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La condotta non esente da colpe, peraltro neppure ben accertate, da parte del pedone investito mentre attraversa la strada non può in alcun modo costituire un “elemento elidente” di qualsiasi responsabilità in capo al conducente del veicolo che lo ha travolto, al quale peraltro spetta l’onore di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il sinistro.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5957/22 depositata il 23 febbraio 2022, ha ribadito con forza un principio che evidentemente è ancora poco chiaro a molti giudici di merito, rendendo giustizia a una giovane che era stata urtata da un furgone per di più durante una retro.

Investita da un furgone in retro chiede i danni ma i giudici rigettano la domanda

Una giovane, ancora minorenne all’epoca dei fatti, il 1998, era stata investita a Mugnano, nel Napoletano, mentre attraversava la strada da un furgone il cui conducente stava effettuando una manovra di retromarcia. Una volta divenuta maggiorenne la malcapitata, non essendo stata risarcita, ed essendo nel frattempo la compagnia assicurativa del mezzo, la Assid Assicuratrice Italiana Danni, in liquidazione coatta, oltre a quest’ultima aveva citato in causa Generali in quanto impresa mandataria a quel tempo per la regione Campania per il Fondo di Garanzia per le vittime della strada, ma la sua richiesta risarcitoria era stata rigettata dal Giudice di Pace di Marano di Napoli. La danneggiata aveva quindi appellato la decisione avanti il Tribunale di Nord quale giudice di secondo grado, ma anche in questo caso, con sentenza del 2020, la sua domanda era stata respinta, con condanna a pagare anche le spese di lite.

La giovane ricorre per Cassazione, che le dà ragione

La donna però non si è data per vinta e ha proposto ricorso anche per Cassazione, dolendosi del fatto che il tribunale partenopeo avesse interpretato erroneamente la norma in tema di presunzione di colpa del conducente, nel senso di attribuire efficacia elidente della responsabilità del conducente dell’automezzo in presenza di una condotta imprudente del pedone. La ricorrente, inoltre, ha censurato il mancato esame della condotta tenuta dall’investitore che non aveva fatto tutto il possibile per evitare l’incidente.

E la Suprema Corte, in totale riforma delle sentenze avverse, le ha dato dato ragione, non condividendo affatto le conclusioni del giudice d’appello che, come detto, aveva attribuito alla condotta del pedone un’efficacia elidente della responsabilità del conducente del furgone, ritenendo che la mancata prova di avere tenuto una condotta del tutto esente da censure nell’attraversamento della strada da parte della danneggiata e della madre avrebbe precluso l’imputazione di qualsivoglia responsabilità al conducente dell’automezzo.

 

Il concorso di colpa del pedone non basta per mandare assolto l’investitore

L’affermazione di responsabilità del conducente dell’automezzo, ai sensi dell’art. 2054 cod. civ., non esclude che debba compiersi l’indagine sulla condotta tenuta dal pedone al fine di accertarne un concorso di colpa, rilevante ai sensi dell’art. 1227 cod. civ” premettono i giudici, che tuttavia aggiungono anche che “l‘accertamento del comportamento colposo del pedone investito da veicolo non è sufficiente per l’affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l’investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall’art. 2054, primo comma, cod. civ., dimostrando di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno”: nella sentenza di legittimità citata nell’occasione, i giudici del Palazzaccio rilevano peraltro come nel caso di specie le corresponsabilità in capo al pedone, deceduto nella circostanza, fossero evidenti, avendo attraversato la strada in modo avventato e al di fuori delle strisce pedonali.

Nel caso in questione, invece, sottolinea la Cassazione, nulla di tutto questo era stato accertato dal giudice di merito: come si è potuto evincere anche dalle testimonianze, l’allora ragazzina, accompagnata dalla madre, era scesa dal marciapiede per attraversare la strada e mentre stava iniziando l’attraversamento era stata urtata dal furgone in retromarcia, che l’aveva fatta cadere a terra causandole seri traumi.

Quand’anche potesse configurarsi una condotta imprudente della danneggiata, la conseguenza, in carenza di ulteriore corredo motivazionale in punto di assoluta imprevedibilità di detta condotta dell’investita, non può essere l’esclusione di ogni responsabilità in capo al conducente dell’automezzo – sentenzia la Suprema Corte – La motivazione del giudice di merito non fa una corretta applicazione dell’art. 2054 cod. civ., in combinato disposto con l’art. 1227, comma 1, cod. civ. in quanto esclude ogni responsabilità del conducente facendo perno, esclusivamente, sulla deposizione, del tutto neutra, dell’unico teste escusso e soprattutto attribuisce a una (non provata) condotta assolutamente imprudente del pedone (quale sarebbero potuti astrattamente essere un balzo improvviso compiuto dal marciapiede verso la strada o una corsa repentina nella stessa direzione o sulla stessa sede viaria) efficacia dirimente esclusiva, e non ai soli fini della diminuzione del grado di responsabilità e, quindi, in palese contrasto con la corrente interpretazione del combinato disposto degli artt. 2054 e 1227, comma 1, cod. civ”.

Il ricorso è stato dunque accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio per ulteriori accertamenti al Tribunale di Napoli Nord, in persona di diverso magistrato, che nella rivalutazione della domanda risarcitoria dovrà tenere presente le indicazioni fornite dalla sentenza emessa dalla Cassazione.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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