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Il ragazzo, investito mentre andava al lavoro in bici nel novembre 2017, è rimasto due anni e mezzo in stato vegetativo e due anni fa è spirato. Udienza preliminare 18 maggio

Ci sono voluti quattro lunghi anni e mezzo, due e mezzo passati ad assistere h24 il loro unico figlio ridotto in stato vegetativo poco più che maggiorenne, altri due a piangerne la scomparsa, ma ora, finalmente, i genitori di Andrea Ferrazzo potranno ottenere almeno un po’ di giustizia per il loro sfortunato ragazzo. Al termine delle indagini preliminari sul tragico indicente di cui il giovane di Musile di Piave è rimasto vittima, il Pubblico Ministero della Procura di Venezia dott. Roberto Terzo, titolare del procedimento penale prima per lesioni personali stradali gravissime e poi, dopo la sua morte, diventato per omicidio stradale, ha chiesto il rinvio a giudizio per l’automobilista che lo ha investito mentre andava al lavoro in bicicletta: R. B., oggi 84 anni, anch’egli di Musile. Riscontrando la richiesta, il Gip del tribunale, dott.ssa Claudia Gualtieri, ha fissato l’udienza preliminare del processo al 18 maggio 2022, alle 10, nella cittadella della Giustizia di Piazzale Roma. 

Andrea era un ragazzo pieno di vita e amici e con la testa sulle spalle: lavorava già come operaio metalmeccanico alla Metacom di Musile. Il 23 novembre 2017 l’allora diciannovenne alle 6.50 si stava recando come ogni mattina al lavoro con la sua mountain-bike e percorreva la Provinciale 50 da Musile verso Fossalta di Piave, in quel tratto via Argine San Marco Superiore. Giunto all’intersezione con via Cavour, dove si trova la fabbrica, ha girato a sinistra ma è stato travolto dalla Skoda Felicia dell’imputato, che sopraggiungeva dietro di lui, nella stessa direzione. Un impatto terribile: il giovane è stato caricato sul cofano, ha sfondato il parabrezza ed è volato a svariati metri di distanza, rovinando esanime sull’asfalto e riportando lesioni gravissime, trauma cranico, emorragia ed edema cerebrale diffuso, fratture vertebrali. E’ stato trasportato in condizioni disperate e in coma all’ospedale di San Donà e subito trasferito nella Rianimazione dell’Angelo di Mestre, dov’è rimasto fino al primo dicembre 2017, sempre in lotta tra la vita e la morte. Quindi, è stato ricondotto nel reparto di Terapia Intensiva del nosocomio di San Donà e poi è passato in quello del Ca’ Foncello di Treviso. E’ riuscito a sopravvivere ma a un prezzo altissimo e con una diagnosi impietosa e senz’appello conseguente al gravissimo trauma cranio-encefalico e vertebro-midollare dorsale riportato: stato vegetativo persistente. E’ rimasto in stato di incoscienza, senza alcuna risposta agli stimoli acustici e dolorosi, e per di più in un quadro di tetraplegia spastica e permanente insufficienza respiratoria: invalido totale e bisognoso di assistenza h24. 

Da allora è stato un lungo peregrinare per ospedali, in quello riabilitativo di Motta di Livenza, ancora al Ca’ Foncello in Neurochirurgia, e un susseguirsi di interventi chirurgici fino al ricovero permanente in casa di riposo, da ultimo quella di San Donà, dove mamma Cinzia e papà Franco lo hanno assistito quotidianamente e amorevolmente, consapevoli che qualsiasi complicanza, specie di ordine infettivo, avrebbe potuto portarsi via il loro unico figlio, come purtroppo è successo all’ospedale di San Donà il 20 marzo 2020, quando gli è stata fatale, a 21 anni, una polmonite che ha avuto facilmente ragione del suo fisico debilitato.

Un’assistenza continuativa che ha richiesto enormi sacrifici e che i genitori hanno dovuto sostenere con le loro sole forze senza ricevere un euro dall’assicurazione: tuttora sono stati risarciti solo in parte. La madre e il padre di Andrea, per essere seguiti, tramite l’Area manager Veneto e responsabile della sede di San Donà, Riccardo Vizzi, si sono rivolti a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, che ha presentato innumerevoli richieste danni all’assicurazione della vettura, Generali, la quale però per mesi e anni ha negato ogni liquidazione, adducendo a giustificazione il fatto che le indagini preliminari, rallentate anche a causa della pandemia da Covid-19, erano ancora in corso, e arrivando pure a disconoscere qualsiasi concorso di colpa del proprio assicurato nonostante la perizia cinematica disposta dalla Procura ne avesse accertato fin da subito la corresponsabilità. Una condotta che ha privato i familiari del ragazzo di un risarcimento, per quanto parziale, di cui avrebbero avuto diritto e soprattutto bisogno per far fronte a tutte le spese che hanno dovuto sostenere in questi anni difficili. 

Ora però si è finalmente attivati al dunque e, recependo le conclusioni del consulente tecnico a cui aveva affidato la perizia per ricostruire dinamica, cause e tutte le responsabilità del sinistro, l’ing. Maurizio De Valentini, il dott. Terzo ha chiesto il processo per l’automobilista perché, per quanto il ragazzo si fosse spostato sulla sinistra e avesse attraversato la strada per svoltare senza segnalare la manovra, R. B., com’è stato accertato, per citare la richiesta del Pm, “teneva una velocità di 65 km/h, superiore al limite di 50 km/h vigente in quel tratto di strada, e ometteva di adeguarla in relazione alle condizioni di scarsa visibilità (l’alba di una giornata tardo autunnale, ndr) e all’approssimarsi di un’intersezione”, quella con via Cavour, “concorrendo a causare la collisione fatale con la bici e comunque ad aggravarne gli esiti, per colpa consistita in imprudenza e violazione delle norme sulla circolazione stradale, con particolare riferimento agli artt. 141 comma 3 e 142 comma 1 del Codice della Strada”. I familiari con Studio3A si aspettano una risposta dalla giustizia penale e anche, finalmente, una piena assunzione di responsabilità da parte di Generali.

Caso seguito da:

Dott. Riccardo Vizzi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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