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Anche il rappresentate delle forze dell’ordine che rimanga ferito durante un’attività di gestione del traffico per supportare i colleghi e i soccorritori impegnati in un incidente stradale è a tutti gli effetti una vittima del dovere e come tale gli vanno riconosciuti i benefici assistenziali previsti dalla apposita legga.

Con l’ordinanza 4480/22 depositata l’11 febbraio 2022 la Corte di Cassazione ha reso finalmente giustizia a un poliziotto rimasto gravemente macroleso in seguito ad un incidente mentre stata effettuando il suo lavoro.

Respinta la richiesta di un agente rimesto invalido di ottenere lo status di vittima del dovere

La Corte d’Appello di Genova, con sentenza del 2020, confermando peraltro la pronuncia di promo grado del Tribunale di Imperia, aveva respinto la domanda di un agente di polizia di ottenere il riconoscimento dello status di vittima del dovere, e del conseguente diritto all’inserimento nell’elenco ex art. 3, co. 3 del d.P.R. n.243/2006, ai fini dell’attribuzione dei benefici assistenziali di cui all’art. 1, commi 563 e 564 della I. n.266/2005.

All’origine della controversa l’incidente stradale occorso all’operatore delle forze dell’ordine il quale, chiamato in supporto da una pattuglia della polizia stradale ed intervenuto sul luogo di un grave sinistro con il compito di gestire il traffico e rendere possibile la circolazione, complicata da una fitta nebbia, era stato investito egli stesso da un’auto che procedeva a forte velocità, e di cui il conducente aveva preso il controllo: a causa delle gravissime lesioni riportate, era rimasto invalido

Per i giudici la gestione del traffico durante un incidente non rientrava nelle attività previste

La Corte d’Appello, condividendo l’assunto del primo giudice, aveva ritenuto che l’invalidità non potesse ritenersi verificata per nessuno dei casi di cui all’art. 1, comma 563 della legge n. 226/2005, ma il poliziotto non si è arreso e ha proposto ricorso anche per cassazione: ricorso a cui il Ministero dell’Interno ha resistito con un contro ricorso.

Nel suo unico ma fondamentale motivo di doglianza, il ricorrente ha lamentato violazione ed errata interpretazione dell’art. 1, comma 563, della legge n.266/05: la Corte d’Appello non avrebbe cioè considerato che la condizione di “vittima del dovere” (a cui conseguono i benefici riconosciuti in sede di merito) sussiste anche nel caso di infortunio occorso nello svolgimento di una attività, come quella che egli stava espletando, finalizzata a agevolare le operazioni di soccorso e a tutelare la pubblica incolumità.

 

Cosa prevede la legge sulle vittime del dovere

Motivo che per la Cassazione è assolutamente fondato. La legge 23 dicembre 2005, n. 266, all’art. 1, comma 563, premettono gli Ermellini, stabilisce che “per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, art. 3 e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi” per una serie di attività: nel dettaglio, nel contrasto ad ogni tipo di criminalità; nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari; in operazioni di soccorso; in attività di tutela della pubblica incolumità;  a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità.

Inoltre, fa notare la Cassazione, al successivo comma 564 dell’articolo 1 si precisa che “sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563 coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative”.

In seguito, prosegue nella sua spiegazione la Cassazione, in attuazione di quanto stabilito dall’art. 1, comma 565 della legge n. 266 del 2005, è stato emesso, con d.P.R. 7 luglio 2006, n. 243, il regolamento concernente i termini e le modalità di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere e ai soggetti equiparati, ai fini della progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, che all’art. 1, comma 1, definisce, agli effetti del regolamento: per benefici e provvidenze, le misure di sostegno e tutela previste dalle leggi 13 agosto 1980, n. 466, 20 ottobre 1990, n. 302, 23 novembre 1998, n. 407, e loro successive modificazioni, e dalla legge 3 agosto 2004, n. 206; per missioni di qualunque natura, le missioni, quali che ne siano gli scopi, autorizzate dall’autorità gerarchicamente o funzionalmente sovraordinata al dipendente; per particolari condizioni ambientali od operative, le condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto.

Da questo normativo, continua la Suprema Corte, si ricava “che il legislatore ha ritenuto di intervenire, a protezione delle vittime del dovere, con due diverse disposizioni, i commi 563 e 564 dell’art. 1 della la legge n. 266, individuando, nel comma 563, talune attività che, ritenute dalla legge pericolose, nel caso in cui abbiano comportato l’insorgenza di infermità, possono automaticamente portare ad attribuire alle vittime i benefici quali vittime del dovere; elencando, nel comma 564, i «soggetti equiparati», ossia coloro che non abbiano riportato le lesioni o la morte in una delle attività – enumerate nelle lettere dalla a) alla f) sopra richiamate – che il legislatore ha ritenuto) per loro natura pericolose, ma in altre attività che pericolose lo fossero o lo fossero diventate per circostanze eccezionali”.

 

Tutela dell’ordine pubblico e della pubblica rientrano appieno nella previsione normativa

Fatte tutte queste doverose premesse, i giudici del Palazzaccio procedono alla verifica della riconducibilità della fattispecie all’ipotesi contraddistinta dal comma 563, come ritenuto dalla Corte territoriale. “E invero – asserisce la Cassazione -, le definizioni di ordine pubblico e tutela della pubblica incolumità agli effetti delle provvidenze previste per le vittime del dovere, risultano acquisite e consolidate nella giurisprudenza di questa Corte che ha già rimarcato che il richiamato comma 563, a differenza del comma successivo, non prevede la presenza d’un rischio specifico diverso da quello insito nelle ordinarie funzioni istituzionali, bastando anche soltanto che l’evento dannoso si sia verificato nel contrasto di ogni tipo di criminalità o nello svolgimento di servizi di ordine pubblico o tutela della pubblica incolumità”.

Nella sentenza impugnata, nel caso in questione era stato correttamente rilevato che il comma 563, a differenza del comma successivo, non prevede la presenza d’un rischio specifico diverso da quello insito nelle ordinarie funzioni istituzionali, essendo sufficiente anche soltanto che l’evento dannoso si sia verificato nel contrasto di ogni tipo di criminalità o nello svolgimento di servizi di ordine pubblico e, tuttavia, “essa aveva escluso che l’ipotesi di specie fosse riconducibile al contrasto alla criminalità, alla prestazione di soccorso ovvero allo svolgimento di una funzione di ordine pubblico. Nelle previsioni di cui all’art. 563, invece – conclude la Cassazione – rientra il rientra il caso di specie, in cui il ricorrente ha riportato l’invalidità a seguito d’un sinistro stradale occorsogli mentre, nel coadiuvare le attività di soccorso mediante gestione della circolazione, resa peraltro difficoltosa dalla nebbia, era stato investito gravemente”. Dunque, l’attività prestata, “in quanto volta alla tutela della pubblica incolumità, estrinsecandosi in prestazioni di ausilio alle operazioni di soccorso deve reputassi contemplata dalla norma ed induca, quindi, a riconoscere al (omissis) lo status di vittima del dovere”. La sentenza è stata quindi cassata con rinvio alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, per la definizione della causa sulla base di tali principi.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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