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Com’è noto, in caso di incidenti stradali opera la presunzione di concorrente responsabilità per liberarsi dalla quale, e vedere accertata la colpa esclusiva della controparte, occorre provare di aver tenuto una condotta di guida regolare e di aver fatto tutto il possibile per evitare lo scontro. Ma se questa prova liberatoria non si può ottenere in via diretta, ossia non vi è la possibilità, per mancanza o di testimoni o di oggettivi riscontri, di dimostrare la conformità del proprio contegno di guida alle regole della circolazione stradale o di comune prudenza?

La si può ricavare per via indiretta, cioè tramite il riscontro del collegamento eziologico esclusivo o assorbente dell’evento dannoso col comportamento dell’altro conducente in ragione delle gravi e determinanti violazioni da egli commesse. A riaffermare questo fondamentale principio la Cassazione, terza sezione civile, con la sentenza n. 34895/22 depositata il 28 novembre 2022 con la quale peraltro la Suprema Corte ribadisce il contenuto di una  sua precedente ordinanza, la n. 6961/21, già pubblicata l’11 marzo 2021 e pronunciata peraltro sullo stesso caso: gli Ermellini, infatti, hanno trattato il ricorso già presentato da altri familiari del danneggiato, che era stato inizialmente dichiarato inammissibile in quanto tardivo e che riproponeva i motivi di quello invece ammesso e accolto.

La Corte d’appello decreta la pari responsabilità in un grave sinistro tra stradale

Il ricorso traeva origine da una sentenza della Corte d’Appello di Napoli su una causa per il risarcimento dei danni di un grave incidente stradale occorso nel novembre 2002 a un giovanissimo tra il suo scooter e un’auto, giudizio avviato nei confronti della compagnia di assicurazione delle vettura. I giudici territoriali, nonostante le scriteriate manovre della automobilista, avevano riconosciuto la concorrente responsabilità, nella misura del 50 per cento, nella causazione del sinistro stradale ai due conducenti coinvolti, rideterminando, di conseguenza, la somma dovuta a titolo di risarcimento danni al ragazzo alla guida del motociclo, rimasto gravemente macroleso, e ai suoi familiari, sia in ragione del riconosciuto concorso di responsabilità, ma anche di una diversa quantificazione del pregiudizio da risarcire a ciascuno di essi.

Tra i svariati, riproposti motivi di ricorso, i congiunti hanno nuovamente sollevato la questione se, in caso di scontro di veicoli, a fronte dell’accertamento in concreto della responsabilità di uno dei due conducenti nel provocare lo scontro, permanga ugualmente la corresponsabilità dell’altro in mancanza di una prova diretta che questi abbia fatto tutto il possibile per evitare il danno. Motivo che la suprema corte, ribadendo l’ordinanza già emessa nel 2021, con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, ha pienamente accolto.

 

Per la Corte le gravi violazioni dell’automobilista non bastavano

La sentenza impugnata infatti, ripercorrono il caso gli Ermellini, pur avendo accertato l’esistenza di una doppia infrazione stradale a carico della conducente dell’autovettura che si era scontrata con lo scooter del giovane – più precisamente, un’inversione di marcia in un tratto di strada in cui essa era vietata per la presenza della striscia continua nella mezzeria, inversione, peraltro, compiuta attraverso due distinte manovre, la seconda delle quali in retromarcia, e l’omissione dell’obbligo di dare precedenza ai veicoli che procedevano in senso contrario -, non aveva reputato sufficiente tale duplice, grave infrazione della conducente del veicolo per affermare la sua esclusiva responsabilità, ritenendo che non si potesse superare la presunzione – di cui alla norma suddetta – di eguale responsabilità del conducente dell’altro veicolo coinvolto, in assenza di prova che questi si fosse uniformato alle regole della circolazione stradale, ovvero a quelle di comune prudenza.

Non essendovi la prova (diretta) che il motociclista avesse tenuto una condotta corretta

Secondo i giudici territoriali, in caso di scontro tra veicoli, l’accertamento della responsabilità di uno dei conducenti, per citare il pronunciamento, “non comporta il superamento della presunzione di colpa concorrente sancita dall’art. 2054 cod. civ. (o meglio, dal suo secondo comma, ndr), essendo a tal fine necessario accertare in pari tempo che l’altro conducente si sia pienamente uniformato alle norme di circolazione e a quelle di comune prudenza e abbia fatto tutto il possibile per evitare il sinistro”: prova, nelle specie, ritenuta mancante, visto che “i testi non hanno riferito niente circa la condotta di guida del motociclista“, e non essendo neppure “nota la velocità della moto”.

Un’affermazione errata “in iure” spiega la Cassazione. “La presunzione di pari responsabilità sancita dall’art. 2054, comma 2, cod. civ. ha carattere sussidiario, operando, pertanto, vuoi quando non sia possibile stabilire il grado di colpa dei due conducenti, vuoi qualora non siano accertabili le cause e le modalità del sinistro” permettono i giudici del Palazzaccio, che la definiscono un “principio informatore” della materia dei danni da circolazione stradale.

