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Gli interessi sui risarcimenti non sono un dettaglio, considerato che con i tempi della giustizia italiana i danneggiati o i loro familiari devono attendere anni prima di essere risarciti.

E proprio di quest’argomento si è occupata la Cassazione nell’ordinanza n. 832/23 depositata il 13 gennaio 2023, nella quale la Suprema Corte ha ribadito che gli interessi vanno calcolati ovviamente dal momento del fatto illecito ma, soprattutto, ha chiarito che vanno conteggiati e liquidati anche quelli sulle somme pagate a titolo di acconto.

 

Una causa per il risarcimento di un grave incidente stradale

Un uomo, rimasto gravemente menomato in seguito ad un incidente stradale, nel lontano maggio del 2011 aveva citato in giudizio avanti il Tribunale di Lecce l’automobilista che lo aveva causato e la sua compagnia di assicurazioni, Carige (poi Amissima), chiedendo di accertarne l’esclusiva responsabilità nella determinazione del sinistro e di condannarli al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali che aveva quantificato in un milione e 360 mila euro.

Il giudice aveva disposto l‘acquisizione di mezzi di prova documentale e testimoniale e una consulenza tecnica medico-legale sul danneggiato e già nel corso del giudizio, con ordinanza del 17 dicembre 2013, aveva disposto il pagamento a titolo dei provvisionale in suo favore di 319mila 110 euro, che la compagnia aveva versato il 31 marzo 2014.

All’esito dell’istruttoria il Tribunale aveva poi effettivamente accertato la responsabilità esclusiva dell’automobilista chiamato in causa, condannandolo conseguentemente, in solido con Carige Assicurazioni, con sentenza del 2016, al risarcimento del danno non patrimoniale liquidato in 637mila e 675 euro statuendo che tale importo, liquidato all’attualità, dovesse essere devalutato alla data dell’evento e poi rivalutato di mese in mese, secondo l’indice Istat, con applicazione degli interessi sulla somma via via rivalutata, ed interessi dalla data della sentenza in poi.

Il giudice aveva altresì liquidato altre somme a favore del danneggiato, 4.544 euro per le spese mediche sostenute e 152mila e 354 euro per il danno da perdita della capacità lavorativa specifica, disponendo infine che dall’importo complessivo dovesse essere detratta la somma versata dalla compagnia in esecuzione del provvedimento di concessione della provvisionale.

 

La Corte d’appello conferma il risarcimento ma non conta gli interessi sull’acconto versato

A seguito di appello principale proposto da Amissima Assicurazioni (già Carige) e incidentale del danneggiato, la Corte d’Appello di Lecce, con sentenza del 29 agosto 2019, aveva accolto il terzo motivo del primo, con il quale la compagnia aveva censurato la sentenza di primo grado per aver previsto che sulla somma complessivamente liquidata, previa devalutazione dalla data del sinistro, fossero applicati gli interessi e solo successivamente a tale calcolo fosse decurtata la somma pagata a titolo di provvisionale, assumendo che si sarebbero applicati interessi su somme già versate sin dal 2013.

I giudici di seconde cure al riguardo avevano ritenuto che la somma dovuta a titolo risarcitorio andasse devalutata alla data del sinistro, detratti gli acconti, e sulla somma così ottenuta fossero computati gli interessi dalla data del sinistro sulla somma via via rivalutata sino alla sentenza di primo grado e sulla complessiva somma i soli interessi legali dalla sentenza al soddisfo. Per inciso, la Corte aveva accolto anche l’appello incidentale del macroleso inerente la mancata personalizzazione del danno non patrimoniale, rideterminando in 760mila 161 euro la somma dovuta, oltre interessi da conteggiarsi secondo i criteri già indicati.

Il danneggiato ricorre per Cassazione

Il danneggiato tuttavia ha proposto ricorso anche per Cassazione adducendo un unico motivo di doglianza, lamentando che la sentenza di seconde cure, nel definire i criteri per il calcolo degli interessi, aveva omesso di calcolarli anche per il periodo decorrente dalla data del sinistro fino alla liquidazione dell’acconto, aveva solo reso omogenee, in punto di rivalutazione, le somme versate a titolo di acconto rispetto a quelle liquidate in via definitiva, e aveva operato la detrazione dal dovuto ma, per l’appunto, computato gli interessi solo sul residuo.

