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Un automobilista che investa un pedone, tanto più in corrispondenza di un attraversamento pedonale, non può addurre a sua discolpa di non averlo visto perché troppo basso di statura e “coperto” da altri veicoli incolonnati.

Con la sentenza n. 13217/22 depositata il 7 aprile 2022 la Cassazione ha ribadito con forza la massima tutela dovuta all’utente debole per eccellenza della strada rigettando definitivamente il ricorso proposto dal conducente di un furgone condannato per omicidio stradale e, soprattutto, la singolare motivazione che aveva proposto contro la sentenza di condanna da parte della corte di merito.

Conducente di un furgone condannato per l’omicidio stradale di un pedone

Il procedimento in questione aveva per oggetto un tragico un incidente stradale verificatosi il 13 aprile 2015, in pieno giorno, a Lucca, in seguito al quale una 92enne investita da un veicolo aveva riportato gravissime lesioni che ne avevano causato il decesso quattro giorni dopo all’ospedale Santa Chiara di Pisa.

Il Tribunale cittadino aveva condannato l’uomo alla guida del furgone che aveva travolto l’anziana e la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 2020, aveva confermato la penale responsabilità dell’imputato per il reato di omicidio stradale, riformando la sentenza di primo grado solo quanto al trattamento sanzionatorio, applicando le circostanze attenuanti generiche con criterio di prevalenza rispetto alla aggravante e riducendo a un anno e sei mesi la pena di due anni di reclusione inflitta dai giudici di prime cure.

Nel corso del giudizio di merito era emerso che la 92enne stava attraversando la strada sulle strisce pedonali, procedendo da sinistra a destra rispetto alla direzione di marcia del furgone condotto dall’imputato, quando era stata urtata dalla parte anteriore sinistra del veicolo e sbalzata a circa 11 metri di distanza.

 

L’imputato ricorre per Cassazione sostenendo di non aver visto la vittima perché troppo bassa

Nonostante queste prove schiaccianti, tuttavia, il conducente del mezzo investitore ha proposto ricorso anche per Cassazione lamentando la “manifesta illogicità”, per citare il suo atto, della motivazione in relazione alla concreta possibilità dell’imputato di scorgere il pedone impegnato nell’attraversamento pedonale.

Secondo la tesi difensiva, l’anziana avrebbe iniziato ad attraversare la strada passando dietro ad alcune auto incolonnate nella corsia opposta rispetto a quella percorsa dall’imputato e, poiché era alta (solo) un metro e sessanta, l’investitore non avrebbe potuto scorgerla e fermarsi per tempo. A suo dire i giudici di merito, pur non avendo escluso la presenza delle auto incolonnate, avrebbero contraddittoriamente sostenuto che questa circostanza fosse priva di rilevanza e inidonea ad escludere la sua penale responsabilità. Inoltre, contestava anche l’entità della pena.

Per la Suprema Corte tuttavia i motivi di doglianza sono tutti inammissibili. Secondo gli Ermellini, le motivazioni delle sentenze di merito avevano ricostruito con precisione la dinamica del sinistro prendendo in esame la prospettazione difensiva e avevano osservato che la presenza dell’attraversamento pedonale era resa evidente da un segnale verticale posto sul lato destro della strada e ben visibile al conducente del furgone; che, nell’avvicinarsi ad un attraversamento pedonale, tanto più se nella carreggiata opposta vi sono auto incolonnate che possono limitare la visibilità (come sostenuto dall’imputato), il conducente deve sempre prestare particolare attenzione.

 

La presenza di un pedone sulle strisce non può essere una circostanza eccezionale

Ancora, i giudici territoriali avevano correttamente ricordato che la presenza di un pedone sulle strisce, e in fase di attraversamento della carreggiata, non può essere considerata circostanza eccezionale; che l’ampiezza della carreggiata era tale da far sì che l’eventuale presenza di auto incolonnate non impedisse la visibilità di un pedone, anche di bassa statura; che l’urto si era verificato oltre la linea di mezzeria sicché, quando fu investita, l’anziana aveva già attraversato un’intera semicarreggiata procedendo a una andatura che, in ragione dell’età, non poteva essere molto veloce; non ultimo, che l’imputato stesso aveva ammesso di non essersi reso conto dell’esistenza di un attraversamento pedonale debitamente segnalato e, quindi, di non aver guidato in modo attento.

Motivazioni logiche, esaustive, non contraddittorie e pienamente conformi ai principi ermeneutici espressi dalla giurisprudenza di legittimità” spiega la Cassazione, rammentando per l’ennesima volta che, secondo il costante orientamento della stessa Suprema Corte, “in caso di omicidio colposo, il conducente del veicolo va esente da responsabilità per l’investimento di un pedone solo quando la condotta della vittima configura, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, da sola sufficiente a produrre l’evento; e questa situazione è configurabile solo nel caso in cui il conducente medesimo, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile”: tutte circostanze che non ricorrevano in alcun modo nel caso in esame.

Rigettato anche il motivo riguardante la graduazione della pena, confermata.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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