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Com’è noto, il Codice della strada impone ai conducenti dei veicoli di “tenere la destra”, ma l’obbligo di marcia in prossimità del margine destro della strada è un concetto “necessariamente relazionale”, ovvero il contenuto esatto dell’obbligo di tenere la destra e del comportamento esigibile dal conducente del mezzo nel caso di specie deve conformarsi allo stato dei luoghi, non essendo esigibile da questi che egli marci il più possibile a destra nelle situazioni in cui il margine destro non è percorribile con sicurezza, ad esempio per la presenza di auto parcheggiate, di buche, dossi o di “brecciolino”.

A precisare il modo importante questo concetto la Cassazione, con l’ordinanza n. 23057/22 depositata il 25 luglio 2022, con la quale ha dato piena ragione ai familiari di una vittima della strada.

La causa contro la compagnia del FGSV dei familiari di un motociclista vittima di un pirata

I familiari di un motociclista deceduto in seguito a un tragico incidente occorso nel lontano 2008 nel Biellese avevano citato in causa la Società Reale Mutua di Assicurazioni, nella sua qualità di impresa designata all’epoca dal Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada per la regione Piemonte, per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza del sinistro stradale. La tragedia, infatti, a quanto asserito dai congiunti del centauro, si sarebbe verificata a causa della manovra imprevista e imprudente effettuata da un altro motociclista, la cui identità era rimasta sconosciuta (di qui la richiesta danni al Fondo Vittime). Quest’ultimo, sopraggiunto ad elevata velocità alle spalle del loro caro, avrebbe affiancato e sorpassato in curva la motocicletta condotta dalla vittima, per poi dileguarsi proseguendo la marcia. 

Il loro caro, sempre secondo i suoi familiari, tentando una manovra di emergenza, si sarebbe spostato sulla destra modificando l’assetto della curva già assunto con la moto e, anche a causa del brecciolino presente sulla sede stradale, aveva perso il controllo del mezzo andando a sbattere la testa contro il piantone del guard-rail e perdendo la vita sul colpo. Reale Mutua si era costituita contestando tutti gli assunti avversari, affermando l’infondatezza della pretesa risarcitoria e comunque evocando la corresponsabilità nel sinistro della stessa vittima, a causa della manovra di emergenza errata e di una velocità troppo elevata in considerazione dello stato dei luoghi. 

Con sentenza del febbraio 2014 il Tribunale di Biella, dopo aver istruito una completa attività istruttoria ed espletata una consulenza tecnica cinematica, aveva accolto la domanda volta al risarcimento del danno non patrimoniale ai familiari, ritenendo che la causa del sinistro fosse da ascrivere esclusivamente al comportamento imprudente del secondo motoveicolo, e condannando la compagnia assicurativa al pagamento in favore dei tre danneggiati di quasi 775mila euro, oltre a rivalutazione ed interessi (anche oltre il massimale), deducendo la somma di 240mila ero già corrisposta dalla compagnia. 

 

Risarcimento dimezzato perché la vittima non teneva rigorosamente la destra

Reale Mutua mutua tuttavia aveva appellato la sentenza chiedendone l’integrale riforma ed il rigetto di tutte le domande di risarcimento danni, patrimoniali e non patrimoniali. La Corte d’Appello di Torino aveva parzialmente accolto il gravame, e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, nel 2016, recependo le osservazioni del consulente tecnico della parte appellante, aveva ritenuto sussistesse in capo alla vittima una corresponsabilità del 50% nella causazione del sinistro, non avendo egli rispettato, in particolare, l’obbligo di mantenere rigorosamente la destra della propria corsia di percorrenza ed avendo tenuto una velocità troppo elevata rispetto allo stato dei luoghi. Per l’effetto della decisione, la Corte territoriale aveva quindi condannato i familiari del centauro alla restituzione, alla compagnia assicurativa, di una somma pari al 50% di quanto già percepito a titolo risarcitorio, nonché al correlativo pagamento o rimborso delle tasse e spese di giudizio nell’identica misura del 50%.

I congiunti della vittima a questo punto hanno proposto ricorso per Cassazione con quattro motivi incentrati sulla ricostruzione della dinamica dell’incidente operata dalla corte d’appello, che l’aveva portata a concludere per la corresponsabilità della vittima nella misura del 50%, nel causare l’incidente costatole la vita. In particolare, le ricorrenti lamentavano il fatto che i giudici d’appello avessero imputato al loro caro di aver violato le disposizioni di cui all’art. 143 C.d.S. che, com’è noto, prevede l’obbligo di circolazione “in prossimità” del margine destro della carreggiata e, lungo le curve, impone di procedere “il più vicino possibile” a tale margine. 

Secondo i suoi congiunti, la Corte territoriale aveva applicato il citato articolo “in modo assolutamente svincolato dalla specifica realtà fattuale di riferimento (..) senza operare alcun tipo di doverosa e logica contestualizzazione del precetto normativo, di per sé elastico, in relazione alle (concrete) condizioni/circostanze di tempo e di luogo caratterizzanti il caso concreto” per citare il ricorso.

 

L’obbligo di tenere la destra deve confrontarsi con la situazione di fatto e lo stato dei luoghi

Ebbene, secondo la Suprema Corte questa e le altre doglianze sono fondate e come tali sono state accolte. A cominciare, proprio, da quello sotto il profilo della falsa applicazione della norma, “competendo alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma di riferimento richiamata (nel caso di specie, l’art. 143 codice della strada), oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta” spiegano gli Ermellini.

