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Sì cartelli, no risarcimento. Con quattro anni di ritardo – doveva intervenire nel 2013, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge che istituiva un fondo per i danni da incidenti stradali causati dalla fauna selvatica – la Regione Veneto ha definito “criteri, misure e procedure” per – testualmente – “circoscrivere le responsabilità della Regione” e “chiarire maggiormente la situazione a beneficio sia dei cittadini danneggiati sia della società chiamata a gestire i sinistri”.

Perché solo ora? Semplice: gli incidenti stradali causati da cinghiali, cervi e volpi sono aumentati a dismisura raggiungendo proporzioni inattese; in Regione arrivano in media almeno tre richieste di risarcimento al giorno. Nel 2016 gli uffici si sono trovati a gestire circa 500 sinistri.

Finora l’Ente regionale ha fatto fronte alle richieste di risarcimento con la polizza per la responsabilità civile verso terzi: in alcuni casi è stata condannata a pagare, in altri assolta. Per la verità, la linea sin qui adottata è stata chiaramente quella di respingere quanto più possibile le domande, anche laddove le responsabilità erano marchiane, costringendo i danneggiati ad andare in causa.

Ma ora è arrivata la decisione, che farà discutere, di circoscrivere sensibilmente le responsabilità dell’Ente sfruttando quanto previsto dalla legge 6 del 2013. Il 12 settembre la giunta ha dunque approvato una delibera, pubblicata Bur del 26 settembre, che ripartisce le responsabilità tra la Regione e gli enti che ad essa fanno capo, quali la società Veneto Strade o gli enti Parco regionali.

Nella delibera sono precisati i casi in cui la Regione non sarà tenuta a sborsare un centesimo in caso di incidente provocato da cinghiali o cervi: “La Giunta regionale non risponde se gli animali coinvolti appartengono a privati o a un particolare ente pubblico non facente capo alla Regione; se sono stati immessi nel territorio illegalmente; se il sinistro è avvenuto entro l’area di un parco nazionale o di una riserva naturale nazionale oppure in strada privata non soggetta a servitù di uso pubblico, in autostrada o in altra strada in concessione non regionale”.

Ma il punto chiave dell’atto, che stabilisce altresì che, se la responsabilità della Regione è accertata, il risarcimento venga liquidato entro 90 giorni, è quello dei cartelli. Se un cinghiale taglia la strada a un automobilista e gli distrugge l’auto, questi non riceverà alcun risarcimento se entro 500 metri dal luogo dell’impatto c’era un segnale stradale che indicava il pericolo dell’attraversamento della fauna selvatica. E se il cartello non c’era, ma la Regione o l’ente Parco lo aveva sollecitato a chi gestisce la strada (ad esempio a Veneto Strade), la responsabilità dell’incidente non sarà né della Regione né dell’ente Parco.

La Giunta regionale – recita il testo – concorre al risarcimento dei danni fisici e materiali da chiunque subiti in un sinistro stradale provocato nel territorio regionale dall’impatto con fauna selvatica, qualora sia dimostrato che nel caso concreto non sono state adottate le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni“. Misure che sono appunto “l’installazione di specifica e ben visibile segnaletica di pericolo a non più di 500 metri prima del luogo del sinistro, ovvero l’erezione di adeguate reti o barriere di protezione, o l’apposizione di dispositivi ottici riflettenti la luce dei veicoli in transito in modo da abbagliare gli animali, o la realizzazione di tunnel di attraversamento sotto la sede stradale e simili”. La responsabilità della Regione è esclusa se l’ente istituzionalmente preposto alla gestione e manutenzione della strada o dell’area in cui è avvenuto il sinistro (Veneto Strade, Anas) non ha adottato nessuna delle misure previste, dai cartelli ai dispositivi ottici, benché segnalate dalla Regione stessa.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Responsabilità della Pubblica Amministrazione

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