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Rilevante sentenza del Tribunale di Venezia che ha dato ragione ai congiunti della 49enne di Spinea annegata dopo essere caduta in acqua dal natante del compagno a Sottomarina

Il passeggero di un’imbarcazione ha gli stessi diritti di un trasportato in un veicolo a motore e un incidente in mare provocato dalle negligenze del conducente del natante non è diverso da un sinistro su strada causato da chi guida un’auto. C’è voluta una lunga e dura battaglia ma alla fine il Tribunale di Venezia, seconda sezione Civile, ha dato ragione piena ai familiari di Donatella Friani, assistiti da Studio3A e dell’avv. Andrea Piccoli, condannando Generali a un maxi risarcimento in loro favore per la perdita della loro congiunta.

La tragedia costata la vita alla donna, 49 anni, di Spinea (Ve), è accaduta nella tarda serata del 24 ottobre 2014 a Sottomarina. La signora Friani era bordo di un’unità da diporto di proprietà e condotta dal compagno, G. R., oggi 73 anni di Cadoneghe (Pd), che si trovava a un miglio e mezzo dalla costa: era buio e le condizioni meteo erano avverse, mare mosso e onde alte due metri. La 49enne è salita sul ponte per recuperare il suo cane temendo che cadesse in acqua ma, a causa delle manovre imprudenti del compagno, si è sbilanciata ed è finita in mare con il suo animale. Il conducente ha sentito le sue grida di aiuto, ma non è più riuscito a scorgerla e recuperarla: è annegata tragicamente, con il suo cane. La Procura di Venezia ha aperto un procedimento penale a carico del compagno ritenuto colpevole di svariate inosservanze delle regole di sicurezza della navigazione, tanto da patteggiare la pena di sei mesi di reclusione, ma nonostante questo punto fermo l’iter risarcitorio è risultato irto di difficoltà, anche perché, non bastasse il resto, il natante era privo di copertura assicurativa, il proprietario aveva scordato di rinnovare la polizza. I familiari della vittima, per essere assistiti, attraverso la responsabile dei consulenti legali, Daniela Vivian, si sono rivolti a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, che si è dovuta rapportare con Generali quale compagnia mandataria per il Fondo di Garanzia per le vittime della Strada, che interviene (o meglio dovrebbe farlo) nei casi di sinistro con veicoli o barche non identificate o non assicurate. Generali, però, ha rigettato ogni richiesta, mettendo persino in dubbio che si fosse trattato di un incidente nautico e sostenendo che non vi fossero prove della responsabilità di G. R.

Convinto delle ragioni dei suoi assistiti, Studio3A ha ritenuto di dover andare fino in fondo ed è stata citata in causa la compagnia avanti il tribunale civile di Venezia, causa seguita per la famiglia Friani dall’avv. del foro di Treviso Andrea Piccoli, che già l’aveva patrocinata nel processo penale. E finalmente, con sentenza depositata il 6 ottobre 2022, il giudice, dott. Alessandro Cabianca, ha accolto in toto le argomentazioni dei familiari di Donatella Friani e del loro legale: sentenza peraltro definitiva, non essendo stata appellata da Generali o dal Fondo. Sulla base dell’istruttoria, della documentazione in atti, di svariati elementi analizzati e delle testimonianze raccolte, tra cui quella, preziosa e richiesta espressamente dall’avv. Piccoli, del tenente di vascello Giovanni Novaro, oggi in forza ad Olbia ma all’epoca del fatto in servizio alla Capitaneria di Porto di Chioggia che aveva seguito le indagini, il dott. Cabianca ha innanzitutto stabilito che “il sinistro è avvenuto durante la circolazione del natante, per cui l’evento risulta causalmente riferibile alla sua circolazione”, ricordando anche che, ai sensi del Codice della Nautica da Diporto, “la responsabilità civile verso i terzi derivante dalla circolazione delle unità da diporto è regolata dall’art. 2054 del codice civile”, a cui va data una uniforme applicazione “nel settore della navigazione da diporto come nella materia della circolazione stradale”, essendo “la tutela del danneggiato elemento unificante delle relative discipline” ed essendo “eguali sia l’esigenza di garantirgli il risarcimento, sia il bene giuridico tutelato, di rilevanza costituzionale, da salvaguardare, cioè la salute e l’integrità fisica”. Dunque, i principi espressi dall’art. 2054 sono applicabili “a tutti i soggetti che dalla circolazione ricevano danni e quindi anche ai trasportati, quale che sia il titolo del trasporto: non v’è quindi ragione per assegnare nel diporto nautico all’art. 2054 comma 1 del cc un ambito applicativo diverso da quello che gli è stato riconosciuto nella circolazione stradale”.

Premesso ciò, il giudice è passato a vagliare le responsabilità del conducente, arrivando a concludere come “non sia stata raggiunta la prova, richiesta per andare indenne da responsabilità, che questi abbia fatto tutto il possibile per evitare il danno, e che anzi sono emersi elementi contrari a questo assunto da cui emerge una condotta tutt’altro che esente da colpa e gravemente imprudente”. G. R., pur avendo ravvisato una situazione di pericolo per la compagna avendola vista sul ponte intenta a recuperare il cane, e avendo inizialmente rallentato l’andatura per agevolare il recupero, ha subito aumentato i giri del motore senza attendere che la donna rientrasse in coperta e si mettesse al sicuro, compiendo a ritroso il percorso già effettuato per salire ma con un coefficiente di rischio più elevato, avendo l’animale in braccio e non potendo utilizzare le braccia per appoggiarsi o bilanciarsi, con le conseguenze purtroppo note. “Una condotta particolarmente incurante dell’incolumità della passeggera – si legge nella sentenza -, perché in quel momento il mare era mosso e spirava il vento di bora. In una situazione in cui la Friani stava camminando in uno stretto bordo della barca, con in braccio il cane, con il natante mosso da significative onde e nell’oscurità, costituisce condotta colposa del comandante aver intrapreso la navigazione incurante della sorte del passeggero”.

Accertata “l’esclusiva responsabilità di G. R. per la morte della signora Friani”, il giudice ha infine stabilito il risarcimento per la perdita del rapporto parentale riconoscendo e condannando Generali a liquidare una somma rilevante ai due figli, all’epoca di soli 21 e 17 anni, nonché ai genitori e alla sorella, anche in virtù degli stretti rapporti affettivi ben dimostrati in tutta la loro profondità e intensità da Studio3A, oltre a tutte le spese di lite. Unico rammarico, l’atteggiamento di incomprensibile chiusura della compagnia che ha costretto i congiunti, dopo il dolore per la morte della loro cara, a dover sopportare anche una lunga causa per far valere i propri diritti.

Caso seguito da:

Dott. Riccardo Vizzi

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