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Chi svolta a sinistra deve controllare non solo i mezzi che sopraggiungono dalla corsia opposta, ma anche quelli che arrivano da dietro, perché in caso di scontro si rischia di doverne rispondere, anche se il conducente del veicolo che proviene dalle proprie spalle sta sorpassando dove non dovrebbe e procedendo ad una velocità eccessiva. E non è sufficiente nemmeno azionare la freccia: bisogna sempre guardare gli specchietti retrovisori.

Con la sentenza n. 20948/23 depositata il 17 maggio 2023 la Cassazione è tornata ad occuparsi del cosiddetto incidente da “svolta su sorpasso”, ribadendo tutti gli obblighi e le responsabilità in capo all’utente della strada che effettua per l’appunto questo tipo di manovra.

 

Automobilista condannata per omicidio stradale

Con sentenza del maggio 2022 la Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia di primo grado del Gip del Tribunale di Monza, aveva ridotto la pena inflitta ad un’automobilista ritenuta responsabile del reato di omicidio stradale, riducendola a cinque mesi e dieci giorni di reclusione, e aveva altresì sostituito la sanzione amministrativa della revoca della patente di guida con la sospensione per la durata di un anno. La donna, come detto, era stata riconosciuta colpevole del delitto di cui all’art. 589 bis del codice penale per avere concausato, nel 2017, un incidente mortale mentre era alla guida della sua auto, “per colpa consistita in imprudenza, negligenza e imperizia, nonché per inosservanza delle norme che regolano la circolazione stradale, ed in particolare dell’art. 154, comma 1, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285” per citare l’imputazione.

Più precisamente, nel percorrere una via del centro abitato del comune di Lissone, giunta all’intersezione con un’altra strada, aveva effettuato una svolta a sinistra senza accertarsi della possibilità di compiere tale manovra in totale sicurezza, andando a collidere con un motociclo condotto da un quarantatreenne che proveniva da tergo in fase di sorpasso e che, a causa delle lesioni riportate, era deceduto.

L’automobilista tuttavia, ritenendo di non avere responsabilità alcuna nel sinistro, ha proposto ricorso anche per Cassazione contestando il fatto che la Corte territoriale avesse ritenuto che la sua svolta a sinistra fosse stata effettuata in maniera improvvisa e repentina, nonostante fosse emerso dalla visione del filmato di un impianto di video sorveglianza come, al contrario, ella avesse attivato l’indicatore di direzione prima di girare, impostando quindi la sua manovra ben prima del sopraggiungere della moto della vittima. E ha inoltre sostenuto che, sempre dalla visione del filmato, all’atto della svolta a sinistra il motociclo del quarantatreenne sarebbe risultato fermo al semaforo a distanza di un centinaio di metri e non trenta, come ritenuto invece dai giudici: distanza che le avrebbe impedito di potersi accertare dell’arrivo del motociclista al momento di svoltare.

La donna ha battuto anche sull’elevata velocità tenuta dal motociclista, stimata tra i 70-80 km/h, sulla linea continua che impediva ai veicoli di sorpassare e sulla presenza di un incrocio e un attraversamento pedonale. E ha infine sottolineato come gli agenti di polizia intervenuti non le avessero contestato alcuna violazione del codice della strada, imputando la responsabilità del sinistro integralmente alla condotta del motociclista, che non aveva adeguato la sua velocità allo specifico stato dei luoghi, tentando un sorpasso azzardato con modalità palesemente inopportune e incongrue.

Ma la Suprema Corte ha respinto tutte le doglianze, rammentando per l’ennesima volta come sia inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, “senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione”. Al di là dei soliti vizi, gli Ermellini entrano comunque anche nel merito dei fatti avallando il giudizio operato dalla Corte d’Appello e ritenendo che essa abbia fornito “una chiara rappresentazione degli elementi di fatto considerati nella propria decisione, oltre che della modalità maggiormente plausibile con cui il sinistro è da ritenersi sia accaduto”.

 

La stessa conducente dell’auto aveva ammesso di non aver guardato gli specchietti

Gli Ermellini convengono naturalmente sul fatto che l’incidente e l’evento mortale non sono stati “eziologicamente determinati” dalla “sola azione perpetrata dall’imputata”, ma evidenziano come sia stato comprovato, “con argomentazioni del tutto logiche e congrue”, come vi fosse stata violazione da parte sua della previsione dell’art. 154 cod. strada, “per avere iniziato a svoltare a sinistra senza essersi previamente accertata dell’assenza di veicoli provenienti da tergo”. Una circostanza che, sottolineano gli Ermellini, aveva ammesso la stessa automobilista, la quale aveva affermato di aver controllato che non provenissero veicoli dalla corsia opposta, “senza però fare alcun riferimento all’utilizzo di specchietti retrovisori ed allo svolgimento della medesima verifica in riferimento alla propria direzione di marcia”.

La moto, pur in sorpasso, poteva essere avvistata

Pertanto non è apparso sufficiente, ad escludere la responsabilità dell’imputata, la circostanza che avesse azionato l’indicatore di direzione prima di effettuare la svolta a sinistra, “avendo la Corte di merito precisato che, comunque, avrebbe dovuto verificare l’insussistenza di veicoli provenienti da tutti gli altri sensi di marcia – prosegue la Suprema Corte -. Allo stesso modo, quale che sia stata la distanza tra la vettura e la moto della vittima, quest’ultima, per i giudici di appello, poteva comunque essere avvistata, considerato che entrambi i mezzi procedevano in un lungo rettilineo connotato da un’ampia visibilità”.

L’eccessiva velocità del motociclista all’incrocio non era un evento imprevedibile

In altre parole, anche prescindendo dalla velocità tenuta dalla vittima, “l’imputata avrebbe dovuto arrestarsi in prossimità della linea di mezzeria, attendere il passaggio del motociclo in fase di sorpasso (sia pure imprudente), e poi effettuare in sicurezza la manovra di svolta a sinistra” continua la Cassazione, escludendo anche che nello specifico si potesse ravvisare una “presunta eccezionalità, atipicità ed imprevedibilità della condotta riferibile alla vittima, costituita dalla notevole velocità cui stava procedendo”. E questo sulla scorta del principio, di cui i Giudici del Palazzaccio riaffermano con forza la valenza, per cui, in tema di circolazione stradale, “il conducente di un veicolo, nell’impegnare un crocevia, deve prefigurarsi anche l’eccessiva velocità da parte degli altri veicoli che possono sopraggiungere, onde porsi nelle condizioni di porvi rimedio, atteso che tale accadimento rientra nella normale prevedibilità”. Il ricorso è stato pertanto respinto e la condanna confermata.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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