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In caso di incidenti non particolarmente gravi, da cui i soggetti coinvolti escano con le loro gambe dal veicolo e con ferite non preoccupanti, e sempre che vi sia un sostanziale accordo tra le parti sulla dinamica, in genere si procede con la cosiddetta constatazione amichevole attraverso il modello CID, che tutti gli utenti della strada dovrebbero tenere a portata di mano nel cruscotto e che poi va inviato all’assicurazione per denunciare il sinistro.

Si tratta dunque di un documento fondamentale a cui di riconosce anche piena valenza probatoria: quando il modulo sia firmato congiuntamente da entrambi i conducenti coinvolti nell’incidente si presume, salvo prova contraria da parte dell’impresa di assicurazione, che il sinistro si sia verificato nelle circostanze, con le modalità e con le conseguenze risultanti dal modulo stesso.

 

Il caso del Cid compilato da chi giuda un veicolo non suo al momento del sinistro

Ma se il proprietario e il conducente del mezzo sono due persone diverse? Bisogna fare molta attenzione perché, banalizzando, in questo caso il CID vale molto meno. In una pregressa sentenza la Cassazione aveva già chiarito che “la dichiarazione confessoria contenuta nel modulo deve essere liberamente apprezzata dal giudice anche nei confronti del proprietario del veicolo, a fortiori per il conducente non proprietario”.

Due recenti cause sul genere

Un orientamento che la Suprema Corte ha ribadito in due ordinanze “gemelle”, la n. 13718/21 e n. 13710/21 depositate entrambe il 19 maggio 2021. La prima riguarda una vicenda anche giuridicamente intricata, avviata dalla citazione in causa da parte di un ciclista avanti il giudice di pace di Ruvo di Puglia nei confronti del conducente di una vettura, e della sua compagnia di assicurazione, Carige, che lo aveva urtato con lo specchietto retrovisore facendolo rovinare a terra e causandogli svariate lesioni.

Il danneggiato, tuttavia, aveva chiamato a giudizio il conducente ritenendolo anche il proprietario della macchina, così almeno egli si sarebbe qualificato nel modello CID, mentre in realtà la vettura sarebbe stata intestata a una donna e da questa assicurata. Sta di fatto che in primo grado il giudice, con sentenza del 2014, per difetto di prova aveva rigettato la domanda.

Il ciclista ha tuttavia aveva appellato la sentenza e il Tribunale di Trani aveva accolto l’appello nei confronti del conducente della macchina investitrice e, in riforma della sentenza gravata, lo aveva condannato a risarcire alla vittima la somma di 6.181,96 euro, oltre interessi, nonché le spese del doppio grado di giudizio, aveva posto a suo carico anche le spese della consulenza tecnica ma aveva rigettato ogni altra domanda, condannando l’appellante a rifondere a Carige Assicurazioni le spese di lite del secondo grado del giudizio.

Il danneggiato ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando innanzitutto “violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.” e censurando la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale aveva riconosciuto il valore probatorio del modulo CID sottoscritto da lui e dall’investitore solo nei confronti di quest’ultimo e non anche della società assicuratrice, “perché era stato siglato dal conducente dell’autovettura e non già dal suo proprietario”, senza tenere conto che questi nel modulo si era indicato anche come proprietario della macchina e quale contraente/assicurato con la Carige Assicurazioni S.p.a., circostanza che la compagnia non avrebbe neppure contestato.

Per la Suprema Corte, tuttavia, il motivo è inammissibile, per difetto di specificità, “non essendo stato riportato il tenore letterale degli atti richiamati né potendo a tanto rimediarsi in sede di memoria. Inoltre, il motivo in esame sarebbe, comunque, infondato, in quanto non ricorre, nella specie, la non contestazione, stante la contumacia in tutti i gradi di (omissis).

Ma a rilevare qui è soprattutto il secondo motivo di doglianza, in cui il ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 18 e 23 L. n. 990 del 1969”, censurando la sentenza impugnata laddove il Tribunale ha ritenuto le dichiarazioni confessorie contenute nel CID sottoscritte dall’investitore non opponibili all’assicuratore, pervenendo così “ad un accertamento di responsabilità difforme tra tali litisconsorti”.

 

Nel caso di conducente non proprietario il Cid ha valore di piena prova nei suoi confronti

Ma anche questa doglianza è infondata per gli Ermellini in quanto, avendo il tribunale ritenuto il conducente non già anche proprietario del veicolo investitore (circostanza non efficacemente contestata secondo la Suprema Corte), “non sussiste il lamentato vizio di violazione di legge, atteso che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, la confessione proveniente da un soggetto litisconsorte facoltativo, qual è il conducente danneggiante non proprietario del veicolo, rispetto all’assicuratore ed al proprietario dello stesso, é liberamente apprezzabile dal giudice nei riguardi di costoro in applicazione dell’art. 2733, terzo comma, cod. civ., mentre ha valore di piena prova nei confronti del medesimo confidente, come previsto dall’art. 2733, secondo comma, cod. civ”.

Stesso dicasi per l’altra ordinanza nella quale i giudici del Palazzaccio hanno respinto, anche qui, le obiezioni del ricorrente il quale lamentava come il Tribunale avesse omesso di considerare la valenza probatoria del contenuto del modulo di constatazione amichevole di sinistro.

Gli Ermellini hanno ribadito l’orientamento secondo cui le risultanze del modulo di constatazione amichevole del sinistro sono liberamente apprezzate dal giudice “e peraltro, l’efficacia del modulo è diversamente valutata nell’ipotesi in cui lo stesso sia sottoscritto dai conducenti, non proprietari, dei mezzi (come era successo anche in questo caso, ndr) atteso che il litisconsorte necessario è il proprietario del veicolo”.

Morale della “favola”, quando si sottoscrive il CID bisogna fare molta attenzione a questo aspetto e, onde evitare spiacevoli sorprese, accertarsi subito sull’effettiva proprietà del veicolo da parte del conducente che si professi tale.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Incidenti da Circolazione Stradale

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