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Che un palazzo sia vecchio di secoli e sterminato in ampiezza non ne autorizza i responsabili a mettere a repentaglio la sicurezza dell’altrettanto vasto pubblico che lo visita omettendo di manutentarlo a dovere e né li giustifica in caso di rovinose cadute. Con un’ordinanza che fa notizia per la sua protagonista, la celebre Galleria degli Uffizi di Firenze, ma che dà continuità alla giurisprudenza di legittimità su questo versante a tutela dei danneggiati, più precisamente la n. 37060/22 depositata il 19 dicembre 2022, la Cassazione ha condannato il Ministero dei Beni Culturali a risarcire un visitatore con la somma di 24mila euro.

Un visitatore cade sulla scalinata “sbeccata” degli Uffizi e fa causa al Ministero

Il caso risale a oltre dieci anni prima, al marzo del 2012, quando per l’appunto un turista che aveva visitato la famosa galleria fiorentina, scendendo dalla scalinata del loggiato degli Uffizi, era malamente caduto a causa di un gradino “sbeccato” riportando serie lesioni. Il malcapitato, vistosi rigettare ogni richiesta di risarcimento, aveva pertanto citato in causa il Ministero e le Gallerie degli Uffizi. Il Tribunale di Firenze aveva accolto parzialmente la domanda, affermando la responsabilità degli Enti citati in causa ma riconoscendo un concorso colposo nell’evento nella misura del 50 per cento da parte del visitatore, a cui aveva riconosciuto un risarcimento di 10.421 euro, oltre accessori. Entrambe le parti avevano appellato la decisione e la Corte d’appello fiorentina, riformando parzialmente la sentenza di prime cure, con verdetto del 2019, aveva invece ritenuto che Ministero e Gallerie fossero responsabili esclusivi dell’accaduto, stabilendo quindi un risarcimento “pieno” per la vittima, per una somma di 23.890 euro per a titolo di danno non patrimoniale più 509,50 euro per rimborso di spese mediche, oltre ad accessori e spese di lite.

La Corte d’appello di Firenze accoglie l’istanza disponendo il risarcimento per il danneggiato

Secondo la Corte territoriale era risultato provato che la caduta era stata causata dalla presenza di un gradino lesionato, senza che fosse apposta alcuna segnalazione o altra misura precauzionale da parte del soggetto custode, al quale, per citare la sentenza, “il limitato perimetro della scalinata ben consentiva un agevole controllo”. Inoltre, per i giudici di secondo grado non era ravvisabile il cosiddetto “fortuito incidentale”, costituito da una condotta colposa del danneggiato che si ponga in esclusivo rapporto causale con l’evento dannoso. Pertanto, doveva ritenersi accertata la responsabilità esclusiva delle Amministrazioni ai sensi dell’art. 2051 c.c. e non poteva neanche essere applicato, in mancanza di elementi idonei ai fini di un qualsiasi concorso colposo del danneggiato nella produzione dell’evento, l’art. 1227 c.c. al fine di una riduzione del risarcimento dovuto.

Il Dicastero ricorre per Cassazione evidenziando la naturale vetustà dell’edificio

Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo, tuttavia, ha proposto ricorso anche per Cassazione lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. e asserendo, in buona sostanza, che i giudici non avrebbero tenuto conto della particolarità del caso specifico. Secondo la tesi difensiva, la “rottura minima” del gradino era dovuta alla normale degradazione causata dal passare del tempo e “imperfezioni” come quella di specie potevano essere pacificamente qualificate come prevedibili in un luogo come il Loggiato degli Uffizi, struttura risalente al XVI secolo. Inoltre, i ricorrenti hanno battuto sull’ampiezza dell’edificio sostenendo che sarebbe stato impossibile operarvi un controllo e un intervento continuo ed immediato, anche alla luce della costante fruizione dei luoghi da parte di migliaia di persone ogni giorno dell’anno.

Ma per gli Ermellini epoca e ampiezza del palazzo non giustificano la mancata manutenzione

Ma per la Suprema Corte il motivo di doglianza è inammissibile, e non solo poiché “sollecita una non consentita revisione dell’apprezzamento di merito compiuto dalla Corte circa la possibilità di controllo della res da parte del custode”. “La vetustà dell’edificio e la sua fruizione da parte di un numero elevato di visitatori non costituiscono elementi neppure astrattamente idonei a impedire il controllo della cosa e ad esonerare l’Amministrazione dall’obbligo di assicurare le condizioni di sicurezza dello scalone” asserisce con forza la Cassazione, che ha rigettato anche il secondo motivo di ricorso con il quale il Ministero contestava la mancata qualificazione della condotta del visitatore in termini di caso fortuito.

Rigettata anche la tesi del concorso di colpa del turista

Secondo il ricorrente, il custode non avrebbe dovuto dimostrare alcun carattere di imprevedibilità ed inevitabilità della condotta del danneggiato, né un uso anomalo da non poter essere prevedibile o evitabile, ma unicamente l’abnormità della condotta del danneggiato anche non scaturita da uso anomalo bensì da una condotta peculiarmente negligente o imprudente, una disattenzione grave laddove invece la minima attenzione “pretendibile” avrebbe evitato la caduta.

L’amministrazione pubblica ha sostenuto che non avrebbe potuto “figurarsi” l’astratta possibilità di cagionare lesione al diritto alla salute del privato alla presenza di una “minima irregolarità”, identica alle altre innumerevoli che ci erano nel luogo e “che lo connotano”, escludendo anche che fossero necessarie segnalazioni specifiche in prossimità della rottura del gradino, vista l’evidenza delle condizioni “imprecise” della pavimentazione che già di per sé avrebbero dovuto mettere in guardia il danneggiato. Infine, ha contestato anche la circostanza emersa dagli accertamenti che un cono d’ombra avesse reso difficoltosa la visione dell’imperfezione del gradino, rilevando che la caduta era avvenuta in pieno giorno e in una giornata di sole.

La disattenzione non integra il fortuito

La ricorrente, obiettano gli Ermellini, “postula che il fortuito possa risultare integrato dalla mera disattenzione della vittima, ma in tal modo, tuttavia, si pone in palese contrasto con i pacifici orientamenti di legittimità che individuano il fortuito in un elemento che incide sul nesso di causa e che presenta caratteri di imprevedibilità e non prevenibilità tali da elidere tale nesso fra la cosa e il danno, mentre riconoscono all’eventuale condotta colposa del danneggiato una possibile rilevanza soltanto ai sensi dell’art. 1227 c.c.; per di più, avendo la Corte territoriale motivatamente escluso, oltre al fortuito, anche la sussistenza di elementi di colpa in capo al danneggiato, la complessiva censura presuppone una inammissibile rivisitazione di tale apprezzamento di merito, sollecitando a questa Corte un (nuovo e diverso) accertamento della colpa del visitatore funzionale a sostenere la ricorrenza del fortuito”. Dunque, ricorso rigettato e risarcimento confermato.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Responsabilità della Pubblica Amministrazione

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