Infatti la norma, ”senza dettare regole in punto di incidenza del rischio della mancata prova di una circostanza rimasta incerta nel giudizio, stabilisce una presunzione che costituisce applicazione dei criteri generalissimi in materia di concorso di cause, criteri ai quali risulta conformata tutta la disciplina della responsabilità da fatto illecito (art. 41 cod. pen.). La disciplina accolta con l’art. 2054, comma 2, cod. civ. è coerente con i criteri posti dall’art. 1227, primo comma, là dove si regola il concorso di colpa del danneggiante e del danneggiato“. Difatti, nel caso di scontro di veicoli, “il concorso delle colpe contrapposte è presunto; rimane quindi ferma la presunzione che grava su ciascun conducente, essendosi ritenuto di non adottare l’opinione secondo la quale, considerate le reciproche presunzioni si eliderebbero, per lasciar posto all’accertamento della responsabilità di ciascuno secondo i criteri ordinari“.

Resta tuttavia inteso, prosegue nel suo inquadramento giuridico la Cassazione, anche nelle intenzioni del “conditor legis”, che “il concorso delle due colpe non porta neppure ad addossare a ciascun conducente l’intera responsabilità del danno cagionato all’altro veicolo, perché il danno stesso è la conseguenza dì una colpa presunta, comune ad entrambi i conducenti. E allora si applica il principio consacrato nell’art. 1227, primo comma: i conducenti, considerati coautori del danno risentito da ciascun veicolo, ne rispondono in proporzione alla gravità della rispettiva colpa e all’entità delle conseguenze che ne sono derivate

In coerenza con tale impostazione, che è appunto quella di una riconduzione della previsione di cui all’art. 2054, comma 2, cod. civ., a quella di cui al comma 1 dell’art. 1227 dello stesso codice, “si comprendono gli indirizzi assunti da questa Corte – entra nel cuore della questione la Cassazione – Essa, invero, così come consente al giudice di merito, in applicazione della norma da ultimo indicata, di stabilire anche “ex officio” se la condotta dello stesso danneggiato si ponga come causa prossima di rilievo del danno, analogamente, ritiene che nel caso di scontro tra veicoli, ove il giudice abbia accertato la colpa di uno dei conducenti, non può, per ciò solo, ritenere superata la presunzione posta a carico anche dell’altro dall’art. 2054, comma 2, cod. civ., ma è tenuto a verificare in concreto se quest’ultimo abbia o meno tenuto una condotta di guida corretta”.

 

La prova liberatoria si può trarre anche indirettamente dalla gravi violazioni di controparte

Tuttavia, sottolineano con forza gli Ermellini, costituisce principio altrettanto pacifico nella giurisprudenza di legittimità, che la Corte partenopea ha invece disatteso, quello secondo cui, “sempre nel caso di scontro tra veicoli, l’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti e della regolare condotta di guida dell’altro, idonea a liberare quest’ultimo dalla presunzione di concorrente responsabilità fissata in via sussidiaria dall’art. 2054, comma 2 cod. civ., nonché dall’onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, può essere effettuato acquisendo tale prova liberatoria non necessariamente in modo diretto, ovvero dimostrando la conformità del suo contegno alle regole della circolazione stradale o di comune prudenza, ma “anche indirettamente”, ovvero “tramite l’accertamento del collegamento eziologico esclusivo o assorbente dell’evento dannoso col comportamento dell’altro conducente”.

Ne consegue che la Corte territoriale, una volta accertata la consumazione, da parte del conducente dell’autovettura, di ben due, gravi, infrazioni stradali, non doveva affermare la necessità – perché il conducente della scooter potesse essere liberato dalla presunzione di eguale responsabilità di cui all’art. 2054, comma 2, cod. civ. – della dimostrazione che egli si fosse pienamente uniformato alle norme della circolazione e a quelle di comune di prudenza, nonché di aver “fatto tutto il possibile per evitare il sinistro. “Essa, per contro, avrebbe dovuto interrogarsi – in particolare, a fronte di un quadro probatorio che non aveva restituito “evidenze” (ma mere congetture) sul contegno di guida del motociclista, essendo rimasta ignota persino la velocità impressa dallo stesso al proprio veicolo – sull’idoneità del comportamento dell’automobilista ad integrare la causa esclusiva del sinistro, potendo essa costituire prova “indiretta”, comunque idonea a vincere quella presunzione di legge“.

E infatti la Cassazione in merito a questo caso ha pronunciato anche il principio di diritto che dovrà gufare la decisione del giudice del rinvio: ”In caso di scontro tra veicoli, l’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti e della regolare condotta di guida dell’altro, idonea a liberare quest’ultimo dalla presunzione di concorrente responsabilità fissata in via sussidiaria dall’art. 2054, comma 2 cod. civ., nonché dall’onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, può essere effettuato acquisendo tale prova liberatoria non necessariamente in modo diretto, ovvero attraverso la dimostrazione della conformità del suo contegno di guida alle regole della circolazione stradale o di comune prudenza, ma anche indirettamente, ovvero tramite il riscontro del collegamento eziologico esclusivo o assorbente dell’evento dannoso col comportamento dell’altro conducente“.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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