sentenza rinviando alla Corte d’Appello capitolina, in diversa composizione, per la decisione nel merito.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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Categoria:
Blog Incidenti da Circolazione StradaleCondividi
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