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La Corte di Cassazione, III Sez. Civ., con l’ordinanza 26264/23, pubblicata l’11 settembre 2023, si è espressa in merito al risarcimento del danno morale, dove può essere applicato il “punto pesante” contenuto nelle tabelle milanesi nel computo del risarcimento del danno biologico.

Il punto pesante esprime in sintesi il valore monetario corrispondente alla somma del danno biologico, ossia quello dinamico-relazionale, e del danno morale in sé, per quanto il danneggiato ha subìto sul piano psichico.

Gravi lesioni dopo l’incidente: il Tribunale riconosce responsabilità alla vittima

Il caso nasce da un incidente stradale in cui una donna ha convenuto in giudizio un’impresa dopo che un veicolo di grossa cilindrata l’ha urtata sulla fiancata destra, facendola sbandare e impattare contro un edificio, salvo poi dileguarsi senza più essere rintracciato.

Inizialmente il Tribunale ha riconosciuto per le gravi lesioni personali patite dalla donna un risarcimento di circa 83mila euro, riconoscendo però una sua corresponsabilità nell’incidente per la velocità tenuta (maggioritaria nei confronti della conducente per il 60 per cento). Allo stesso modo si è pronunciata la Corte d’appello che aveva inoltre affermato che il danno morale fosse già stato interamente risarcito, in quanto ricompreso nel “punto pesante” delle tabelle milanesi utilizzate per liquidare il danno biologico.

Nessuna corresponsabilità e personalizzazione del danno: il ricorso per Cassazione

La donna, però, ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a ben sette motivi, i quali si possono sintetizzare in due punti principali. Nel primo l’automobilista ha denunciato violazione e falsa applicazione soprattutto dell’art. 2054 sulla corresponsabilità, affermando che l’esclusiva responsabilità è a carico del conducente della vettura non identificata. L’art. 2054, infatti, opera solo quando non è possibile accertare la dinamica, ma in questo caso, si legge, “operava una presunzione de facto di inosservanza della distanza di sicurezza da parte dell’altro veicolo, inoltre l’affermazione circa l’elevata velocità che sarebbe stata tenuta dalla donna è del tutto arbitraria e frutto di un’errata interpretazione del CTU medico legale, giacché il riferimento compiuto dal consulente alla verosimile elevata velocità con cui si era verificato l’urto contro l’edificio non poteva essere interpretato come prova che l’automobilista viaggiasse ad alta velocità, essendo più verosimile che la gravità dell’impatto fosse dipesa dall’accelerazione determinata dall’urto subìto”.

Il secondo punto concerne invece il danno morale , il quale – erroneamente secondo la conducente – sarebbe stato ritenuto già risarcito dal Tribunale perché ricompreso nel danno biologico. La contestazione, però, verte sul fatto che il giudice non abbia proceduto ad una personalizzazione del danno biologico in considerazione del pregiudizio morale sofferto.

La Suprema Corte le dà ragione: non c’è corresponsabilità nell’incidente

In merito all’art. 2054, il Palazzaccio si è espresso a favore della donna, cassando la precedente sentenza della Corte d’appello. Quest’ultima infatti avrebbe erroneamente applicato tale articolo, non affermando un concorso paritario (60% di responsabilità alla vittima) e inoltre utilizzando un criterio non adeguato per affermare l’eccesso di velocità: “il dato della gravità delle lesioni – si legge nell’ordinanza – non consente, di per sé solo, di risalire alla velocità tenuta dalla donna e, ulteriormente, di ipotizzare che detta velocità fosse inadeguata e tale da non consentire alla vittima di maggiormente controllare il proprio mezzo“.

La Corte – prosegue ancora il giudice – non dice quale fosse la velocità alla quale la conducente avesse dovuto procedere, né afferma che una velocità più ridotta avrebbe evitato la perdita di controllo e lo sbandamento a sinistra”. Ecco che, quindi, non sostenendo quale fosse la guida idonea ed asseverando affermazioni generiche e prive di pregnanza, quanto detto dalla Corte d’appello va cassato sul punto.

Ma non c’è contraddittorietà sul risarcimento del danno morale o sulla personalizzazione

Gli Ermellini, però, hanno ritenuto infondato il successivo motivo: “non sussiste contradditorietà nella sentenza impugnata (quella di secondo grado, ndr) – afferma la Suprema Corte – per il fatto di avere ritenuto che il danno morale sia stato in concreto liquidato e per non avere, al tempo stesso, proceduto ad una personalizzazione del danno biologico”.

Secondo il giudice il risarcimento del danno morale non comporta sempre la necessità della personalizzazione, fermo restando che l’aumento personalizzato è consentito soltanto laddove l’esito lesivo superi quello standard della tabella milanese.

La Cassazione ha chiarito nuovamente – e questo preme in termini giuridici – che il cosiddetto “punto pesante” previsto dalle tabelle milanesi “esprime il valore monetario corrispondente alla somma del danno biologico (dinamico-relazionale) e del danno morale (tanto più che, a partire dal 2021, dette tabelle prevedono distintamente il valore del “punto danno biologico”, quello dell’ “incremento per sofferenza” e quello del “punto danno non patrimoniale”, pari alla sommatoria dei primi due)”.

Scritto da:

Dott. Andrea Biasiolo

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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