In questo modo, secondo il ricorrente, la Corte di merito avrebbe violato le disposizione di legge che, in tema di liquidazione del danno da illecito extracontrattuale (art. 2056 c.c.) rinviano, quanto ai criteri per la sua determinazione, alle norme generali di cui agli artt. 1223 e 1226 c.c. relative all’inadempimento delle obbligazioni. Il tutto in contrasto con il principio di legittimità secondo il quale l’obbligazione risarcitoria da illecito extracontrattuale, quale debito di valore, comporta, in aggiunta alla rivalutazione monetaria dal momento del fatto fino all’epoca della liquidazione, l’attribuzione in favore del danneggiato, ed a carico di chi sia onerato del pagamento, degli interessi sul credito indennitario via via rivalutato.

La rivalutazione monetaria, infatti, esprime “ratio risarcitoria” e copre il danno emergente, ripristinando la situazione patrimoniale del creditore al momento del verificarsi dell’illecito, mentre gli interessi integrano una finalità remunerativa, mirando cioè a ristorare il creditore del lucro cessante. Omettendo di calcolare gli interessi sulla somma pagata a titolo di acconto e, dunque, dal momento del sinistro fino al pagamento dell’acconto stesso, la Corte d’Appello avrebbe  quindi violato le disposizioni del consolidato orientamento della Cassazione.

Motivo che la Suprema corte ha, coerentemente, ritenuto fondato. Il credito risarcitorio, spiegano infatti gli Ermellini convenendo in pieno con la doglianza del ricorrente, “è stato sì reso omogeneo nella devalutazione delle somme dovute nella liquidazione definitiva rispetto a quelle pagate a titolo di acconto ma, a seguito della detrazione degli acconti, solo sulla somma così ottenuta sono stati computati gli interessi dalla data del sinistro sulla somma via via rivalutata sino alla sentenza di primo grado, mentre non sono stati conteggiati gli interessi sulla somma pagata a titolo di acconto. Ciò contrasta con i principi in tema di liquidazione del danno nelle obbligazioni di valore”.

 

Il risarcimento deve ripristinare la condizione patrimoniale del danneggiato ante danno

Il danno da fatto illecito, prosegue la Cassazione, “forma l’oggetto d’una obbligazione di valore, cioè di un debito che, al momento in cui nasce, non è predeterminato in una somma di denaro né è monetizzabile con un criterio oggettivo. Il risarcimento del danno ha lo scopo di riprodurre la condizione patrimoniale in cui si sarebbe trovato il danneggiato se il fatto illecito non si fosse verificato”.

Nel caso in cui il risarcimento avvenga, come capita spesso, tramite il pagamento di acconti seguito poi dalla liquidazione definitiva del danno, “se, come nel caso in esame, si omette il computo degli interessi sulla somma versata a titolo di acconto, e cioè dalla data del sinistro fino al pagamento dell’acconto, non si riproduce la condizione patrimoniale in cui il danneggiato si sarebbe trovato se il fatto illecito non si fosse verificato” sottolineano i giudici del Palazzaccio, ribadendo come la giurisprudenza di legittimità, con un orientamento a cui hanno inteso dare continuità, si sia da tempo consolidata nel senso che “il computo degli interessi debba essere svolto anche sulla somma versata a titolo di acconto”.

Come vanno calcolati gli interessi

Gli Ermellini citano in particolare la sentenza n. 9950/2017, la quale ha stabilito che, per citarla, “la liquidazione del danno da ritardato adempimento di un’obbligazione di valore, ove il debitore abbia pagato un acconto prima della quantificazione definitiva, deve avvenire: devalutando l’acconto ed il credito alla data dell’illecito; detraendo l’acconto dal credito; calcolando gli interessi compensativi individuando un saggio scelto in via equitativa, ed applicandolo prima sull’intero capitale, rivalutato anno per anno, per il periodo intercorso dalla data dell’illecito al pagamento dell’acconto, e poi sulla somma che residua dopo la detrazione dell’acconto, rivalutata annualmente, per il periodo che va da quel pagamento fino alla liquidazione definitiva”.

Un orientamento ormai “consolidato” da cui la sentenza impugnata si è invece discostata, di qui la sua cassazione con rinvio della causa alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione, che dovrà ricalcolare la somma dovuta quale risarcimento al danneggiato applicando tali principi.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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