I quali rammentano come, assumendo la violazione dell’art. 143 del codice della strada da parte della vittima, nonché una presumibile velocità del mezzo leggermente superiore a quanto stimato dal Ctu, tale da essere inadeguata allo stato dei luoghi, “la Corte d’appello avesse ritenuto la vittima corresponsabile al 50% dell’incidente stradale in cui aveva perso la vita allorché una moto rimasta sconosciuta lo aveva superato in curva mentre, alla guida della propria motocicletta, aveva a sua volta già impegnato la curva, facendogli perdere il controllo del mezzo e facendolo andare ad urtare contro il guardrail con impatto mortale”. 

I giudici del Palazzaccio ricordano poi che la norma di riferimento citata, ovvero l’art. 143 codice della strada, indica quale deve essere la “posizione dei veicoli sulla carreggiata” e al comma 1 prescrive che “i veicoli devono circolare sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della medesima, anche quando la strada è libera.” 

La corte d’appello, che già detto, aveva ritenuto, sulla base delle prove testimoniali raccolte, della Ctu sulla dinamica dell’incidente e delle osservazioni, che aveva ritenuto convincenti, svolte dal Ct di parte della compagnia di assicurazioni, che la vittima fosse a sua volta in difetto, perché, pur tenendo la destra, non viaggiava in prossimità del margine destro della carreggiata, tant’è che, quando la moto rimasta sconosciuta era sopraggiunta alle sue spalle in curva, egli aveva tentato di farle spazio con una manovra di emergenza, pur essendo già in assetto da curva, raddrizzando la sua moto per spostarla ancora più a destra e far passare l’altra, perdendo l’equilibrio e il controllo del mezzo nel corso della manovra. Una perdita di controllo dovuta anche al fatto, incontestabilmente accertato in causa, che sulla sede stradale si trovava, in quel punto, del brecciolino. 

In questo modo tuttavia, pur facendo formalmente applicazione della norma applicabile alla fattispecie, “la Corte d’appello ne ha fatto una applicazione in violazione di legge – spiega la Cassazione -, omettendo di considerare che l’obbligo di marcia in prossimità del margine destro della strada è un concetto necessariamente relazionale, ovvero il contenuto esatto dell’obbligo di tenere la destra e del comportamento esigibile dal conducente del veicolo nel caso di specie deve conformarsi, previo accertamento in fatto, allo stato dei luoghi, non essendo esigibile dal conducente che marci il più possibile a destra nelle situazioni in cui il margine destro non è percorribile con sicurezza (es. per la presenza di veicoli illegittimamente parcheggiati sulla sede stradale; per la presenza in quel punto dì buche o dossi atti a minare la stabilità del veicolo, per la presenza di rami sporgenti o di materiale inerte quale il brecciolino sulla sede stradale, pericoloso in particolare per la stabilità di un veicolo a due ruote)”. 

In questo caso, sulla base dell’accertamento in fatto compiuto dal giudice di merito e dallo stesso richiamato nel corpo della decisione, risultava che sul margine destro della strada, proprio dove il motociclista aveva tentato di spostarsi per far luogo alla moto che lo sorpassava in curva all’improvviso, si trovava per l’appunto, come già detto, del brecciolino. E in tale situazione di fatto, “la corte d’appello non ha correttamente applicato l’art. 143 c.d.s. laddove ha posto a carico del conducente del veicolo che precede l’obbligo incondizionato di posizionarsi il più vicino possibile al margine destro della carreggiata, in quanto questo obbligo, che corrisponde ad una regola di sicurezza per tutti gli utenti della strada, deve pur sempre relazionarsi alla situazione concreta dei luoghi”. 

 

Il principio di diritto

La Suprema corte asserisce quindi che “deve escludersi che l’obbligo dell’automobilista o del motociclista di tenere la destra comporti la necessità di marciare in prossimità al margine destro anche laddove risulti accertata la presenza, sulla sede stradale in corrispondenza del margine destro, di un elemento estraneo atto a minare la sicurezza e la stabilità del veicolo: accertamento che deve essere compiuto avendo riguardo all’idoneità di quanto si trova sulla sede stradale a costituire un pericolo in particolare per il tipo di mezzo coinvolto nell’incidente. Nel caso di specie, un motoveicolo, per la cui sicurezza il pietrisco, o brecciolino sulla sede stradale, costituisce fonte di pericolo ben superiore che per un veicolo a quattro ruote”. 

Il ricorso è stato pertanto accolto, la sentenza impugnata cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione, che dovrà procedere a un riesame della causa sulla base del principio di diritto affermato nell’occasione della Suprema Corte: “Ai fini del rispetto della prescrizione di cui all’art. 143, primo comma, cod. strada secondo il quale i veicoli devono circolare sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della medesima, anche quando la strada è libera, non è sufficiente che il veicolo viaggi nella propria mezzeria, e, quindi circoli sulla parte destra della carreggiata, ma è necessario altresì che esso circoli in prossimità del margine destro della carreggiata stessa.

Tuttavia, non costituisce violazione delle prescrizioni di cui all’art. 143, primo comma, del Codice della strada, ascrivibile al conducente del mezzo, il fatto che un veicolo, pur circolando sulla parte destra della carreggiata, non marci in prossimità del margine destro della medesima, laddove risulti accertato in causa che il tratto di strada aderente al margine destro della carreggiata sia ingombro o cosparso di materiali atti a minare la sicurezza di marcia del veicolo“. 

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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